15 aprile 2010

fino al 17.IV.2010 Andrew Schoultz Milano, Jerome Zodo

 
Degno delle scenografie per una rock-opera dei Pink Floyd. È l’universo visionario di Andrew Schoultz. Che si aggrappa con ritmo spettacolare a prodigiose soluzioni grafiche e potenti giravolte cromatiche...

di

I remi, vinti dai flutti, puntati disperati
verso il cielo. E l’Arca inghiottita da un maelström psichedelico di colori stroboscopici, degno
della copertina di un libro di Thompson o Aldous Huxley. C’è un totale,
moderno e appagante abbandono nei lavori che Andrew Schoultz (Milwaukee, 1975; vive
a San Francisco) porta nella galleria milanese di Jerome Zodo. Un intervento
inscatolato alla perfezione nel contesto, sorta di site specific che esorcizza i
pruriti millenaristici indotti dalla crisi globale. Al punto che è proprio lei,
Crisis, il totem dichiarato e perseguito – a tratti perseguitato –
dall’artista.
Pluralità di riferimenti, pluralità di
linguaggi: unicità di stimoli; nella costruzione di un patrimonio visuale dalla
forte e radicata capacità di comunicare. Cavalli di Troia e, appunto, Arche:
feticci di stati d’animo perduti nelle secchezze di un tempo ignobile, il tempo
del caos e poco altro. Chiusi entrambi, sprangati perché protettivi. Chiusi e
infine, proprio per questo, pesanti come catafalchi nella più totale balia
degli eventi.
Andrew Schoultz - Frozen On Fire - 2010
Cataste di mattoni lignei decorati abbattute
da tralicci dell’alta tensione – pali della cuccagna? – nastrati nel rosso e
nel nero; e poi ancora le rovine di Ground Zero volteggiano nel gorgo di un
tornado che frulla padri della patria a frammenti di dollaro, brandelli di
obbligazioni e valute straniere. E ancora, su tutto, il dominio dello spazio:
insistito quando si tratta di affrontare opere di grandiose e struggenti
dimensioni; intimo nella certosina e a tratti bizantina purezza calligrafica
delle opere di piccolo formato.
Proprio su questa tema ci sentiamo di
bypassare il rapporto che il saggio critico di presentazione alla mostra firmato
da Glen Helfand introduce con i murales, assunti a modello preferenziale
dell’ennesimo artista americano “da strada”, cresciuto a pane e skateboard. Perché
ad arrischiare filiazioni si sente semmai la spinta esperienziale della graphic
novel;
ed è proprio nella condivisione di un riconoscimento importante all’umore
grafico di Schoultz che torna davvero valido il vago riferimento a Dürer.
Andrew Schoultz - Sinking Slaveship - 2010
E, a proposito, risultano utili e affascinanti
i video che, in mostra, documentano l’incedere operativo dell’artista;
indugiando sul ritmo zen della composizione, sull’immediata pulizia del tratto;
ma anche sulla brillantezza di soluzioni tecniche ed espressive.
Grandi opere di fragile monumentalità e
piccoli lavori oculatamente raffinati; calembour coloristici e feticismi
grafici: Schoultz ci passa una seria ma infantile, complicata e immediata
parcellizzazione e ricomposizione del reale. Quasi un Walt Whitman, snobisticamente
naïf; quasi un Edgar Allan Poe, limpidamente oscuro. Ma tradotto da parola a
immagine.

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Schoultz in collettiva da Jerome Zodo

francesco sala
mostra visitata il 10 aprile 2010


dall’undici marzo al 17 aprile 2010
Andrew
Schoultz – Crisis

Jerome Zodo
Contemporary

Via Lambro, 7
(zona Porta Venezia) – 20129 Milano

Orario: da
martedì a sabato ore 10-19

Ingresso
libero

Catalogo
con testo di Glen Helfand
Info: tel. +39
0220241935; fax +39 0220244861; info@jerome-zodo.com; www.jerome-zodo.com

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2 Commenti

  1. Caravaggio, Durer, alla grande!
    ma che state a di???
    ma che e’? … la recensione dell’assessore alla cultura che ha visto solo i quadri stampati sopra le scatole delle caramelle!

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