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architettura_dibattiti Perché Niemeyer sarà l’architetto dell’auditorium a Ravello
Architettura
Un'architettura che s'inserisce perfettamente nel clima mediterraneo. Un'opera che si espande plasticamente nella natura. Il grande architetto Oscar Niemeyer e la querelle architettonica di queste ultime settimane. Si farà il nuovo auditorium di Ravello?
La natura a Ravello ha preparato uno scenario che l’uomo può e deve comprendere e rispettare. A maggior ragione se da questo è possibile far nascere altre forme di attenzione per elementi che con la natura si compenetrano o ne sono la diretta continuazione, come la musica, l’arte, la ricerca di nuove forme d’espressione artistica, e non ultima, l’architettura.
Quando parliamo di un grande architetto come Oscar Niemeyer, dobbiamo fare riferimento alla nostra onestà intellettuale e stabilire cosa intendiamo quando usiamo il temine opera d’arte. Una volta stabilita una definizione, la useremo per capire la vita intensa e sempre d’alto livello del maestro. Una delle caratteristiche essenziali della sua vita, ci accorgeremo, riguarda proprio la ricerca dell’opera d’arte (mai architetto fu più indicato, quindi, per Ravello). Certo, quando si tratta di progetti di opere pubbliche è molto difficile creare un’opera d’arte, ma l’architetto ha guardato soprattutto alle nuove esigenze che il corpo costruito genera nella confluenza delle funzioni, delle forme e della materia del suo stesso ambito (il luogo), rispettando così la continuazione dello spazio creato con l’ambiente. L’architettura infatti deve sempre azzardare creando eventi spaziali nuovi rispetto ad una trama ‘funzionale’ data, deve cercare secondo Niemeyer: “[…] la bellezza, che è la preoccupazione di un artista e lo scopo di qualsiasi opera d’arte. […] Una volta Le Corbusier mi disse che io avevo negli occhi le montagne di Rio. E’ vero. Ma non solamente le montagne di Rio”.
La sua architettura plasticamente si evolve in forme antigravitazionali moltiplicando sbalzi e sperimentando nuove gestualità materiche che, definire moderne, determinerebbe una regressione al senso qualitativo dell’opera di un’intera vita. Il suo approccio progettuale è di fronte al foglio. Testimonia il lavoro dell’architetto, fatto di ricerca estenuante e continua capace di assorbire, maturare e mettere in pratica quei segni che derivano da una colta gestione emozionale delle forme e dello spazio ‘attivo’ che possono generare. Ecco perché il maestro ‘evoca’ più che schizzi (numerosi), dei ‘grafici’ d’architettura, nei quali le linee denotano poetiche assimilate, testimoniano la serietà della pratica costruttrice conseguente e la responsabilità di ‘corpi architettonici’ che occuperanno un spazio ‘ritrovato’ per la vita dell’uomo.
Non è un’architettura simbolica, ma è una pratica che affranca lo spirito, sollecita la percezione stimola la mente che si lascia andare, seguendo profili alla scoperta di linee sinuose organico-materiche. Il passo seguente è già spazio.
Dalle interviste a Niemeyer è chiara la sua dinamica d’intervento che lo vede ritornare più volte agli schizzi soprattutto quando la descrizione del progetto non lo convince. Un ritorno per ‘equilibrare’, rimuovendo o aggiungendo ‘materia’ al geniale esercizio scultoreo. Il maestro fonde un’ineguagliabile poetica spaziale i cui termini procedono comunque ad esaltare lo spazio di un ambito architettonico realizzato e convincente.
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Fundação Oscar Niemeyer
Oscar Niemeyer, architetto impegnato del XX secolo
Oscar Niemeyer per Ravello
A Ravello auditorium da difendere
Progetto per un Auditorium a Ravello di Oscar Niemeyer
paolo marzano
[exibart]
Ho 38 anni mentre scrivo (anno domini 2004), e ricordo che frequentavo ancora le scuole superiori di geometra quando incontrai dal vivo Niemeyer, al Politecnico di Architettura di Milano, in occasione di un convegno a lui dedicato mentre era in visita in Italia.
