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27
marzo 2008
fino al 19.V.2008 Alice Cattaneo Napoli, Madre
napoli
Da Birmingham a Napoli, passando per Milano. Alice Cattaneo va in trasferta senza segnare il goal vincente. Piuttosto prende la traversa. Forse, però, è ancora in tempo per raddrizzare il tiro...
Semplicità o semplicismo? La mostra di Alice Cattaneo (Milano, 1976) insinua questo dubbio. A colpo d’occhio, le lievi sculture e i delicati video presentati al Madre fanno propendere per la prima ipotesi. Mentre curriculum, dichiarazioni e referenti -del calibro di Gordon Matta-Clark e Tom Friedman– inducono a optare per la seconda. Legittimo sospetto, attenuato dalla spietatezza del medium plastico che, se da un canto implica un approccio coraggioso, dall’altro può svelarne l’acerbità.
Certo, non dispiace osservare le ludiche creazioni di Cattaneo. Fatte di materiali poveri, come legnetti, fascette da cablaggio, polistirolo, scotch, nylon. Tutti assemblati a mo’ di bricolage e dall’esito finale “poco leccato, minimale”, come sostiene lei stessa. Ora dispiegate sul pavimento, ora su un piedistallo, ora pendenti dal soffitto, le astratte installazioni della giovane artista divertono lo sguardo, lasciando trapelare le giunture e gli incastri che tengono uniti le varie componenti fra tensioni, equilibri instabili e strutture a vista, concettualmente affini al tecnicismo dell’architettura contemporanea.
Il limite è che questa sorta di “tensostrutture da Ikea” tradiscono una mancata ricerca sulla specificità del luogo, sebbene il background in environmental art dovrebbe suggerire una maggiore attitudine nel rilevare le peculiarità spaziali. Osservazione confermata dagli stessi protagonisti, che ammettono d’aver trapiantato i lavori, quasi senza variazioni, da Birmingham a Napoli. Una trasferta che disattende le aspettative di chi, per l’occasione partenopea, sperava in un intervento cucito addosso al museo. Tanto che, paradossalmente, la sezione meglio riuscita risulta quella dei video.
Divise in due ambienti, le proiezioni sono gioiellini visivi dall’impostazione tecnica intenzionalmente grezza. S’inizia con 1 minute 41 seconds, simpatica serie di sketch en plein air dove un fattore esterno disturba inaspettatamente la passeggiata campestre della protagonista. Si prosegue con Passaggi, uno scaricabarile di oggetti disparati. E Untitled 1 e 2, intervento disegnativo e scultoreo in cui le mani in primo piano sono riprese mentre tracciano tratti a matita e costruiscono forme geometriche con cubetti calamitati.
La seconda tranche si apre con l’esilarante The Singer. Un pupazzetto di carta intona la sua pièce canora. Teatrino effimero che cala il sipario sulla morte del singolare interprete, tra applausi e lancio di fiori, strappando sorrisi piuttosto che lacrime. Conclude la mostra una sequenza di 13 video, in cui la tecnologia quasi anacronistica riesce a ottenere un ingenuo straniamento percettivo. Rumori fuori campo anticipano le immagini, come il suono di un liquido versato in una tazza o il tonfo di una sedia. E, ancora, un cavo elettrico incede come una serpe, due capperi si baciano con tanto di schiocco, la crema in un cucchiaio è risucchiata all’indietro.
Piccole poesie che raccontano dell’ordinario che diventa straordinario. Per dire che la semplicità è una scelta lecita, se accompagnata da cognizione di mezzi e d’intenti. Dunque, aspettiamo di vederla applicata con la medesima intensità anche alla scultura.
Certo, non dispiace osservare le ludiche creazioni di Cattaneo. Fatte di materiali poveri, come legnetti, fascette da cablaggio, polistirolo, scotch, nylon. Tutti assemblati a mo’ di bricolage e dall’esito finale “poco leccato, minimale”, come sostiene lei stessa. Ora dispiegate sul pavimento, ora su un piedistallo, ora pendenti dal soffitto, le astratte installazioni della giovane artista divertono lo sguardo, lasciando trapelare le giunture e gli incastri che tengono uniti le varie componenti fra tensioni, equilibri instabili e strutture a vista, concettualmente affini al tecnicismo dell’architettura contemporanea.
Il limite è che questa sorta di “tensostrutture da Ikea” tradiscono una mancata ricerca sulla specificità del luogo, sebbene il background in environmental art dovrebbe suggerire una maggiore attitudine nel rilevare le peculiarità spaziali. Osservazione confermata dagli stessi protagonisti, che ammettono d’aver trapiantato i lavori, quasi senza variazioni, da Birmingham a Napoli. Una trasferta che disattende le aspettative di chi, per l’occasione partenopea, sperava in un intervento cucito addosso al museo. Tanto che, paradossalmente, la sezione meglio riuscita risulta quella dei video.
