Piazza
Cavour diventa così il luogo prediletto dagli amanti dell’immagine emulsionata:
ad accompagnare il passaggio pendolare nel lungo labirinto metropolitano, le
foto di quanti furono e tuttora sono protagonisti della sperimentazione in
pellicola napoletana.
Bello.
Ma frustrante quando pochi e nascosti sono i luoghi dove guardare fotografia,
quando manca un’attenzione istituzionale a riguardo: il Museo del Novecento
nasce sprovvisto di una sezione fotografica, mentre quella ricavata a
Capodimonte nel quasi sempre inaccessibile terzo piano ammezzato è piuttosto il
racconto di una confessione d’amore tra Mimmo
Jodice, l’arte e le sue vicende in
città. Poi, l’annuncio di un Museo della Fotografia. Finalmente.
Villa
Pignatelli il luogo deputato – ritrovando un legame con l’arte in pellicola cominciato
negli anni ’70, poi bruscamente interrottosi – al primo piano che ospita(va) la
collezione del Banco San Paolo; gli scatti di Ugo Mulas (Pozzolengo, Brescia, 1928 – Milano, 1973) a inaugurare
il nuovo progetto.
Scelta
dinnanzi alla quale un certo campanilismo storce il naso, ma che risulta invece
assolutamente adeguata quando si parla di un maestro che ha fatto del suo
percorso di ricerca un’ontologia del fotografare. Ontologia che, dandosi come
postulato l’imprescindibilità della conoscenza tecnica, giunge – con la serie
delle Verifiche che chiudono la
mostra – alla celebrazione della stessa, come elemento sostanziale di un’arte
che racconta criticamente le categorie del reale. “Cerco di capire quello che sta succedendo, di capirlo
fotograficamente: cerco di fare in modo che il documento abbia già una sua
chiave di lettura, che sia a sua volta un discorso definito. Quando si guarda
una di queste fotografie bisogna anche analizzare il perché è stata fatta in
quel modo […] il mio punto di vista non è soltanto ottico, ma è anche e
soprattutto mentale”.
Nessun
furto d’immagini, dunque. Nessun obiettivo vigile e tempestivo; piuttosto un
click scandito con lentezza, da chi conosce il valore della durata e comprende
quanta pienezza c’è nell’attesa, intesa come tempo necessario per la
comprensione di un fatto, e non come evento che sta per il tutto.
Le sue
fotografie sono allora metafore visive che accolgono un’apparente anonimia
quando hanno da raccontare Duchamp e
il suo “atteggiamento mentale rispetto
alla propria opera, atteggiamento che si concretizza in anni di silenzio, in un
rifiuto del fare che è un nuovo modo di fare, di continuare un discorso”.
Che mantengono invece lo “stadio” di provino, scandendo l’antitesi fra tempo
artistico e tempo fotografico, nell’omaggio A
Jannis Kounellis.
Tempo
è anche la parola-chiave nella città che ha visto recentemente ufficializzare
le dimissioni del CdA del Madre, che penosamente guarda annaspare una realtà
distintasi da subito per la qualità della sua offerta culturale quale il Pan e
dove il servizio metropolitano ha rallentato la sua più che trentennale corsa
al completamento. Il Museo della Fotografia: speriamo che duri.
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visitata il 23 febbraio 2010
dal 28 dicembre 2010 al 28 febbraio 2011
Ugo Mulas – Verifica
dell’arte. Da Marcel Duchamp a Vitalità del Negativo
a cura di Giuliano Sergio
Casa della Fotografia – Villa Pignatelli
Riviera di Chiaia, 200 – 80121 Napoli
Orario: da mercoledì a lunedì ore 8-14
Ingresso: intero € 2; ridotto € 1
Catalogo Johan and Levi
Info: tel./fax +39 0817612356; sspsae-na.pignatelli@beniculturali.it
[exibart]
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