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Fino all’8.XI.2014 | Matteo Fraterno, Femminile de Villehardouin | Chiostro San Domenico Maggiore, Napoli

di - 3 Novembre 2014
Forse, la Royal First Class della Thai Airways potrà anche essere più comoda e igienica della cambusa di un veliero veneziano del XIII Secolo, ma la storia degli uomini, almeno dall’Iliade in poi, è sempre stata narrazione di spostamenti di popoli e incontri tra civiltà. Qualche volta non proprio amichevoli, come le crociate o i mondiali di calcio, ma pur sempre contatti tra contesti culturali e percettivi diversi.
Lo dimostrano i passi che la famiglia Villehardouin lasciò sul terreno degli eventi, da Goffredo, principe di Acaia, combattente in Palestina e tra i conquistatori di Costantinopoli, a Guglielmo II detto “il trovatore”, amante della letteratura e dei matrimoni di interesse – si sposò tre volte, la prima con la figlia di un alto dignitario di Costantinopoli, la seconda con una nobildonna veneziana e la terza con la figlia del despota d’Epiro – e vassallo di Carlo I D’Angiò, re di Napoli e Sicilia.

Dunque, tracce profonde nelle vicende umane, tra le quali prende forma la vivida immagine delle terre bagnate dal Mediterraneo, e che “Femminile de Villehardouin” – progetto di Matteo Fraterno, a cura di Teresa Carnevale, Rossana Macaluso, Raffaella Morra, Loredana Troise e prodotto dal Forum Universale delle Culture di Napoli e Campania – vuole ripercorrere, con il linguaggio dell’arte contemporanea.
Così, nel chiostro comunemente chiamato “delle quattro statue”, nel Complesso Monumentale di San Domenico Maggiore, una volta sede delle lezioni di Tommaso D’Acquino, sono state innalzate tre tende, riferimento anche troppo esplicito alla sensazione del viaggio, ognuna con approdi tematici diversi.
Nella tenda blu, dedicata alle figure femminili, a Isabelle e Marguerite, figlie di Guillaume II de Villehardouin, e a Mahaut Hainaut, figlia di Isabelle, si svolge il racconto della storia della famiglia, dal 1218, anno della morte di Geoffroy I de Villehardouin, al 1331, data della morte di Mahaut. Le vicende sono descritte su un pannello anonimamente informativo, alla cui sterilità, però, ribatte la forte presenza di un frammento di roccia, che rievoca luoghi e tempi distanti e compare anche nel video proiettato nella tenda verde, diretto da Matteo Fraterno, filmato da Mary Zigouri e performato da Domenico Mennillo. Si svolge, così, una narrazione visiva ambigua, tra dimensione onirica e studio archeologico, del suggestivo percorso che unisce le quattro fortezze peloponnesiache di Chloumoutsi, Kalamata, Mistra e Kelefa, possedimenti dei Villehardouin. La tenda gialla, affidata all’associazione Aporema, è concepita come un laboratorio fruitivo. I visitatori possono intervenire, con ritagli di argilla, su una mappa del Peloponneso, resa con una possente ed elegante struttura in ferro su un tavolo rotondo, manipolandone i confini tra le dita, tra picchi e avvallamenti improvvisi.
Stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus, la Roma che era esiste nel nome, non possediamo che nudi nomi. Così si esprimeva Bernardo di Cluny, nel XII Secolo. Il monaco benedettino, non propriamente un ottimista, voleva rimarcare che la realtà delle cose è nascosta dietro la costruzione delle parole. La storia, quindi, come narrazione degli eventi umani, è poco più di una voce destinata a confondersi in ciò che non si può afferrare. Come le impronte dei passi dei visitatori che, impresse sui suoli dei tre padiglioni, in sabbia lavica, polvere di tufo e di pietra dolomitica, disegnano tracce flebili, memoria confusa del passaggio degli uomini sulla materia.

Mario Francesco Simeone
mostra visitata il 2 ottobre 2014
Dal 2 ottobre 2014 al 8 novembre 2014
Matteo Fraterno, Femminile de Villehardouin
Chiostro San Domenico Maggiore
Vicolo San Domenico Maggiore, 18 Napoli
Orari: Tutti i giorni ore 10:00 – 22:00. Ingresso gratuito.
Tel: +39 (0) 81 7958607

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