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‘Ai-gerridi-d’acqua’: la mostra personale di Daiga Grantina da Cascina I.D.E.A., ad Agrate Conturbia
Opening
di redazione
Un anno dopo la sua mostra personale alla GAMeC di Bergamo (ne avevamo parlato qui), Daiga Grantina è tornata in Italia, nel Nord Italia, ad Agrate Conturbia. Il soggiorno prolungato, la cui decisione, come dice l’artista «è direttamente collegata all’ esperienza bergamasca con Sara Fumagalli, Valentina Gervasoni e Lorenzo Giusti», ha portato Grantina a sperimentare «un nuovo livello di simbolismo” nella sua pratica.
A pochi chilometri da Agrate Conturbia, dove sorge Cascina I.D.E.A., il complesso rurale trasformato da Nicoletta Rusconi Art Projects in luogo dedicato all’arte e alla sperimentazione, Daiga Grantina ci racconta di aver «sviluppato un amore per il lago d’Orta» tanto da essere «arrivata a credere debba essere l’ombelico del pianeta se il monte Tamalpais è la testa». Narra, la tradizione, che San Giulio, predicatore e guerriero vissuto nel quarto secolo dopo Cristo, volendo a tutti i costi costruire la sua centesima chiesa, si spinse fino alle rive del lago e qui, affascinato dal luogo, rimase a contemplare l’isola, la quale – si dice – fosse allora infestata da draghi e serpenti. Il santo, non trovando una barca, stese il proprio mantello sull’acqua e camminandovi sopra raggiunse l’isola.
Dunque in questo bello ed espressivo specchio d’acqua Daiga Grantina, misurando la profondità della propria natura, in un percorso condiviso con la curatrice Elsa Barbieri, ha tratto ispirazione per la sua mostra “Ai-gerridi-d’acqua” per la quale ha creato un nuovo corpus di opere, sette in tutto, che visivamente e onomatopeicamente vengono a noi custodendo il racconto di quale sia la sua pratica artistica e in che direzione stiano andando la sua sperimentazione e il suo simbolismo. Legno, inchiostri, tessuti e silicone sono i materiali cui Grantina ha affidato la sua creatività per lasciare alla vibrazione costante piena facoltà di esprimersi in tutte le infinite e potenziali direzioni. Simile vibrazione non è dissimile da quella che nel lago creano i gerridi d’acqua (una famiglia di Rincoti Eterotteri appartenenti alla superfamiglia Gerroidea) poggiando sui tarsi delle zampe medie e posteriori per muoversi e galleggiare, provocando piccole onde. La capacità di questi insetti di misurare l’esatta forza della pelle dell’acqua appare metaforicamente significativa per comprendere come il colore – centro focale della pratica di Daiga Grantina – possa espandersi nel circostante. Così dunque, non in termini di significato bensì nella potenzialità della direzione – intendendo per direzione l’unità dell’opera al di fuori di un’immaginaria cornice -, è espressione della responsabilità di percorrere materialmente l’itinerario espositivo vibrando e lasciandosi vibrare.
Listening, Flamingos, Mirror, Geometry of colors, Mantello, Map of Orta e August sono i titoli delle sette sculture in mostra che si misurano e superano la definizione di collage per inscriversi nel passaggio di mezzo, intuitivo, tra visione e cristallizzazione della forma. «Collegate alle sensazioni che provavo ora […] queste impressioni si sarebbero rinforzate, avrebbero assunto la consistenza di un tipo particolare di piacere, e quasi di un quadro d’esistenza che avevo, d’altronde, raramente occasione di ritrovare, ma nel quale il risvegliarsi dei ricordi poneva nella realtà materialmente percepita una parte abbastanza grande di realtà evocata, pensata, inafferrabile». Come Marcel Proust in La Recherce ha saputo rappresentare ambienti e situazioni attraverso una soggettività dinamica che rende il mondo esterno simbolo della realtà interiore, così Daiga Grantina si spinge nel terreno della forma che nasce dal colore per minare l’uniformità cui la nostra mente tende a rispondere e per riorganizzare la gerarchia della percezione, liberando – di fatto – il nostro punto di osservazione.