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04
settembre 2018
A Catanzaro tra “biodiversità” e vandalismo
Opening
Il Parco della Biodiversità Mediterranea, nel cuore del capoluogo calabrese, è un ecosistema floristico e faunistico che ospita anche una collezione di sculture dei più importanti artisti contemporanei della scena internazionale, molte delle quali condannate a una vandalizzazione selvaggia o al degrado
di redazione
Poco più di due settimane fa mi sono recato a Catanzaro per assistere all’Altrove Festival (di cui ho già parlato su queste pagine). Devo dire che questo progetto, ormai alla sua quinta edizione e rivolto al mondo della street art e della rigenerazione urbana, mi ha colpito favorevolmente. Si tratta di interventi previamente autorizzati – di cui ormai è disseminato il capoluogo calabrese – con l’obiettivo di rieducare al concetto di bellezza luoghi altrimenti rassegnati al degrado estetico e sociale. Non solo i “ragazzi di Altrove” mi hanno convinto che un futuro diverso sia possibile a Catanzaro, ma anche un nutrito gruppo di altre associazioni culturali attive in città, molte delle quali condotte da giovani e giovanissimi. Alcuni rientrati dopo un’”emigrazione” per motivi di studio. Anche la classe politica locale, incontrata alla conferenza stampa della mostra “PGSD. POST-GRAFFITI STRESS DISORDER” al MARCA (Museo della ARti di Catanzaro), oltre che giovane, mi è apparsa determinata e volitiva, persuasa che i beni e le attività culturali giochino un ruolo centrale nella partita del prossimo futuro di Catanzaro. Quindi, tutti segnali positivi all’orizzonte, incoraggianti, di un Sud che non si rassegna (o che non si vuole appiattire) sul reddito di cittadinanza.
Eppure, poco prima di partire per l’aeroporto con questo “dolce viatico”, la doccia fredda. Mi sono fermato, infatti, per una visita al Parco della Biodiversità Mediterranea, nel cuore del capoluogo calabrese. Inaugurato nel 2004, nasce dalla riqualificazione ambientale della vecchia azienda della locale Scuola Agraria. Si tratta di un progetto “di rimodellamento del paesaggio – si legge sul sito internet dedicato – nello spirito di un’ingegneria naturalistica orientata al rispetto e alla valorizzazione delle biodiversità”. E fin qui, nulla quaestio. Se non fosse che questo ecosistema floristico e faunistico ospita anche una collezione di notevoli sculture (e non solo per dimensioni) di alcuni dei più importanti artisti contemporanei della scena internazionale. Che ne fanno uno dei parchi d’arte più interessanti e suggestivi non solo in Italia. Peccato che rispetto al “verde” (curato e mantenuto in modo impeccabile) faccia da contraltare il degrado, nonché la vandalizzazione selvaggia, a cui sono state condannate molte delle opere d’arte ospitate. Letteralmente brutalizzato e devastato è Cabane éclatée aux 4 couleurs di Daniel Buren, un cubo di 4x4x4 metri che, attraverso un gioco di superfici riflettenti e policrome, doveva dissolversi a contatto con la natura all’esterno. Dico “doveva” perché alcune parti del cubo sono ormai divelte, altre invece “superstiti” graffiate, sgorbiate, spruzzate con scritte di ogni tipo. Sorte migliore non è stata concessa neppure a Michelangelo Pistoletto e al suo I Temp(l)i cambiano-Terzo Paradiso, l’installazione ottenuta con materiali da riciclo dove le colonne del tempio sono fatte con i cestelli di lavatrici, oggi in gran parte ammaccati. Si salvano apparentemente Seven Times di Antony Gormley, l’installazione di sette sculture realizzate dall’artista inglese partendo dal calco del proprio corpo; Totem di Marc Quinn; le due sculture Uomo e Ballerina di Stephan Balkenol; così come L’uomo che misura le nuvole di Jan Fabre. Molte di queste sono scampate al vandalismo perché la loro collocazione, su pali e colonne, ha presumibilmente scoraggiato i malintenzionati. Malintenzionati che, invece, si sono accaniti sulla base del monumentale Catanzaro 11, il grande anello del compianto Mauro Staccioli. Segni di incuria e, forse, di manomissione si registrano anche su Electric Kisses di Dennis Oppenheim. Dulcis in fundo, anche se apparentemente un peccato veniale rispetto a quelli appena descritti, la segnaletica delle opere affidata a totem in molti casi ormai combusti dal sole (con un effetto cretto che ricorda “romanticamente” un dipinto antico, ma che altera la leggibilità dei testi), se non coperti da segni di bombolette spray. Che altro aggiungere. Un parco d’arte straordinario, da tutelare e, perché no, valorizzare pubblicizzandolo per esempio nel vicino aeroporto di Lamezia Terme, come biglietto da visita per i turisti di una città d’arte che vuole essere anche un punto di riferimento per il contemporaneo nel Mediterraneo. Un parco d’arte, però, che in queste condizioni rappresenta un monumento all’inciviltà. E che gli artisti coinvolti, e chi sta lavorando per un futuro diverso a Catanzaro, proprio non si meritano. (Cesare Biasini Selvaggi)
Sono stato per una decina d’anni il curatore del Parco internazionale della Scultura di Catanzaro all’interno del Parco della Biodiversità. Insieme a Maurizio Rubino, ho ideato il progetto che è stato realizzato con il fondamentale sostegno dell’allora Presidente della Provincia di Catanzaro Wanda Ferro. L’ultima opera collocata è stata proprio quella, splendida, di Daniel Buren. A leggere l’analisi oggettiva di Cesare Biasini Selavggi non posso che sentirmi profondamente addolorato e offeso, anche a nome degli artisti, per quanto sta accadendo. Non avrei mai immaginato che un simile patrimonio, fiore all’occhiello della città, potesse essere vittima di una simile incuria e di un simile degrado.