La cosa che mi piacque di quest’uomo fu la semplicità di espressione nel narrare la sua esperienza di vita, che è un tutt’uno col sentimento per l’architettura. Disegnava silhouette dei suoi edifici su enormi fogli bianchi, e la fluidità dei gesti compiuti col suo braccio mentre faceva scorrere la punta nera del grosso pennarello, evocava la stessa ammirazione che si nutre per un grande direttore d’orchestra mentre conduce un’armoniosa e trionfante sinfonia.
Quei disegni sono stati “regalati” ai partecipanti che alla fine del convegno sono riusciti ad accaparrarseli, e per il suo gradimento l’architetto li ha firmati tutti oltre ad averne dedicati di nuovi.
L’umiltà di quell’uomo che ricordo bene si può sintetizzare in una verità pronunciata senza pudicizia ne arroganza: l’architetto, per suo mestiere, deve saper attribuire un valore alle sue idee a rischio di mentire sapendo di farlo. E dimostrò come, di due ville progettate su un terreno a scogliera, la prima avesse la vetrata sul mare inclinata in maniera tale da rendere l’ambiente più luminoso sotto l’esposione solare, la seconda avesse la facciata inclinata al contrario in maniera tale da rendere l’ambiente meno esposto al sole.
Come a dire, la verità nelle cose che cerchiamo, spesso è così vicina a noi, basta capire quello che cerchiamo.
Sul progetto di Ravello, devo dire che non vedo francamente altre soluzioni migliori di questa proposta da Niemeyer, a meno che non si tratti di un esercizio accademico di stupire con l’architettura chi guarda quella zona dal mare e dalla terraterma. L’unica critica: perchè non hanno paternità italiana certe idee?
Angelo Errico
Commento di Paolo Marzano
‘Considerazione’ ad Italia Nostra di Paolo Marzano, per il dibattito in corso sulla costruzione dell’auditorium a Ravello.
aspettando il 1° Aprile
Visto che ci sarà una pausa d’attesa fino all’ 1 Aprile, giorno della decisione del TAR di Salerno, sulla possibilita di realizzazione dell’auditorium a Ravello, vorrei che ad Italia Nostra arrivasse questa mia considerazione sul dibattito in corso.
A Ravello, non entro nel discorso di particolaristici interessi politici che più delle volte rallentano e sprecano energie debilitando gli entusiasmi e la voglia di fare, mi chiedo se è possibile che non sia chiara la logica confluenza di un indotto ‘culturale’ nel vero senso della parola.
Possiamo osservare questo particolare fenomeno come su un vetrino di un microscopio in un laboratorio che analizza l’intima struttura, quando s’interviene sulla materia paesaggistico-artistico-storico-natuale. Essa, infatti, rappresenta ricchezza che non manca certamente, sul tavolo della ricerca italiana per lo sviluppo del nostro paese. Componenti determinanti facenti parte, ora di una ‘coltura’ d’elementali particelle che con impercettibili ameboidi movimenti, elaborano nuove interconnessioni. Generano sinapsi interstizialmente capaci, con il tempo, di far emergere un tessuto ‘sensibile’, una probabile nuova metodologia d’approccio alla difesa di questi stessi ambienti; magari isolando eventuali punti deboli oppure comprovando generatori di energia propulsiva per quanto riguarda flussi turistici e forze imprenditoriali locali. La natura può essere benissimo vincolata, quindi salvata e strappata ad artigli cementizi, anche fondendola ad uno dei suoi pricipali ‘derivati’, l’uomo.
Guarda caso l’uomo per vivere con i sui simili crea comunità, le comunità hanno bisogno di relazioni comunicative supportate, questo è importante, da fattori emozionali che stimolano conoscenza, sviluppando dinamiche indirizzate al miglioramento della qualità di vita. La natura da difendere quindi è formata anche dall’ “uomo urbano”. Questo è essenziale; appena l’individuo si confronta con atteggiamento conoscitivo, all’ambiente in cui vive, crea delle relazionalità in uno spazio che appartiene già alla collettività, per cui ha bisogno di essere interpretato nella maniera più aperta e flessibile.
