Si inaugura questa sera a Milano, in Sala delle Cariatidi e nel giardino di Palazzo Reale, l’antologica di Alik Cavaliere (Roma 1926 – Milano 1998) per, poi, ramificarsi in giro per la città, tra il Museo del Novecento, Palazzo Litta, Gallerie d’Italia, Università Bocconi e il Centro Artistico Alik Cavaliere.
Un progetto meritorio del Comune di Milano e di Palazzo Reale che illumina al grande pubblico il percorso di ricerca di uno dei maggiori scultori italiani della seconda metà del XX secolo. Misconosciuto ai più per colpa di quella strisciante, quanto velenosa, “damnatio memoriae” a cui è stata condannata in contumacia la figurazione che ha attraversato gli ultimi decenni in Italia. A causa di un pregiudizio ideologico e, in quanto tale, insensato perché l’arte dovrebbe essere il territorio della libertà, e non della dittatura di un’ideologia. Soprattutto, poi, quando è incalzata dal mercato.
Ciononostante Alik Cavaliere ha continuato a scolpire con rigore e coerenza, a fare ricerca lontano dai facili isterismi e dalle provocazioni, spesso completamente sterili, di un certo versante (a lungo dominante) dell’arte contemporanea. Con un approccio etico, prima che estetico. È quanto emerge con evidenza lungo il percorso espositivo che si snoda a Palazzo Reale, dalle sue monumentali Metamorfosi dei tardi anni Cinquanta all’innovativo personaggio “Gustavo B.” dei primi anni Sessanta, protagonista di un racconto composito sulle tante esperienze dell’uomo del tempo, accostato a Bimecus, una valigetta “fai da te” contenente elementi in bronzo e legno, un tempo componibili anche dall’osservatore per entrare in sintonia con l’autore. Oppure in capolavori come Quae moveant animum res. Omaggio a Magritte (1963) o nel famoso Monumento alla mela (1963).
La mostra prosegue, poi, sul tema della “gabbia”, ricorrente nella poetica dell’artista, quale simbolo dei limiti e delle costrizioni che incombono sull’uomo; una condizione ben rappresentata in E gli uomini vollero piuttosto le tenebre che la luce (1967). Ed ecco qui l’elaborazione di quella lungimirante metafora della “gabbia d’acciaio” introdotta da Max Weber sul crinale del XIX secolo, in riferimento alle costrizioni provenienti dall’economia capitalistica e dalla burocrazia nella società contemporanea. Che oggi, a buon diritto, è possibile estendere al post-capitalismo e alla post-globalizzazione. Perché, ieri come oggi, la “gabbia” di Cavaliere incarna quel senso di oppressione di qualche cosa a cui non riusciamo proprio a sfuggire.
Di grande rilievo sono anche le sculture monumentali come Albero per Adriana (1970) e Mezzo albero (1971) e, negli anni Novanta, l’irripetibile installazione della Grande pianta. Dafne (cm 450x410x400). (Cesare Biasini Selvaggi)
INFO
Opening: ore 18:00
Alik Cavaliere. L’universo verde
dal 27 giugno al 9 settembre 2018
a cura di Elena Pontiggia
Palazzo Reale, Sala delle Cariatidi e Giardinetto
piazza Duomo 12, Milano
ingresso gratuito
orari: lunedì 14.30-19.30. Martedì, mercoledì, venerdì e domenica 9.30-19.30. Giovedì e sabato: 9.30-22.30. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
www.palazzorealemilano.it
altre sedi della mostra: Centro Artistico Alik Cavaliere, Museo del Novecento, Palazzo Litta, Gallerie d’Italia – Piazza Scala, Università Bocconi