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Tutti lo chiamano di quà e di là, l’assistente lo tampina centimetro per centimetro, fra la folla (sorprendente per numeri) di giornalisti che degustano lardo di Colonnata e focaccia, prima di partire per il tour delle diverse sedi.
Fabio Cavallucci è appena sceso dal palco della presentazione della Biennale di Carrara, e gli chiediamo…
Ci siamo, si inaugura. Soddisfatto?
Beh, un evento come una biennale è sempre molto complesso, per cui è difficile poter dire di essere soddisfatti in toto. Diciamo che si parte, tutto è pronto, abbiamo fatto tutto il meglio che potevamo…
Tu hai portato uno “scatto” a questa rassegna, anche a livello internazionale. Hai trovato delle risposte adeguate dalle istituzioni?
Sono state le istituzioni a chiamarmi a dirigere la Biennale! Posso dire di aver incontrato degli amministratori molto determinati, convinti del supporto necessario per dare alla rassegna un respiro internazionale, ed altrettanto convinti dell’importanza anche per il territorio di una Biennale cresciuta…
Hai già raccontato molti aneddoti capitati in questi mesi. Ce ne riservi uno in esclusiva?
All’inizio, scrissi a Gustav Metzger, ottantaquattrenne, per invitarlo a partecipare. Una lettera “normale”, neanche mi ricordavo come si attaccava un francobollo. Mi dissero che mi avrebbe telefonato “da una cabina pubblica”, ma per quattro mesi niente… Ad un certo punto arrivò una email, dove si diceva entusiasta di partecipare alla Biennale. Nel frattempo, aveva trovato un assistente che sapeva usare internet e l’email…
[exibart]