Ora, quando in questo caso, tutte queste cose, confluiscono in un luogo geografico ben determinato (pensiamo al miglioramento ed alla reale riqualificazione che l’intervento darebbe a gran parte della costa su cui sorgerà l’auditorium, nel rispetto delle regole) allora non ci si può preoccupare se si tratta di una costruzione di cemento o pietra a vista. Esso apporta un salto qualitativo legato indissolubilmente ad una cultura dinamica (la natura rientra come recettore sensibilmente in ‘attesa’ di continuità con altri vettori pluridirezionali) già verificata da anni. Spero non si tiri fuori, in ultimo, l’argomento bello/brutto che come si sa’, è scomparso come concetto al salto del secolo ‘800/ ‘900; come genialmente dice Woody Allen.
Dalle mie ricerche sulle mutazioni dei luoghi collettivi derivate dalla trasformazione tecnologica, penso che se osservata da vicino, quest’ intera area produrrà fenomeni che diventeranno dei precedenti, per soluzioni strategiche future d’intervento sull’argomento ambientale. Pozione difficile e complessa da ottenere in quanto le percentuali di sostanze componenti sono difficili da dosare per ogni luogo deputato ad evidenziare le sue caratteristiche, ma il risultato certamente sarà inequivocabilmente positivo se però, sarà adottato il principio del laboratorio sperimentale, capace di trasformazioni appena una caratteristica ambientale evidenzia nuove e impreviste, ma utili ipotesi di sviluppo. Recepire, maturare, sviluppare. Questo, ricordate, richiamerà l’attenzione di fervide menti pronte a considerare le vittorie e sottolineare le immancabili disattenzioni progettuali (parlo di tutta l’area), per cui consiglio di prestare attenzione soprattutto ai collegamenti per così salvaguardare, per esempio; la viabilità e di dotarla delle sue diverse destinazioni d’uso perché tutti possano accedere, ed in qualunque modo ad una migliore qualità di vita che l’opera sicuramente produrrà. L’auditorim nasce come cntro di confluenza culturale per cui sarà di tutti. Un ultimo consiglio che ho tratto dall’insegnamento dei maestri dell’architettura lasciati tra le righe dei tanti testi delle loro esperienze raccontate;
nei casi in cui si costruisce un’opera per la collettività:
sono entusiasmanti e stimolanti le pubblicazioni dei progetti che si realizzeranno per la riqualificazione di tutta l’area, ma oltrechè raccoglierle in testi o monografie che gireranno per il mondo, sarebbe auspicabile che venissero presentate in mostre ed esposizioni periodiche locali itineranti, con lo scopo di illustrare alla popolazione come si svolgeranno i lavori prima durante e dopo il progetto o i progetti. Un modo di comunicare i cambiamenti, traducendo le trasformazioni alla gente del luogo, o ai visitatori che si sentiranno un po’ più vicini ad una terra in trasformazione comprendendo le vere potenzialità tanto attese e acquistando una qualità ritrovata che non sarà legata alla nostalgia di un “come eravamo” ma pretenderà dal futuro una concreta realtà di “come saremo”.
Intervengo perché ho seguito le vicende della possibile realizzazione del progetto di Oscar Niemeyer. Sono entusiasta per la ‘gestualità’ progettuale dell’architetto, come la definisce Paolo Marzano, nei suoi diversi interventi che ho letto in rete, sono però consapevole della difficoltà di accettare una grandiosa opera del genere, inserita in quel territorio.
Forse è vero che, la mediterraneità ha un valore determinante nei colori e soprattutto nelle ombre che definirà e che faranno acquisire al paesaggio una sua caratterizzazione particolare, ecco perché sostengo l’idea che, se architetto deve intervenire, ebbene Niemeyer, secondo me è la figura giusta, sia per il tipo di progettazione sia per il genere di sensibilità dimostrata in tanti progetti.
E’ vero anche che là dove esistono già degli interessi culturali, così evidentemente definiti, come a Ravello, è un bene creare un’architettura consapevole della sua programmata efficacia. La descrizione che dà Paolo Marzano di un luogo, in attesa di questo salto qualitativo e di questa trasformazione, mi fa comprendere come in effetti, è l’ambiente stesso, in questo caso, a pretendere “rispetto”, nel volere essere completato con un’opera umana che letteralmente dia un rifugio a coloro che vogliono osservarla nelle sue bellezze.
