L’interno di un appartamento romano. Un uomo e una donna a misurarlo con un lungo discorso fatto di espressioni mutevoli, movenze a scatti, pensierosi immobilismi. Le parole, poche e accessorie, fungono da mero epilogo. Queste le “battute” iniziali de
L’eclisse, il film del maestro dei non-detti
Michelangelo Antonioni, adottato da
Angela Detanico e
Rafael Lain (Caxias do Sul, 1974 e 1973; vivono a Parigi e San Paolo) come spunto per la loro prima personale italiana, votata all’analisi dei linguaggi possibili.
Della pellicola, passata alla storia per i suoi esercizi di incomunicabilità come metafore di distanze esistenziali, il duo recupera l’aspetto più tecnico e sperimentale, realizzando un’opera -una seconda
Eclissi– che codifica l’intera traccia audio del film in un elegante insieme segnico fatto di parentesi e tratteggi, improvvisando in tal modo una sorta di timbrica del silenzio. Il privilegio della parola viene dunque sostituito da nuove modalità di comunicazione, le stesse che permisero ad Antonioni di lavorare per tanti capolavori ancora, nonostante il forzoso mutismo provocato da un ictus nel 1994.
Il sovvertimento linguistico in espedienti rappresentativi prosegue con
Braille Ligado. Si tratta di una installazione di neon che formano coni luminosi, unendo i punti del linguaggio gestuale. Realizzando così, ancora una volta, una lingua visiva che sembrerebbe echeggiare le ricerche effettuate da
Brancusi per le sue
Sculture per ciechi. Tuttavia, se il non-visibile brancusiano viene adottato come metafora della non rappresentazione, utile a esprimere il puro concetto formale e a dare spazio all’immaginazione, la coppia brasiliana, invece, trasforma qualcosa di percepibile solo al tatto -e che rinvia nella mente a un concetto alfabetico- fino a farne linguaggio di rappresentazione, una sorta di tecnica artistica, nuovissima e del tutto originale, con cui scrivere ancora la parola “eclisse”.
Non è più incomunicabilità esistenziale all’Antonioni, dunque; al contrario, una nuova frontiera della comunicazione che, con bonaria presunzione, fa dell’arte un linguaggio non soltanto universale, ma addirittura cosmico. Ne è un esempio di estrema raffinatezza
Helvetica Concentrated, opera complessa -il lavoro costituisce ancora un work in progress e ha all’interno della galleria solo una piccola rappresentanza- che fa della parola l’espediente per la rappresentazione delle stelle. A ciascun segno alfabetico, trascritto adottando proprio il carattere Helvetica, è associata una determinata quantità d’inchiostro, in modo tale che le lettere che compongono il nome di ciascun astro, tradotte in valore cromatico, finiscano per tracciare un’immagine degli stessi, nuova, astratta e concettuale, avvicinando l’arte alla vita.
Anno Zero, video minimalista in cui lettere dell’alfabeto scorrono con cadenza regolare fino a quando, per un casuale gioco di coincidenze, il loro incontro produce la frase “Avanti Cristo – Dopo Cristo”, chiude questo lungo meeting della comunicazione, realizzando una diversa quanto lungimirante analisi dell’evoluzione umana alla luce del gesto e della parola.
Verba volant, ars manent.