04 febbraio 2022

‘A Lâmina e a Língua’: Élle de Bernardini alla Galleria Gilda Lavia, Roma

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Alla Galleria Gilda Lavia di Roma inaugura domani, 5 febbraio, la prima personale in Italia dell’artista e danzatrice brasiliana Élle de Bernardini, con tre performance in galleria. Fino al 16 aprile

Operação Tarantula, 2022, bandiera realizzata con lamette, cm 96 x 62. Courtesy l'artista e Galleria Gilda Lavia. ph Bruno Leão

Domani, 5 febbraio, a Roma la Galleria Gilda Lavia presenta “A Lâmina e a Língua”, la prima mostra personale in Italia dell’artista e danzatrice Élle de Bernardini, a cura di Tiago de Abreu Pinto.

«Attraverso numerose allusioni alle complessità del linguaggio (in ambito socio-politico, psicologico, fisico, giuridico e culturale), – ha anticipato la galleria – la mostra affronta sia la vita e l’opera di de Bernardini, sia la condizione delle persone trans in generale, che in Brasile hanno un’aspettativa di vita al di sotto dei 35 anni. Questa violenza è incarnata nel lavoro centrale della mostra intitolato Operação Tarântula (2022), che fa riferimento a un’operazione contro le donne trans organizzata dalla Polizia di Stato di San Paolo nel 1987, un momento in cui le persone trans usavano tenere delle lamette da barba sotto la lingua per difendersi.
La mostra comprenderà un’ampia gamma di opere: da lavori rappresentativi del passato a nuovi lavori sviluppati appositamente per questo progetto, comprese le tre performance che saranno realizzate durante l’inaugurazione» (potete trovare le informazioni per prenotare sul sito della galleria).

Alphabetics I, dalla Serie Countersexual Forms, 2020, acrilico su pelle, anelli e corda in metallo placcato d’oro, cm 130 x 82. Courtesy l’artista e Galleria Gilda Lavia. ph Ana Pigosso

Le parole di Gilda Lavia, gallerista, e di Élle de Bernardini, artista

Come è nata questa mostra e come si inserisce nella programmazione della Galleria Gilda Lavia?

Gilda Lavia: «La mostra nasce dall’interesse verso il lavoro di Élle de Bernardini che la galleria segue già da tempo vista l’attenzione per l’arte latino-americana. A Lâmina e a Língua è la seconda delle tre mostre previste con la curatela del brasiliano Tiago de Abreu Pinto. La scelta di realizzare questo progetto nasce anche dalle tematiche affrontate dell’artista, che toccano una tra le questioni sociali più importanti e delicate».

Quali aspetti della tua articolata ricerca sono presenti, in particolare, in questa mostra? 