Ritorno al mio lavoro di architetto, sperando che in futuro possa andare a Ravello per assistere ad un concerto ascoltando della musica classica sentendo l’odore del mare e guardando lo stupendo paesaggio che hanno in rete descritto, e che non ho ancora visto, però più ricco e particolare, completato da questa architettura. Nell’insieme,forse avrò idea di cosa voglia dire finalmente vivere in un’opera d’arte, che guarda caso è contemporaneamente tutte queste cose.
Lunedì 9 febbraio alle ore 20, sede dell’Acer a Roma. Incontro organizzato dall’IN/ARCH: “La costruzione del paesaggio L’auditorium di Niemeyer a Ravello”.
di Paolo Marzano
Appena ricevuto questo documento ecco che lo divulgo sugli organi d’ informazione architettonica, per contribuire ad una onesta e, perché no, intellettuale documentazione ‘di rete’, alla quale noi, ormai comunità virtuale di discussione del caso, dobbiamo rivolgerci per evitare disguidi e fraintendimenti di qualunque genere. Quello di seguito, è il documento reso pubblico da Italia Nostra. E’ una posizione ben precisa sulla quale adesso bisogna discutere. La mia posizione è ben chiara dai numerosi interventi sui diversi siti che hanno accettato i miei scritti in difesa del progetto del maestro. All’inizio del caso, premettevo l’utilità della discussione, come strumento di approccio ad altre questioni architettoniche che da oggi, spero vengano vagliate, come il caso Ravello per generare, sicure direttive di miglioramento urbanistico, sia a difesa del territorio sia a difesa dell’ ‘uomo – urbano – diffuso’ nell’ambiente, secondo una forma di territorializzazione nuova, alla quale dovremo in furturo prestare particolare attenzione, è scritto fra le righe di questa realtà ormai mutante. L’architettura che si proietta in una natura incontaminata non ‘occupa’ spazio (secondo alcuni), ma lo continua (secondo altri-io, fra questi); sono processi generativi tutti da indagare. La visione ‘virulenta’ di un’architettura senza controllo, è tutta da rivedere e ridiscutere, perché debilita le volonta e azzara le passioni, in questo momento attive. Certo le prove, purtroppo, di questa assurda e colpevole realtà nel nostro paese, non mancano, ma è una questione a questo punto, di premettere concetti complessi di urbanizzazione ‘particolareggiata’ che fonde i suoi termini anche con la percezione dello spazio vitale dell’uomo e vanno studiate e maturate. La discussione quindi si apre, partendo da questo documento che, se letto con attenzione, secondo me, evidenzia nei termini usati, i punti labili del ragionamento. Quasi dei ‘preconcetti’ acquisiti e dati per certo quando si parla dell’architettura ‘moderna’ o comunque ‘contemporanea’. Concludendo questa premessa, ritengo ancora oggi che il progetto di Oscar Niemeyer , sia esso riferito ad un elmo medievale sia ad un ‘gesto’ architettonico, fonde la sua stessa natura con una continuità ambientale che non ha pari, costituendo e avviluppando nel luogo, segni di petica architettonica, di ricerca plastica solidamente maturata, da sperimentazioni progettuali e costruite di cui tutti siamo stati testimoni capaci di ‘partecipare’ ad uno spazio, di ricercata mediterraneità, unica architettura ‘europea’ riconosciuta che un tempo riuscì (da Quadrante 1936 pag 5, fino a Casabella 344 gennaio 1970 pag. 38-41) a toccare le ‘corde’ della sensibilità architettonica avvicinandola alla vita.
Paolo Marzano
– DOCUMENTO di ITALIA NOSTRA
Italia Nostra è contraria al previsto auditorium di Ravello per due ragioni:
– perché l’intervento è in contrasto con il piano urbanistico territoriale, approvato con apposita legge regionale (n. 35 del 1987), che ha valore anche di piano paesistico;
– perché il luogo nel quale dovrebbe inserirsi l’intervento è parte di un paesaggio perfetto, che non necessita di alcun’aggiunta o trasformazione.
