A Capri, alla Certosa di San Giacomo, inaugura oggi, 11 ottobre “Fons vitae”, la personale di Antonio Ievolella (1952, Benevento), a cura di Virginia Baradel, Valerio Dehò, Andrea Del Guercio e allestita negli spazi della Cappella di San Bruno, del Chiostro grande e del Chiostro piccolo.
La mostra è realizzata in collaborazione con la Direzione regionale Musei Campania e con l’Ufficio Servizi Educativi della Certosa di San Giacomo a Capri.
«”Fons Vitae” è un’installazione complessa, ricca di significati. È costruita come una specie di corteo che procede di otre in otre penetrando negli spazi assorti, luminosi e sacri della Certosa di Capri. Rappresenta un culmine nell’opera di Antonio Ievolella che conduce con essa la sua arte verso una felice sintesi tra la solidità della forma plastica e l’intima trascendenza della forma simbolica. Anfore di terracotta, avvolte di segni, e canne di ferro che le tengono sollevate; corpi che conoscono la gravità e impalcati lineari che formano un ponte per tenerle sospese e farle avanzare nel solenne silenzio dei chiostri», con queste parole Virginia Baradel, del team curatoriale, ha scritto il progetto.
«Il tema dell’acqua è centrale nel lavoro dello scultore Antonio levolella. Ad essa ha dedicato opere monumentali assai importanti: due ghirbe giganti in ferro e rame di oltre 13 metri di altezza, sono state acquisite dall’Università di Padova e collocate nella piazza della Cittadella dello studente. La ghirba – l’otre, la borraccia – come contenitore per portare con sé l’acqua non è estranea, oltretutto, alla figura del pellegrino così importante nella vicenda e nell’iconografia di San Giacomo», ha proseguito l’organizzazione.
«L’allestimento ha come motivo ispiratore l’acqua e così i 30 otri di terracotta su strutture di ferro in sospensione sono dei veri e propri vasi – grembi che costituiscono la forma plastica scelta dall’Artista quale motivo ricorrente delle installazioni. L’otre diventa un dispositivo simbolico che allude all’uomo e alla sua unicità e, in particolare, al monaco nel suo silenzioso e volontario isolamento, pur all’interno di una dimensione collettiva», ha spiegato l’organizzazione.
Nella Cappella di San Bruno è collocata un’installazione che «consta di 7 otri in terracotta nelle quali domina il bianco in relazione al colore dell’abito certosino e al numero dei compagni che seguono San Bruno nella Curia pontificia, luogo in cui il papa Urbano Il concede il breve apostolico, il primo documento pontificio che riconosce la fondazione dell’Ordine certosino».
Nel Chiostro piccolo, invece, si trova un’installazione costituita da «12 otri, in relazione al numero dei Padri che abitavano nella Certosa di Capri, disposte nella galilea del chiostro a pianta quadrata, ove l’importanza dell’acqua è ben visibile per la presenza di un pozzo e dei canali di scorrimento, elementi fondamentali per la raccolta dell’acqua piovana che dai tetti viene condotta fino alla cisterna del chiostro grande. La tredicesima otre, in riferimento alla figura del Priore, guida spirituale della comunità certosina, sarà collocata sul tetto della Sala del Capitolo, luogo in cui ci si riunisce per la discussione dei problemi più importanti e dove, con votazione segreta, si elegge il Priore».
Nel Chiostro grande, «nel riquadro rettangolare accanto al finto pozzo, che un tempo ospitava il cimitero dei Padri, saranno collocate decine di occhi in ceramica dipinta, nell’atto di guardare verso il cielo, metafora del Sole che trionfa sulle tenebre. L’acqua e la luce alla fine si collegano, dunque, al trionfo della vita sulla morte. Il tema della luce nella Certosa di San Giacomo è fonte della nitida visibilità, della plastica evidenza degli elementi architettonici, delle volte di apertura, dei pilastri e delle arcate dei chiostri. A tale diurna luminosità fa da contrappunto la luminescenza fonda, nascosta dentro alla materia, dentro all’acqua tempestosa. Pure nell’interno “uterino” degli otri si cela l’acqua che non si vede, che non ha luce sin tanto che non si espone sgorgando dal grembo-contenitore. L’occhio che vede la luce è legato a doppio filo all’otre, è della stessa sua natura plastica, materica e cromatica».
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