Quando i grandi circuiti dell’arte sonnecchiano nel tepore dell’afa estiva, all’ombra degli acclamati e chiacchieratissimi padiglioni veneziani, qualcosa sembra fremere nel golfo di Napoli. È eXpressioni, l’open space possibilista e alternativo che, ormai da sette estati, assicura a giovani e talentuosi artisti un “piedistallo” nel grande mondo dell’arte, troppo spesso nostalgico ed elitario.
Pittori e scultori, fotografi e illustratori, ma anche blogger, designer, fumettisti e architetti per una collettiva che non (si) risparmia nulla, che fa della “pluridirezionalità” la sua filosofia di ricerca e selezione. Non stupisce allora se tra le agavi e gli ulivi di Villa Arbusto si viene traghettati dai luoghi lugubri e appena accennati di The voyage (Alexander Jansson) verso la pioggia di luce (Filisottili) dell’architetto Artemisia Zero. O, ancora, se il Mendicante di Angelo Montefusco, scultore, “cade” nella spirale senza fine (Tribute to Fibonacci) del grafico Vittorio Borgia, convincendoci che “la bellezza estetica non è altro che un semplice rapporto di numeri”.
Eppure, in questa eterogeneità di stili e settori, è possibile rintracciare sottili correspondances di baudelaireiana memoria, che trovano il loro trait d’union in quel grande calderone di comportamenti e sentimenti che è l’uomo. Perversione e corruzione umane emergono nel tratteggio scarno e essenziale dei fumetti di Collettore3, in un’opera politically scorrect come No VIII del pittore Sergio Riccardi (in cui si vede un bambino mutato in tirassegno). E, ancora, nel documentario sul difficile rapporto tra mondo arabo e occidente di Lemnaouer Ahmine, sarcasticamente e speranzosamente intitolato Patria Fel
I dubbi e le perplessità esistenziali dell’individuo si raccontano, invece, nei diari virtuali di blogger come Broken Barbie (all’anagrafe Alessandra Amitrano) e vengono tramutate in rompicapo dal videomaker Donato Sansone (geniale la sequenza d’immagini dell’uomo trasformato in cubo di Rubick); una componente più intimista e poetica si riscontra in Mariposa, la seduta tendenzialmente zen ideata da Sarah Senese e nel Vento sagomato con i versi di un’omonima poesia di Pablo Neruda del grafico Ciro Esposito.
Scambio osmotico di verità artistiche, il girotondo di idee e talenti messo insieme da eXpressioni acquista da quest’anno un respiro internazionale, annoverando tra le fila dei suoi artisti anche creativi stranieri, come la fotografa bulgara Stanka Koleva (che nel trittico Love is… mostra con delicato ermetismo luci e ombre del sentimento amoroso), coniugando in chiave estetica la calorosa ospitalità del popolo isolano. Cosmopolitismo artistico, dunque, ma anche “cosmopolitismo” degli spazi. All’interno dei luoghi della mostra, infatti, si ritagliano una serie di minuscoli microcosmi che garantiscono, di volta in volta, percorsi emozionali sempre diversi. Catartico è, ad esempio, il labirinto ideato da Scientosis, ispirato a quello mitologico in cui fu rinchiuso il terrificante Minotauro, che muove lo spettatore lungo un percorso disseminato di foto e pensieri relativi ai 7 vizi capitali. Solletica la fantasia il giardino ideato da Ornella Siciliano,
Ma dietro a questa natura di vetrina variopinta e vanitosa, eXpressioni veste anche i panni di mentore, garantendo ai suoi “pupilli” incontri ravvicinati con creativi già affermati e, quest’anno per la prima volta, affiancando alle opere in mostra quella di un’importante videoartista come Petulia Mattioli il cui lavoro, La parola fine della storia è altrove, ispirato ad un pensiero del sociologo e filosofo francese Baudrillard, può ben rappresentare quanto la collettiva ha saputo, a livello artistico, scongiurare. Rivelata da una livida luce violacea, la monotonia del passo di ombre senza peso viene spezzata dall’incontro di altre sagome con cui fondersi, provvisoriamente confondersi, per poi disincastrarsi e continuare il proprio percorso verso un’ignara destinazione. È questo il risultato del transitare dell’uomo nel mondo, della sua morbosa necessità di apparire e con essa della sua conseguente massificazione. Da essa ci si può liberare, rimpossessandoci di una perduta originalità, sapendo -per dirla con Baudrillard- “sfidare ogni somiglianza, cercando altrove ciò che viene da altrove”.
carla rossetti
mostra visitata il 1 settembre 2007
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