Riguardo all’illegittimità del previsto auditorium, la legge regionale citata, in primo luogo, subordina la realizzazione di qualunque intervento edilizio all’approvazione del piano regolatore generale, strumento di cui il comune di Ravello è ancora, scandalosamente, sfornito. In secondo luogo, la legge consente al piano regolatore generale di prevedere, nella zona di cui ci occupiamo (“Zona territoriale 3. Tutela degli insediamenti antichi sparsi o per nucleo”), solo edifici per attrezzature pubbliche “a livello di quartiere” (che in sede Inarch si sa bene quali sono e che certamente niente hanno a che fare con il progettato auditorium), ed “eventuali limitatissimi interventi edilizi residenziali e terziari”, nel rispetto di rigorose procedure di valutazione. Ogni altra attrezzatura pubblica può essere realizzata solo se specificamente prevista dal medesimo piano urbanistico territoriale (e l’auditorium non è fra queste) oppure, ovviamente, procedendo a una variante del piano (cosa che non è stata fatta).
Convinta di quanto esposto, Italia nostra ha presentato ricorso al Tar che, com’è noto, si pronuncerà nell’aprile prossimo. Non si può tuttavia tacere la preoccupazione per la sottovalutazione, da parte di tanti nostri illustri interlocutori, degli aspetti relativi alla legittimità dell’intervento. Secondo noi, nessun’opera, per quanto la si consideri eccellente, può far smarrire il senso della legalità, tanto più se si tratta di iniziative pubbliche. Come si fa a pretendere altrimenti il rispetto delle regole da parte dei privati?
Quanto all’opportunità dell’intervento, è noto che Italia nostra, fin dalla sua fondazione, si è opposta all’inserimento di opere moderne in contesti di straordinaria importanza storica e paesaggistica, qual è il luogo dov’è previsto l’auditorium, che tra l’altro è protetto dall’Unesco come sito di importanza internazionale. E’ il caso di ricordare che il piano urbanistico territoriale dell’Area Sorrentino – Amalfitana deriva da iniziative e suggerimenti che impegnarono la nostra associazione fin dai primi anni Sessanta, proprio per la sua estrema importanza e delicatezza. Una prima ipotesi di assetto territoriale dell’area, proposta da Italia nostra, fu accolta e rielaborata dal ministero dei Lavori pubblici e trasferita, nel 1972, alla regione Campania insieme alle competenze in materia di urbanistica. Solo quindici anni dopo, a seguito della legge Galasso, la proposta di assetto fu finalmente approvata, con forza di legge. Non si comprende la necessità di un auditorium in un territorio ufficialmente definito “saturo” dal punto di vista dell’economia turistica, dove un intervento di questo genere costituirebbe un ulteriore attrattore di traffico in una situazione di mobilità già drammatica mentre l’intera regione Campania è priva di auditori.
Qui non è in discussione la bravura di Oscar Niemeyer (peraltro, come ha scritto lo stesso sindaco, il progetto non è firmato dall’insigne architetto brasiliano – che non è mai stato a Ravello – ma dall’arch. Rosa Zeccato, sicuramente altrettanto brava). Ci si chiede perché la magnifica architettura di un nuovo auditorium (per il quale la regione ha già stanziato 18,5 milioni di euro) non viene ubicata in qualche sito meritevole di riqualificazione dell’immensa e degradata periferia napoletana. Ravello non ha bisogno di aggiunte. Scampia, Ponticelli, oppure Scafati o Nocera ne hanno disperatamente bisogno.
La regola del buon padre di famiglia che deve saggiamente orientare i nostri amministratori dovrebbe far considerare che la spesa prevista potrebbe piuttosto consentire il restauro di almeno quattro chiese (a Ravello e in costiera) delle dimensioni altrettanto simili a quelle del progetto proposto (400 posti), consentendone il riuso certamente compatibile, a triplice vantaggio della cultura musicale, della storia dei luoghi e dell’intangibilità di un paesaggio che pure è patrimonio dell’umanità.
Nemmeno la presenza di edilizia abusiva nel contesto nel quale è prevista l’ubicazione dell’auditorium può giustificare che la riqualificazione del paesaggio debba avvenire con l’aggiunta di ulteriori manufatti i quali pure da quell’edilizia resterebbero certamente mortificati.
