Categorie: napoli

opere permanenti | Bianco-Valente | Buccino (sa), Museo Archeologico

di - 19 Gennaio 2011
L’uomo e la sua storia. Il
racconto. Il mito e il rito. E poi, ancora, i nodi pungenti della relazione
estetica. Attorno a questi fili sottili, Bianco-Valente
(Giovanna Bianco, Latronico, Potenza, 1962; Pino Valente, Napoli, 1967. Vivono
a Napoli) hanno costruito, di recente, un discorso socio-antropologico che
punta a descrivere i brani di una vicenda collettiva – il terremoto del 23
novembre 1980 – per dar vita a una tela della memoria che trasforma la voce in
linguaggio scritto e, gradualmente, in segno, in disegno, in corpo grafico, in
tessitura verbale che avvolge e stravolge lo spazio per farsi specchio del
tempo, simbolo di una ferita, immagine indelebile.

Muovendo da una raccolta di
narrazioni prodotte da una giovane generazione (che ha vissuto il sisma del
1980 attraverso un ricordo trasversale, un resoconto familiare o la traccia
mnemonica di un turbamento infantile) e da una serie di testimoni di età più
avanzata, Bianco-Valente hanno tramato – dall’8 novembre 2010 al 6 gennaio 2011
– un racconto visivo che invita lo spettatore a immergersi in un tragitto
storico che ritorna, appunto, come tessuto estetico per riflettere sull’arcaico
e l’attuale. Ma anche sull’importanza di un passato che ritorna ancora come
piaga, come questione aperta.


Composta da un video di circa 20
minuti e da un agglomerato indipendente di frasi trascritte a carboncino dagli
abitanti di Buccino nella futura Sala della memoria, Come il vento
– questo il titolo dell’installazione permanente progettata da Bianco-Valente
per il terzo piano del Museo Archeologico Nazionale Marcello Gigante di Volcei –
è, dunque, brezza di un racconto collettivo che, oltre a raccogliere le
testimonianze e le calligrafie altrui, propone l’immagine pulsante e
totalizzante di una violenta calamità naturale.

La civiltà
dell’avere
”, si legge in una delle tante frasi che popolano le pareti, “apparve come un gigante dai piedi d’argilla
che si frantumava; solo la civiltà dell’essere si intravide come l’unico valore
irrinunziabile e stabile tra la polvere delle macerie». «Un vento violento ci
travolse
”, si legge in un’altra non molto distante, “ma all’istante ci prese come in un abbraccio e miracolosamente”.

Il ricordo degli altri è, in
questo modo, ingrediente necessario a costruire un diaframma di storia che
coniuga l’estetico all’artistico (la vaporizzazione alla centralizzazione
dell’opera, a detta di Filiberto Menna interprete di Baudelaire e lettore di
Argan) per condurre un lavoro in progressione, in continua crescita e
metamorfosi.


Come il vento
è,
dunque, luogo d’emozione diffusa, paese silenzioso che trattiene il ricordo
(l’angoscia e la paura) e lo esprime mediante una partitura visuale libera.
Liberamente aperta a uno spettatore che si fa attore per comporre (ricostruire
le ferite?) un paesaggio in cui il racconto si lega al ricordo per produrre un
ordito che non sa più qual mano si fece spola a intrecciarne i fili.

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dal 6 gennaio 2011

Bianco-Valente

Museo Archeologico Nazionale Marcello Gigante di Volcei

Via Municipio, 1 – 84021 Buccino (SA)

Info: www.volcei.net

[exibart]

@https://twitter.com/antonellotolve?lang=it

Nato a Melfi nel 1977, è critico d’arte e curatore indipendente, e docente presso l’Accademia di Belle Arti di Macerata. Ha conseguito il Ph.D all’Università di Salerno ed è stato visiting professor in diverse università. Tra i suoi libri ABOrigine (2012), Esposizione dell’esposizione (2013), Ubiquità (2013) e La linea socratica dell’arte contemporanea (2016).

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