Sembra quasi che negli imponenti ambulacri in tufo della fortezza di Sant’Elmo riecheggi il postulato lavoisieriano: “in natura nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”. È infatti proprio la metamorfosi, sotto forma di racconto fotografico, a farsi protagonista nella mostra di Monica Biancardi (Napoli, 1972), giovane artista alle prese con una tematica dalle sfaccettature molteplici e dall’intensa carica emotiva.
Ad un progetto studiato nei minimi particolari, durato quasi un anno e mezzo, fa eco un allestimento che rispecchia la ripartizione e il rigore delle scelte dell’artista. Trenta foto per tre cicli che corrispondono ai tre mondi naturali, numerate ma non nominate; al numero 8 sempre un albero, al numero 9 sempre un video, momento in cui le forme si dissolvono in vista del passaggio successivo. Ogni ciclo termina con la malattia, passaggio quasi obbligato che, ottimisticamente, racchiude in sé il seme della rinascita. Il centro di ogni percorso è sempre un inno alla vita. L’ombelico di un ventre in dolce attesa, la sezione circolare di un albero con gli anelli della sua storia biologica, un ammasso di sostanza organica, informe e vitale. Animalia, Vegetalia e Metalla appaiono mondi divisi, dai confini scanditi, ma non per questo privi di elementi di compenetrazione, evidenti nell’ambiguità formale ed estetica che caratterizza questi lavori fotografici. La comprensione si dà attraverso una lettura metonimica, che fa delle serie la parte e del progetto il tutto, senza annullare le differenze.
Il ciclo dell’eterno ritorno si presenta in duplice versione, formale e strutturale, dove il dominio è assunto dall’elemento tempo, vero fil rouge di tutto il discorso. Così la precisione della forma nasconde un’intensa passionalità, esaltata dall’espressività del bianco e nero e dalla forza delle sfumature. La composizione perfettamente studiata di alcuni scatti tradisce un’evidente formazione “classica”, accademica ma non per questo
All’eleganza della figura femminile segue la crudezza imponente della terra, l’essenzialità e la bellezza di stalattiti e stalagmiti. Fino al tubo di metallo che chiude il percorso con un’immagine poetica e portatrice di speranza nonostante la bruttezza del rifiuto inquinante, tunnel che conduce verso la luce e che proprio nella luce trova il suo epilogo. Da qui il messaggio ripreso anche dal video, dove la malattia è fenomeno sociale, oltre che naturale, presupposto evidente nell’immagine del fiore che appassisce mentre sullo sfondo si accumulano sacchetti di spazzatura, emblema cardine di una piaga tutta napoletana.
E così, sulla via che riporta verso l’uscita, un po’ distratti e pensierosi, si ripassa in una sorta d’installazione “ambientale”, con un’immensa fotografia delle onde marine stesa sul pavimento accompagnata dal suono delle maree. Punto di partenza o punto d’arrivo? Sicuramente tassello di una circolarità ciclica. Che, ancora, dopo la morte scopre la rinascita.
alessandra troncone
mostra visitata il 21 dicembre 2006
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