Se forte è la presenza di abusivismo in penisola è proprio per le sistematiche omissioni compiute da chi ha allora mal amministrato la cosa pubblica attraverso un pessimo controllo del territorio e, a legge per il condono approvata, per la sistematica omissione, da parte dei cattivi amministratori di oggi, a portare a compimento le migliaia di richieste di sanatoria che invadono gli uffici comunali, con gravi responsabilità sia nei riguardi dell’erario pubblico che del territorio.
Ci si accorgerà che a molte di quelle richieste è invece possibile dare la risposta prescritta dalla legge sul condono, sottraendo ogni alibi a quanti, in nome di un improbabile realismo, promuovono invece ulteriori edificazioni.
Si affronti una buona volta con responsabilità, coraggio e serietà il problema: si veda infatti che la stessa legge del condono non ammette alcuna sanatoria nelle aree di pregio dove strumenti urbanistici e leggi regionali vietano l’edificazione. Ci si accorgerà che il pretesto delle avvenute trasformazioni del territorio e la loro insostenibile permanenza rappresentano un comodo alibi per chi in buona o in malafede crede che quel rassegnato realismo possa consentire lo scardinamento delle regole di tutela e la realizzazione delle peggiori iniziative a danno del paesaggio attraverso le più fantasiose interpretazioni giuridiche o attraverso l’uso distorto degli strumenti della cosiddetta concertazione.
Tali sistemi hanno soddisfatto esigenze invece soltanto apparenti, parziali e contingenti. In nome dell’occupazione (45 posti di lavoro) sul cementificio nelle cave di Pozzano è in costruzione un albergo direttamente sul mare. In nome dello sviluppo in costiera si vogliono approvare porti turistici a Positano, Meta, Sant’Agnello, osteggiati spesso finanche dagli albergatori. In nome delle moderne esigenze del traffico automobilistico, si propongono parcheggi scavati in roccia per i bus turistici ad Amalfi. In nome del risanamento ambientale si propone il restauro della cava del Fuenti inserendovi un edificio in cemento armato di cinque piani il cui solaio di copertura, nel reggere uno strato di 70 centimetri di terra, si pretende che ripristini le condizioni idrogeologiche e quelle florofaunistiche dell’area, i terrazzamenti tipici e le colture tradizionali.
Proviamo invece a normalizzare le cose: riqualifichiamo concretamente il paesaggio naturale sottraendo gli elementi detrattori che lo mortificano e riqualifichiamo quello storico attraverso l’azione meritoria del restauratore, e qualifichiamo con la nuova architettura le aree periferiche e i siti dismessi che soltanto attraverso il miglior impegno del genio contemporaneo –compreso pure quello dell’architetto Zeccato- possono assumere idoneo valore aggiunto e lasciare alla storia il più giusto segno dei tempi.
Continuando le notizie dall’incontro organizzato dall’IN/ARCH
“La costruzione del paesaggio L’auditorium di Niemeyer a Ravello”,
ricevo delle informazioni, importanti;
la sala era gremita all’inverosimile. Platea piena corridoi laterali e spazi attigui anche.
La lettura del documento di Italia Nostra, ( assente al confronto ! ) ha aperto i lavori.
– Il rappresentante di Lega Ambiente si è dichiarato pienamente d’accordo con il progetto.
–
– Il rappresentante del WWF ha annunziato che, oltre alla richiesta di sospensiva, il WWF ritira anche quella di giudizio sul merito.
– Gravagnuolo e il Sovrintendente hanno tessuto le lodi del progetto.
Spero che in futuro gli ambientalisti ritrovino un loro punto comune, per affrontare una stagione piena di nuove possibili ‘collocazioni architettoniche’ (vedi concorsi vinti e interventi dei grandi nomi, nell’area campana, per esempio l’opera di David Chipperfield o Zaha Hadid oppure di Oriol Bohigas e Albert Puigdomenech, Tobia Scarpa a Salerno), di sfruittare così questo laboratorio sperimentale dove l’architettura incontra l’ambiente di cui ne è essenza e alloa stesso tempo continuità. L’ultima cosa da fare in questi casi è rinchiudersi in sospetti di presunta ‘invasione architettonica’.
