Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
27
marzo 2009
fino al 13.VI.2009 Emilio Isgrò Milano, Galleria Credito Valtellinese
milano
Settantatrè opere rendono omaggio alla carriera di Emilio Isgrò e alla sua celebre teoria della cancellatura. Quando abbandonare l’Inno di Mameli in balia di un formicaio diventa un’occasione. Per riflettere sul sistema politico e culturale del nostro Paese...
La cancellatura è una forma eversiva che, destabilizzando la logica del linguaggio, si fa strumento di comunicazione e di critica sociale. Il suo fine è ribaltare l’apparenza, mettere in dubbio le certezze del sistema mediatico e consumistico, abbattere l’unidirezionalità della lettura. Emilio Isgrò (Barcellona Pozzo di Gotto, 1937; vive a Milano) la introduce a partire dal 1964, quando fanno la loro comparsa i primi giornali cancellati.
Da quel momento in poi, attraverso opere come libri-oggetto e installazioni, l’artista ha cancellato notizie, vocabolari, enciclopedie, carte geografiche, pagine di letteratura, favole e perfino la Bibbia, insieme a tutto ciò che rappresenta il veicolo del sapere per eccellenza, della cultura codificata, della parola omologante e usurata da una quotidianità in preda a vizi e contraddizioni.
Il gesto cancellatore ha modificato nel tempo il suo aspetto – assumendo di recente le sembianze di formica o di ape – ma non la sua funzione: quando oggi Isgrò cancella Fratelli d’Italia, ripete in fondo la stessa operazione critica, tesa a cancellare le parole inutili, intrapresa già in passato, prima con opere che seguivano la scia delle ricerche poetico-visuali fiorentine (come Paolo e Francesca del 1966), poi con quelle della maturità, quando prende le distanze dalla poesia visiva per elaborare il proprio originale percorso, più volte confuso e catalogato erroneamente con l’etichetta di “arte concettuale”.
Di fronte a questa singolare installazione – che sarà imitata di nuovo in maggio a Bruxelles, quando l’artista cancellerà prima l’inno fiammingo e via via gli altri inni nazionali – l’osservatore è costretto a dialogare con quel che resta della cancellatura: se in passato la china o l’acrilico lasciavano trasparire qualche frammento di frase del testo, in Fratelli d’Italia tutto ciò non accade: la parola è decomposta, affetta, emerge a piccoli spezzoni, afferma la propria forma. Nulla è però sinonimo di nichilismo o di pura provocazione: cancellare un simbolo di appartenenza nazionale come l’Inno di Mameli nasconde piuttosto una riflessione sulla nostra contemporaneità, assuefatta al conformismo e bisognosa di nuovi valori.
La mostra del Credito Valtellinese ha il merito di presentare per la prima volta a Milano un’esauriente retrospettiva dell’artista “siculo-milanese”, dagli esordi da poeta visivo fino alle opere più recenti, come Seme d’arancia (1998) o il Mantra siciliano per madonne toscane (2008), riproponendo al pubblico due storiche installazioni come l’Avventurosa vita di Emilio Isgrò (1972) e l’Ora italiana (1985), realizzata in memoria della strage alla stazione di Bologna.
Con un excursus fra 73 opere scelte, Isgrò sembra restituire allo spettatore un nuovo Cristo cancellatore: come nella celebre installazione del ’68 alla Galleria Apollinaire, anche Fratelli d’Italia confuta quell’identità collettiva che solo il lettore potrà ricostruire, chiamato a ricondurre il filo alla propria matassa.
Da quel momento in poi, attraverso opere come libri-oggetto e installazioni, l’artista ha cancellato notizie, vocabolari, enciclopedie, carte geografiche, pagine di letteratura, favole e perfino la Bibbia, insieme a tutto ciò che rappresenta il veicolo del sapere per eccellenza, della cultura codificata, della parola omologante e usurata da una quotidianità in preda a vizi e contraddizioni.
Il gesto cancellatore ha modificato nel tempo il suo aspetto – assumendo di recente le sembianze di formica o di ape – ma non la sua funzione: quando oggi Isgrò cancella Fratelli d’Italia, ripete in fondo la stessa operazione critica, tesa a cancellare le parole inutili, intrapresa già in passato, prima con opere che seguivano la scia delle ricerche poetico-visuali fiorentine (come Paolo e Francesca del 1966), poi con quelle della maturità, quando prende le distanze dalla poesia visiva per elaborare il proprio originale percorso, più volte confuso e catalogato erroneamente con l’etichetta di “arte concettuale”.
Di fronte a questa singolare installazione – che sarà imitata di nuovo in maggio a Bruxelles, quando l’artista cancellerà prima l’inno fiammingo e via via gli altri inni nazionali – l’osservatore è costretto a dialogare con quel che resta della cancellatura: se in passato la china o l’acrilico lasciavano trasparire qualche frammento di frase del testo, in Fratelli d’Italia tutto ciò non accade: la parola è decomposta, affetta, emerge a piccoli spezzoni, afferma la propria forma. Nulla è però sinonimo di nichilismo o di pura provocazione: cancellare un simbolo di appartenenza nazionale come l’Inno di Mameli nasconde piuttosto una riflessione sulla nostra contemporaneità, assuefatta al conformismo e bisognosa di nuovi valori.
La mostra del Credito Valtellinese ha il merito di presentare per la prima volta a Milano un’esauriente retrospettiva dell’artista “siculo-milanese”, dagli esordi da poeta visivo fino alle opere più recenti, come Seme d’arancia (1998) o il Mantra siciliano per madonne toscane (2008), riproponendo al pubblico due storiche installazioni come l’Avventurosa vita di Emilio Isgrò (1972) e l’Ora italiana (1985), realizzata in memoria della strage alla stazione di Bologna.
Con un excursus fra 73 opere scelte, Isgrò sembra restituire allo spettatore un nuovo Cristo cancellatore: come nella celebre installazione del ’68 alla Galleria Apollinaire, anche Fratelli d’Italia confuta quell’identità collettiva che solo il lettore potrà ricostruire, chiamato a ricondurre il filo alla propria matassa.
articoli correlati
Isgrò al Pecci
valentina rapino
mostra visitata il 19 marzo 2009
dal 19 marzo al 13 giugno 2009
Emilio Isgrò – Fratelli d’Italia
a cura di Marco Meneguzzo
Galleria Gruppo Credito Valtellinese
Corso Magenta, 59 (zona Magenta) – 20123 Milano
Orario: da martedì a venerdì ore 12-19; sabato e domenica ore 10-19
Ingresso : intero € 8; ridotto € 6
Catalogo disponibile
Info: tel. +39 0248008015; fax +39 024814269; galleriearte@creval.it; www.creval.it
[exibart]
Prospettiva Isgrò
Ancora una volta le opere di Emilio Isgrò esposte alla Galleria del Credito Valtellinese di Milano riescono a infondere calma e serenità profonde.
Infatti, le sue cancellature non sono un gesto aggressivo ma liberatorio che consente di sgomberare gli archivi-ormai troppo carichi- della memoria così da far affiorare nuovo spazio e più vigorose energie.
Allora anche le formiche laboriose che oscurano il volto della Madonna delineano la possibile prospettiva di una mistica nuova ben oltre ogni logora oleografia.