Divise in due ambienti, le proiezioni sono gioiellini visivi dall’impostazione tecnica intenzionalmente grezza. S’inizia con 1 minute 41 seconds, simpatica serie di sketch en plein air dove un fattore esterno disturba inaspettatamente la passeggiata campestre della protagonista. Si prosegue con Passaggi, uno scaricabarile di oggetti disparati. E Untitled 1 e 2, intervento disegnativo e scultoreo in cui le mani in primo piano sono riprese mentre tracciano tratti a matita e costruiscono forme geometriche con cubetti calamitati.
La seconda tranche si apre con l’esilarante The Singer. Un pupazzetto di carta intona la sua pièce canora. Teatrino effimero che cala il sipario sulla morte del singolare interprete, tra applausi e lancio di fiori, strappando sorrisi piuttosto che lacrime. Conclude la mostra una sequenza di 13 video, in cui la tecnologia quasi anacronistica riesce a ottenere un ingenuo straniamento percettivo. Rumori fuori campo anticipano le immagini, come il suono di un liquido versato in una tazza o il tonfo di una sedia. E, ancora, un cavo elettrico incede come una serpe, due capperi si baciano con tanto di schiocco, la crema in un cucchiaio è risucchiata all’indietro.
Piccole poesie che raccontano dell’ordinario che diventa straordinario. Per dire che la semplicità è una scelta lecita, se accompagnata da cognizione di mezzi e d’intenti. Dunque, aspettiamo di vederla applicata con la medesima intensità anche alla scultura.
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a cura di Jonathan Watkins
Madre – Museo d’Arte Donna REgina
Via Settembrini, 79 (zona San Lorenzo) – 80139 Napoli
Orario: lunedì, mercoledì, giovedì e domenica ore 10-21; venerdì e sabato ore 10-24
Ingresso: intero € 7; ridotto € 3,50
Info: tel. +39 08119313016; www.museomadre.it
[exibart]
insposabili posizioni in recensione. recessione.
Cattaneo in maglia numero 9, come Van Basten.
Oddio, la mostra è proprio debole debole (che sarebbe un eufemismo per non dire che è proprio insulsa).
Però se a voi piacciono gli artisti e le mostre così, se per voi questi sono i fuoriclasse, vuol dire che vi accontetate di poco. Contenti voi…
ps
debole non nel senso che fosse delicata, è proprio una mostra inutile.
un’artista che lascia perplessi, un lavoro inesistente sul piano della “complessità del mondo”, non se ne può più di sti artisti derivativi. Lei copia milanese di sarah sze, ancora con ste pippe della manualità femminile.
I video sono una cosa imbarazzante. Li ho visti al premio Furla e sembrvano esercizi accademici del secondo anno di Brera.
Insomma .. cerchiamo di essere più oculati nel dare spazio ai giovani talenti italiani.. vista la scarsità degli spazi espositivi, soprattutto museali.
è il secondo commento che inserisco su questa mostra… IL PRIMO COMMENTO è STATO INSPIEGABILMENTE CENSURATO… Assicuro che non c’erano volgarità, ma solo un commento critico-ironico su di un museo che va avanti per “segnalazioni”…
W LA LIBERTà DI PENSIERO!!!
COMPLIMENTI AL TRIBUNALE DEL SANTO UFFIZIO!
alice nel paese di pulcinella. che meraviglia riuscire a fare una mostra senza forma e senza contenuti. magie che riescono solo a napoli. la tragedia è che manco la fanciulla sa quello che fa. una tristezza sconfinata. davvero una mostra inutile…
bhè, io solo una questione solleverei, quella “vera”. artiste come la cattaneo e la elenia de pedro, senza alcuna colpa (loro), soffiarono a decine di artisti più meritevoli ben due posti – su soli cinque, ambitissimi – all’ultima edizione dell’ importante premio furla, ed ecco i risultati. senza voler criticare nessuno o infangare la reputazione di istituzioni e musei, mi chiedo però quale credibilità possano ancora attribuirsi una giuria come quella del furla (i nomi dei cui membri tutti abbiamo conosciuto) e un esercizio curatoriale come quello del madre (e ricordo anche la criticata mostra di scotto di luzio). forse è il caso che tutti questi signori meditino un pò sulle loro convinzioni e capacità di giudizio, perchè molti italiani lo stanno già facendo da un pezzo.
Grazie