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Il
fuoco ha un’anima? Elementare il quesito che apre la seconda tappa del ciclo
espositivo dedicato ai Quattro Elementi, partito nel 2009 con L’anima dell’acqua. La risposta è, più che
affermativa, enfatica: il fuoco ha molte anime. E la mostra, replicando il format dello scorso anno, tenta di sviscerarle
tutte, non sempre però in modo equilibrato.
Più
convincente, per capacità esemplificativa e accostamenti, la prima parte del
percorso: ampia e studiata la sezione mitologica, che mescola terrecotte e tele
moderne (notevoli i Previati), manufatti in opus sectile e video. Tra le fiamme si forgiano
i culti egizi e della Grecia arcaica, finché sull’Olimpo spuntano sfolgoranti
Fetonte, Apollo e Zeus, l’Aurora “dalle dita di rosa”, Semele incenerita, la
protettrice del focolare domestico Hestia/Vesta, contrapposta a Efesto e ai
suoi fabbri, curvi sulle incudini in quelle viscere della Terra dalle quali
risale la lava (star il Vesuvio, visto da Jacques Antoine Volaire e, due secoli dopo, da Andy
Warhol).
Sul
fronte esoterico, ardono la fucina dell’alchimista e il falò della Strega (ma quella, sgargiante, di Guttuso stride alquanto col contesto);
bruciano l’orfismo, il mitraismo e la stilla d’olio bollente che punisce la
curiosità di Psiche nella “bella fabella” ovidiana. Vampe purificatrici che distruggono per
rigenerare, dall’araba fenice (stilizzata da Francesco Somaini) ai riti iniziatici, fino alla
cremazione. Oppure lingue guizzanti portatrici di civiltà, rivoluzione di cui
paga il fio Prometeo, che Böcklin quasi mimetizza con la rupe cui è incatenato.
Fuoco
come coincidentia oppositorum, dunque, ma sempre impenetrabile, intoccabile. Spazio
ulteriore e
spirituale, che incute timori ancestrali o asseconda la catarsi.
Elevazione
purtroppo incompiuta nella seconda parte, incentrata su soggetti devozionali
cristiani: trascurati gli apparati didattici, disomogenea la qualità delle
opere, affollate e inadeguate le sale. Gli “inciampi” si moltiplicano nel
finale: opinabile il fai-da-te dell’installazione, dove monitor sepolti sotto
una catasta di libri raccontano i roghi nazisti di arte “degenerata”.
Introvabile un lavoro sul tema? Improponibile invitare un artista – magari
giovane – a realizzarlo ad hoc?
Perplessità
anche sulla limitata rosa dei contemporanei, non tanto per il peso dei nomi – Burri e Bill Viola, ad esempio -, quanto per il
ripetersi di alcune presenze rispetto alla passata edizione. Per dissipare il
sospetto di personalismo, non resta che attendere le prossime due tappe.
fuoco ha un’anima? Elementare il quesito che apre la seconda tappa del ciclo
espositivo dedicato ai Quattro Elementi, partito nel 2009 con L’anima dell’acqua. La risposta è, più che
affermativa, enfatica: il fuoco ha molte anime. E la mostra, replicando il format dello scorso anno, tenta di sviscerarle
tutte, non sempre però in modo equilibrato.
Più
convincente, per capacità esemplificativa e accostamenti, la prima parte del
percorso: ampia e studiata la sezione mitologica, che mescola terrecotte e tele
moderne (notevoli i Previati), manufatti in opus sectile e video. Tra le fiamme si forgiano
i culti egizi e della Grecia arcaica, finché sull’Olimpo spuntano sfolgoranti
Fetonte, Apollo e Zeus, l’Aurora “dalle dita di rosa”, Semele incenerita, la
protettrice del focolare domestico Hestia/Vesta, contrapposta a Efesto e ai
suoi fabbri, curvi sulle incudini in quelle viscere della Terra dalle quali
risale la lava (star il Vesuvio, visto da Jacques Antoine Volaire e, due secoli dopo, da Andy
Warhol).
Sul
fronte esoterico, ardono la fucina dell’alchimista e il falò della Strega (ma quella, sgargiante, di Guttuso stride alquanto col contesto);
bruciano l’orfismo, il mitraismo e la stilla d’olio bollente che punisce la
curiosità di Psiche nella “bella fabella” ovidiana. Vampe purificatrici che distruggono per
rigenerare, dall’araba fenice (stilizzata da Francesco Somaini) ai riti iniziatici, fino alla
cremazione. Oppure lingue guizzanti portatrici di civiltà, rivoluzione di cui
paga il fio Prometeo, che Böcklin quasi mimetizza con la rupe cui è incatenato.
Fuoco
come coincidentia oppositorum, dunque, ma sempre impenetrabile, intoccabile. Spazio
ulteriore e
spirituale, che incute timori ancestrali o asseconda la catarsi.
Elevazione
purtroppo incompiuta nella seconda parte, incentrata su soggetti devozionali
cristiani: trascurati gli apparati didattici, disomogenea la qualità delle
opere, affollate e inadeguate le sale. Gli “inciampi” si moltiplicano nel
finale: opinabile il fai-da-te dell’installazione, dove monitor sepolti sotto
una catasta di libri raccontano i roghi nazisti di arte “degenerata”.
Introvabile un lavoro sul tema? Improponibile invitare un artista – magari
giovane – a realizzarlo ad hoc?
Perplessità
anche sulla limitata rosa dei contemporanei, non tanto per il peso dei nomi – Burri e Bill Viola, ad esempio -, quanto per il
ripetersi di alcune presenze rispetto alla passata edizione. Per dissipare il
sospetto di personalismo, non resta che attendere le prossime due tappe.
anita
pepe
mostra
visitata il 1° aprile 2010
dal 5 marzo al 4 luglio 2010
Fuoco.
Da Eraclito a Tiziano da Previati a Plessi
a
cura di Elena Fontanella, Cosimo Damiano Fonseca e Claudio Strinati
Palazzo
Reale
Piazza Duomo, 12 – 20122 Milano
Orario: lunedì ore 14.30-19.30; giovedì e sabato ore 9.30-22.30; gli altri giorni
ore 9.30-19.30 (la biglietteria chiude un’ora prima)
Ingresso:
intero € 9; ridotto € 7,5
Info: tel. +39 0229010404; info@fondazionednart.it;
www.fondazionednart.it
[exibart]