Inaugura oggi, 16 febbraio, la mostra “Olivetti – Non solo macchine da scrivere”, frutto della collaborazione tra l’Ambasciata d’Italia e l’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv, la Galleria Vitrina, HIT-Holon Institute of Technology, l’Associazione Archivio Storico Olivetti.
Curata da Ivry Baumgarten, insieme a Dr. Dalia Manor, la mostra si concentra sulla storia di uno dei marchi industriali di successo del Novecento, non solo attraverso i prodotti iconici Olivetti, macchine per scrivere, macchine da calcolo e persino i primi computer, ma estendensdosi all’innovativo impianto pubblicitario e grafico olivettiano, con manifesti, annunci e spot pubblicitari firmati dai più famosi designer italiani.
In occasione dell’apertura al pubblico, abbiamo parlato con la Direttrice dell’Istituto, Maria Sica.
Come nasce l’idea di portare il marchio Olivetti in una mostra in Israele?
Maria Sica: «Olivetti ha scritto una pagina straordinaria della storia dell’imprenditoria italiana del Novecento in un percorso inedito fatto di prodotti, architetture, persone, luoghi e sopratutto valori. Abbiamo pensato di sottoporre all’attenzione del pubblico israeliano questa visione del mondo e questa maniera di legare l’industria ai bisogni dell’uomo scegliendo uno spazio molto significativo, l’Istituto di design industriale di Holon, un distretto di Tel Aviv dove avviene la formazione dei designers di domani e dove i maestri di riferimento devono essere anche coloro che hanno avuto una visione non solo originale, ma sopratutto umanistica della tecnologia e del lavoro dell’uomo».
Come si articola la mostra e qual è il suo valore aggiunto?
Maria Sica: «L’ingresso della mostra è segnato dalla replica di una insegna storica di un negozio Olivetti affiancato da una macchina da scrivere con i caratteri in ebraico a disposizione del pubblico, proprio come nei negozi Olivetti di un tempo. Lo spazio centrale presenta l’esposizione in ordine cronologico di una selezione di macchine da scrivere iconiche di Olivetti, insieme a macchine calcolatrici e persino ai primi computer dell’azienda. C’e poi uno spazio dedicato ai flagship store Olivetti con un tavola che presenta bozzetti di caratteri Olivetti in ebraico e arabo nonché, l’evoluzione del design del logo nel corso degli anni».
Per la prima volta in Israele saranno esposte alcune macchine da scrivere Olivetti, si darà ampio spazio all’impianto pubblicitario e grafico olivettiano e sarà possibile conoscere figure, come Giovanni Pintori ed Ettore Sottsass, che hanno prestato il loro talento all’azienda. Che conoscenza offre al pubblico e in che termini sarà declinata sul piano espositivo?
Maria Sica: «Uno spazio speciale alla grafica pubblicitaria di Olivetti sarà dedicato alla Tiltan School of Design and Visual Communications di Haifa, con un’esposizione di poster come approfondimento di una delle sezioni della mostra di Tel Aviv. A Tel Aviv troviamo alcune macchine da scrivere portatili, come l’iconica Lettera 22, progettata nel 1950 da Giuseppe Beccio e disegnata da Marcello Nizzoli, entrata nelle collezioni permanenti del MoMA di New York e premiata con il Compasso d’Oro nel 1954. In mostra ci sono anche alcune macchine da calcolo, tra cui la calcolatrice elettromeccanica scrivente Divisumma 24, progettata da Natale Capellaro e disegnata da Marcello Nizzoli nel 1956, e la Summa 19, disegnata nel 1969 da Ettore Sottsass jr. e Hans von Klier, vincitrice del premio Compasso d’Oro nel 1970. Non mancano poi i primi computer Olivetti, tra cui i famosi M24, personal computer disegnato da Ettore Sottsass jr. nel 1984, e Quaderno, computer portatile disegnato da Mario Bellini nel 1992 e vincitore nello stesso anno del premio SMAU Industrial Design. Ci sono poi esempi dell’innovativo sistema pubblicitario e del design grafico della Olivetti (manifesti, annunci e video pubblicitari). In mostra Giovanni Pintori e Sottsass vengono presentati attraverso alcune delle loro più famose campagne pubblicitarie, come quelle per la macchina da scrivere Valentine e le macchine calcolatrici Olivetti, manifesti e immagini di prodotto, tra cui l’Elea 9003, e gli arredi per ufficio della linea Synthesis 45».
La mostra dedica una sezione speciale alla città di Ivrea, eletta nel 2018 a sito UNESCO come “Città industriale del XX secolo”. Che modello offre?
Maria Sica: «“Ivrea Città Industriale del XX secolo” rappresenta, nel panorama italiano e mondiale, un modello atipico di città industriale moderna e si impone all’attenzione generale come risposta alternativa ai quesiti posti dal rapido evolversi dei processi di industrializzazione novecenteschi. Diversi elementi concorrono alla sua costruzione: la presenza dell’Olivetti e l’azione di Adriano Olivetti, che crea un terreno fertile di idee e di scambi con le culture del lavoro internazionali coeve; le riflessioni sulle ricadute della produzione sul territorio elaborate dai tayloristi sociali degli anni Trenta; le idee sulla città funzionale proposte nei primi Congressi Internazionali di Architettura Moderna; la proposta comunitaria elaborata da Olivetti nel secondo dopoguerra; la felice congiuntura economica che investe la fabbrica tra il 1954 e il 1958; l’introduzione di discipline come la psicologia e la sociologia applicate direttamente alla conoscenza e al miglioramento della produzione; l’introduzione di tecniche urbanistiche innovative nella pianificazione della città e del territorio e la visione della cultura come elemento di modernizzazione sociale. Ivrea rappresenta, dunque, il possibile modello di sviluppo, fondato sulla collaborazione tra capitale e lavoro, tra lavoratori e imprese, alternativo a quello tradizionale. Il complesso di edifici di straordinaria qualità che compone la città industriale di Ivrea costituisce tra le prime e più alte espressioni di una visione moderna dei rapporti produttivi in cui le funzioni sono individuate attraverso il filtro tanto delle riflessioni sul cittadino proposte dal Movimento Comunità quanto delle nuove relazioni industriali che l’Olivetti elabora. Il Movimento Comunità, fondato a Ivrea nel 1947 sulla scorta delle riflessioni teoriche proposte da Adriano Olivetti e riguardante un nuovo ordinamento politico e amministrativo basato sulla Comunità, propone un modello economico caratterizzato da una visione collettiva delle relazioni tra lavoratori e comunità delle imprese, regolata da un’attenta attività di pianificazione, da un’attitudine dell’industria a riversare i benefici economici sul territorio, da un’innovativa politica dei servizi sociali e dall’affermazione del primato della cultura nelle azioni di modernizzazione sociale».
Rispetto a questo modello, come si pone oggi Tel Aviv in relazione all’asse motore industriale – vita culturale e sociale?
Maria Sica: «La comunità olivettiana, che si proponeva la realizzazione di una società a misura d’uomo, in cui diritti e doveri venissero posti sullo stesso piano e dove l’impresa è cultura, presenta generiche somiglianze con il kibbutz israeliano. L’esperienza olivettiana, tuttavia, è irripetibile, come sono irripetibili le condizioni esterne dove si è sviluppata».
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