Presentata oggi alla stampa Artissima Unplugged in un Torino costretta a frenare bruscamente quell’entusiasmo che nonostante i tempi difficili l’aveva portata a organizzare un art week con proposte fresche, che rispondessero alle esigenze di una fruizione delle fiere e dell’arte sconvolte dalla pandemia.
Con “Stasi Frenetica” la formula di Artissima Unplugged porta 158 opere delle gallerie selezionate per l’edizione 2020 all’interno di tre istituzioni museali appartenenti al circuito di Fondazione Torino Musei (GAM – Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea, Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica e MAO Museo d’Arte Orientale, fino al 9 gennaio 2021) e risulta particolarmente calzante e promuove un nuovo modello che potrebbe rivelarsi virtuoso tanto per la fiera quanto per i musei.
Una proposta che andrebbe replicata anche in futuro, in tempi di “normalità”: estendere il periodo espositivo di una selezione di opere nelle sale museali e portarlo a due o tre mesi, ben oltre l’effimera durata dei giorni dell’evento fieristico, permetterebbe alla città (e anche a quel pubblico che si taccia sempre di essere a digiuno di arte contemporanea) di offrire un percorso integrato tra patrimonio storico – spesso appannato – e dinamicità delle proposte delle gallerie.
Chissà, magari si potrebbe arrivare a pensare a fiere di dimensioni ridotte, ma diffuse nel tessuto urbano della città, in un’interazione che potrebbe andare a integrarsi (con i dovuti accorgimenti per evitare conflitti di interesse) al meccanismo delle acquisizioni pubbliche. Sempre che con i tempi che corrono i musei pubblici possano permettersi di comprarsi qualcosa nel prossimo futuro.
Ma torniamo a Torino: nelle ore dell’ennesimo “nuovo” DPCM (che doveva entrare in vigore oggi, posticipato a domani a causa del braccio di ferro tra Regioni e Governo) fa veramente male vedere il colpo – l’ennesimo – sferrato al comparto dell’arte che, lo ribadiamo per l’ennesima volta, era pronto ad agire e a ospitare il pubblico in tutta sicurezza, tra percorsi distanziati e termometri all’ingresso. Che poi, pensiamo anche a questo, il pubblico di quest’anno sarebbe stato pressoché locale, e l’arte avrebbe funzionato davvero come un momento “libero” tra la selva di nuove restrizioni. Fa male ascoltare i racconti dei taxi, così precisi nel raccontare dei loro guadagni esattamente dimezzati, e camminare dopo le 18 in una città spettrale che di questi tempi sarebbe stata viva ed eccitante. Ma soprattutto fa male perché Artissima “Unplugged”, specialmente alla GAM, si dimostra un progetto sensato e compiuto.
Ilaria Bonacossa, direttrice di Artissima, ha dato il benvenuto all’anteprima di una mostra surreale, distillato di una fiera ripensata più e più volte, per far fronte alla pandemia ma anche all’economia, che per ora non potrà vedere la luce e che forse dovrà essere prorogata per essere finalmente vista e vissuta. Le opere, a questo punto, potrebbero quasi passare in secondo piano, ma anche in questo caso il disegno è organico: ci sono accostamenti POP e “Notturni” tra pittura e installazione al primo piano della GAM, mentre al meno uno giovani artisti che hanno lavorato durante il lockdown della scorsa primavera dando forma a disegni o quadri-scultura dall’effetto catartico e inquieto; ci sono opere dedicate al tema dell’energia e della forza, da Arcangelo Sassolino a Gosmaro a Sighicelli; le geometrie di Mario Nigro e Alice Ronchi, e il benvenuto muscolare di Joseph Kosuth con i quadranti di Adrien Missika dedicati alle emozioni umane, tra cui la paranoia…compagna fedele di ognuno di noi in questo momento storico; le immagini del no di Paola Mattioli e i cambi di genere dei protagonisti di grandi romanzi di Daniela Comani, con le ironie pittoriche di Valerio Nicolai o le immagini più “politiche” di Margherita Moscardini, per rimanere tra gli italiani, senza citare Monica Bonvicini o Kendell Geers. Tutti riuniti, vecchie glorie e nuovi miti, come in fiera, appunto, in un range di prezzi (da oggi consultabili sul catalogo online di Artissima), che va dalle poco migliaia a diverse centinaia di migliaia di euro. Bella l’installazione delle opere nell’area romana di Palazzo Madama, dove sono ospitate le gallerie della sezione “New Entries”, mentre al MAO si va sul tema orientale, confondendo l’arte contemporanea con le dinastie. E facendo scoprire anche un museo che è un gioiello. O meglio “che avrebbe fatto scoprire”. Speriamo sia solo questione di tempo, in generale.
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