Mentre è consigliabile, secondo me, osservare con attenzione gli errori del passato, perché si possano, da questi, riabilitarsi discussioni per un arricchimento della collettività su tematiche legislative e quindi d’intervento, secondo me, vitali. Occorrono organi di controllo dell’ambiente che mostrino una dinamica d’approccio al territorio, che guardino alla totalità degli aspetti e disciplinino caso per caso indagando capillarmente le opinioni e le scelte. Dimostrando, in questo modo, una de-strutturazione che si adegui ad ogni evento stabilendone scientifiche coordinate di trasformazione, sulla base di una visione organica di un luogo in trasformazione. Si rinnovino, praticamente i monolitici principi ‘ambientalisti’ che tutti riconosciamo ‘perfettibili’. Queste scelte, saranno sicuramente utili per la stessa essenza dell’architettura che, se studiata e analizzata, con la giusta ‘cultura’, conferma la sua attività nell’esaltare la relazione tra l’uomo e lo spazio (ambiente).
Paolo Marzano
francesco pietrella f.pietrella@tiscali.it
architettura e design
ACUSTICA CONCHIGLIA
In questi giorni di gelo e neve che cade su Roma in quella maniera inusuale ma che mi allerta dubbi circa le inusuali alterazioni climatiche dei tempi correnti mi arriva agli occhi l’ultimo progetto di Oscar Niemeyer per Ravello. Con mio grande interesse constato e apro il mio cuore e la mente al prossimo insegnamento che questo grande maestro ci da alla sua veneranda eta’.
La testimonianza di un poetica umana che si misura con la natura e ne diviene il sigillo dell’esistenza, riscatta la storia e il brutto e compie l’iperbole linguistica consegnando l’opera d’arte al luogo, alla gente, alla storia e ai benpensanti.
Il rapporto con il luogo e’ la genesi del progetto, e’ la trama di elementi che formalizzano in un volume splendido per la sua semplicita’ non da nuvola Fuksas troppo imitate o per proporzioni inumane da palazzone dittatoriale da abbattere con le bombe intelligenti.
A noi ci appare uno splendido piccolo gioiello al confine di una scultura architettonica che parla come dal Brasile all’immenso spazio naturale divenendone il sigillo, l’ambito controllato e commensurabile della realta’ stratigrafica che digrada nel mare, metafora di un’ ACUSTICA CONCHIGLIA protagonista ella si’ del territorio di Ravello e di cui e’ il futuribile-teatro-antico affacciato, presenza eco di spazi lontanissimi e immensi che parlano per frammento ai piccoli funzionari del comune, ai bigotti e professoroni dal cavillo imperioso che primeggiano per la polemica tralasciando guarda un po’ tutto il resto di abusivismo edilizio che tracima e tracima il belpaese. Come quando, da ragazzetto, visiti la Farnesina e sei colpito dagli sgarri di sgherri sugli affreschi raffaelleschi.
L’antisimmetria e l’orientamento sono puntamenti che ci indicano chiaramente il rapporto con il luogo, la piazza a striscia ci riempie di ammirazione per la valorizzazione da una parte delle possibilita’ aggregative del contenitore dall’altra dell’agora’ antisimmetrica come memoria e come innovativo innesto tra urbano e natura, tra citta’ storica e orografia costiera, tra la TEXTURE UMANA per frammenti DNA di memoria brasiliana ibridata alle dimensioni attutite e il mescolio di popolo locale a nuove integrazioni miraggi di “MOSCHEE AMALFITANE” sapori di cucina mediterranea portate dal vento al di la’ del mare. Ci viene indicato il rapporto tra il puntamento ai venti marini che insistono sul fronte costiero e la possibilita’ di una viabilita’ che cucia come una “rete a strascico” il territorio interno alla conchiglia-auditorium ibrida alla vita di mare e terra, tra spazi sconfinati sudamericani e minimo ambito urbano sud-italiano, tra silenziosa natura selvaggia da antropizzare e natura sociale provinciale da orientare culturalmente ad un futuro di diversita’, architettonicamente da poter anche strutturare con
meno convivenza
piu’ convivialita’.
Francesco Pietrella