Élle de Bernardini: «La mia ricerca artistica e filosofica si basa sulla storia della sessualità in relazione alla storia dell’umanità e dell’arte. Mi interessa indagare in campo artistico le domande sulla costruzione dell’identità sessuale degli individui attraverso elementi che esprimono la ricerca di ciò che ci rende uomini o donne o con altre identità di genere. La mia motivazione è quella di riparare errori e cancellazioni nella storia dell’umanità attraverso il mio lavoro, avendo presente che tali eventi si verificano a causa della comprensione limitata che il mondo eterosessuale, bianco ed europeo ci ha lasciato. Per questa mostra in particolare parto da un evento storico rilevante che ha avuto luogo negli anni ’80 nella città di San Paolo, in Brasile. All’epoca, in un’operazione della polizia civile e dello Stato governativo vennero arrestate, torturate e uccise persone transgender, soprattutto donne che avevano solo la prostituzione come mezzo per garantirsi la sopravvivenza. La polizia brasiliana, come quella nordamericana, è nota in tutto il mondo per la sua estrema violenza contro i gruppi sociali più vulnerabili, come le persone transgender, nere, indigene e povere. Questa operazione si chiamava “Tarântula” e ha perseguitato centinaia di donne transgender senza che la legge le perseguitasse formalmente. Il suo obiettivo era quello di eliminare quella parte della società che occupava la zona centrale della città, che all’epoca era considerata l’area più cara e più ricca. Un processo organizzato dallo stato brasiliano per uccidere ed eliminare la presenza di queste persone in questi luoghi occupati principalmente da persone bianche, cisgender e di classe sociale superiore.
La mostra si ispira a questo fatto storico per parlare della violenza sui corpi considerati abietti e dei mezzi utilizzati da tali corpi per difendersi dalla violenza ingiustamente subita. La lametta appare come materiale simbolico per ricordare tali eventi e dimostrare la violenza che era necessaria per rimanere in vita. Le donne transessuali per difendersi dalla polizia tenevano delle lamette sotto la lingua, una strategia di difesa che ha segnato la storia della transessualità femminile nel mondo. L’immagine della donna transessuale fu drasticamente trasformata dopo l’operazione e le conseguenti strategie di difesa impiegate da altre come loro. Dopo i fatti accaduti nell’operazione “Tarântula” la visione del corpo transessuale era visto come un corpo violento, senza capire esattamente in quale momento della storia nasce tale violenza e perché esiste. Nel percorso espositivo, l’opera “Operation Tarântula “, fatta interamente di lame di rasoio, mostra attraverso il simbolo della bandiera nazionale che il Brasile, sebbene sia un bel paese, è anche un paese violento e pericoloso, specialmente per le persone transgender. All’epoca dei fatti, molte donne transgender sono emigrate in Italia in cerca di condizioni di vita migliori e più sicure, rendendo l’Italia il paese che più ha accolto l’immigrazione di donne transessuali brasiliane nella storia dell’umanità. Questo fatto rende plausibile che la mostra si svolga a Roma, nello stesso paese che quarant’anni fa ospitò tutte quelle che riuscirono a sopravvivere fuggendo. Sono una donna transgender e questo fatto attira la mia attenzione verso quegli eventi storici, così come sulle nazioni direttamente o indirettamente coinvolte».

Perché hai scelto di presentare questo nucleo di opere?

Élle de Bernardini: «Ho deciso di esporre questo gruppo di opere scelte in collaborazione con il curatore Tiago de Abreu Pinto perché capisco che la stessa violenza di decenni fa è ancora viva e presente quotidianamente in Brasile, che attualmente resta il paese che uccide più persone transgender al mondo. E l’Italia rimane il paese in cui la maggior parte delle donne transessuali emigrano in cerca di migliori condizioni di vita e opportunità, fuggendo da ogni tipo di violenza che subiscono in Brasile. In questo senso nulla è cambiato in quarant’anni. La brutale realtà di vite spazzate via semplicemente per non corrispondere alla gender norm è altrettanto, se non più, radicata che in passato. Come artista transgender, è importante che io usi il mio privilegio conquistato nel mondo dell’arte per dare voce a storie che sono state mal raccontate, male interpretate e persino dimenticate. Questa mostra è un manifesto sulla vita che ignora l’idea di successo, un manifesto sulle vite che sono state interrotte dall’intolleranza e dalla violenza».

 Quali saranno i prossimi appuntamenti in galleria per il pubblico?

Gilda Lavia: «Nei prossimi mesi il primo evento successivo a questa mostra sarà la partecipazione alla Fiera Miart dove presenteremo alcuni lavori inediti di Élle de Bernardini e dell’artista Pamela Diamante. A metà maggio inaugureremo in galleria la mostra personale dell’artista svizzero Marc Bauer e riapriremo la stagione artistica in autunno con il solo show dell’argentina Carla Grunauer, a cura di Tiago de Abreu Pinto».

The Baroque Cut, 2022, foglie d’oro e pelliccia su tela, cm 200 x 100. Courtesy l’artista e Galleria Gilda Lavia. ph Ana Pigosso

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