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‘Reti frattali; sistemi in relazione’: Fernando Garbellotto alla Fondazione Bevilacqua La Masa
Opening
di redazione
Oggi, 2 settembre, dalle 18 alle 20, negli spazi di Palazzatto Tito, sede della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, inaugura la mostra di Fernando Garbellotto “Reti frattali; sistemi in relazione”, «una ricognizione, attraverso un focus sulla produzione più recente, sul lavoro dell’artista che da diversi decenni prosegue la sua indagine sullo sviluppo del concetto di frattale in arte», hanno anticipato gli organizzatori.
«L’esposizione – hanno proseguito – propone, in una selezione di venticinque opere realizzate tra 2019 e il 2022, le caratteristiche reti frattali, complessi lavori concepiti come veri e propri sistemi che traggono la loro forza non dai singoli elementi ma dall’interazione tra essi. Le reti frattali costituiscono la peculiarità della produzione artistica di Fernando Garbellotto che, dalla fine degli anni ’80, affascinato dalle teorie di Benoit Mandelbrot sul caos e sui frattali e sul superamento della geometria Euclidea nella rappresentazione della natura, traccia un nuovo campo di indagine e si avvia verso nuove rappresentazioni iconografiche. Garbellotto compone infatti il suo lavoro annodando strisce di tela pittorica che si ripetono costantemente in maniera simile a quanto avviene nei frattali creando una trama di interrelazioni, la rete, punto di arrivo del passaggio dall’insieme al sistema.
Ne abbiamo parlato con l’artista nell’intervista qui sotto.
Come è nata la personale Reti frattali, sistemi in relazione ?
«Questa personale alla Fondazione Bevilacqua La Masa era stata programmata per il maggio del 2020, a causa della pandemia è stata riprogrammata per settembre di quest’anno.
Nel titolo si parla di sistema: in fisica si ha sistema allorquando le proprietà del tutto sono superiori alla somma delle proprietà delle singole parti e le reti che realizzo (adottando gli usuali mezzi a disposizione dell’artista: tele e colori) vogliono essere la rappresentazione più elementare e schematica di sistema. Esse infatti non sono altro che delle strisce di tela annodate tra loro. È evidente che le strisce sono un insieme, la rete invece è sistema in quanto le sue proprietà sono superiori alla somma delle proprietà delle singole strisce.
Nel titolo della mostra si parla però di “sistemi in relazione” e questo concetto di relazione va riferito alla recentissima interpretazione relazionale della teoria dei quanti.
L’idea alla base di questa teoria, messa a fuoco da Carlo Rovelli, appare tanto affascinante quanto rivoluzionaria; essa sostiene che a livello di particelle (ma il concetto rimarrebbe inalterato anche se parlassimo di oggetti più complessi) le stesse esistono o meno a seconda che interagiscano o meno con altre particelle. In sostanza, per dirla con le parole dello stesso Rovelli: “Parlare di oggetti che non interagiscono è parlare di cose che non ci riguardano. Non si capisce neppure bene cosa significherebbe dire che simili cose esistono. Il mondo che conosciamo , che ci riguarda, che ci interessa, ciò che chiamiamo realtà, è la vasta rete di entità in interazione, che si manifestano una sull’altra interagendo, e della quale facciamo parte: è di questa rete che ci stiamo occupando…”».
Quali aspetti della sua ricerca emergono, in particolare, dal percorso espositivo ?
«Nella mostra sono esposte 25 reti frattali di recente produzione, realizzate negli ultimi 3,4 anni. Dominante rimane l’aspetto concettuale della rete che a mio avviso può ormai essere considerata l’icona che meglio rappresenta e sintetizza questi nostri anni. In effetti l’avvento del “pensiero a rete” sta ispirando il modo di intendere e rappresentare la lunga storia della conoscenza scientifica che oggi non viene più descritta con l’immagine di un tetragono edificio edificato lentamente nel corso dei secoli sulla base di solide fondamenta (di Galileo e di Newton) bensì come una rete continua e flessibile di relazioni di conoscenza che si autoproduce spontaneamente.
Il pensiero a rete sta inoltre conquistando una posizione sempre più centrale sia per la comprensione dei complessi rapporti sociali sia per la comprensione della “Ecologia profonda”, intesa come studio delle relazioni che legano fra loro tutti gli abitanti del pianeta, siano essi appartenenti al regno animale che a quello vegetale.
Per aggiungere un’ultima annotazione tecnica possiamo segnalare che, a differenza delle reti realizzate fino a qualche anno fa dove predominava il bianco e nero, in queste ultime reti qui esposte vengono introdotti molti colori che intendono rendere i lavori più godibili».
Può indicarci un paio di lavori esposti a cui prestare particolare attenzione per approfondire il Suo lavoro?
«Voglio segnalare l’intera quarta sala dove sono presentate sei reti frattali in successione dedicate alla sequenza matematica dei numeri di Fibonacci, grande matematico del ’200, affascinato dalla magia di certi numeri in successione progressiva spesso spontaneamente e misteriosamente presenti in natura.
In aggiunta alle venticinque reti frattali, nell’ultima saletta del Palazzo Tito, viene anche proiettato il mio video Fractal Net Singing, realizzato nel 2010 con la collaborazione alla regia di Giancarlo Marinelli e la cui colonna sonora è stata composta per l’occasione dal Prof. Renato Miani e da Elisa Toffoli.
Questo video è stato presentato nel Padiglione Italia alla 54ma Biennale di Venezia e, sempre nel 2011, alla 68ma Mostra internazionale d’arte cinematografica al Lido di Venezia».
Quali sono i suoi progetti futuri?
«Dopo questa mostra che si chiuderà il 9 ottobre l’impegno più immediato sarà a Roma alla seconda edizione di “Arte in nuvola” con la galleria veneziana di Marina Bastianello.
L’ambizioso progetto al quale sto pensando da qualche tempo è quello di una mostra/evento/convegno dedicato ad Arte e Scienza. Sono convinto che la vera forza che deve accomunare arte e scienza è quella di non aver paura di ripensare il mondo.
Le recenti scoperte della fisica quantistica (con la teoria relazionale in testa) stanno scuotendo le fondamenta della fisica tradizionale ed hanno ormai detronizzato verità che parevano ormai acquisite ed immutabili. La realtà non è quella che ci appare.
Gli stessi concetti assoluti di Spazio e Tempo ispirati alle idee di Newton e che sono stati alla base di molti movimenti artistici del novecento, primo fra tutti quello dello Spazialismo, ormai drasticamente non sono più veri.
C’è bisogno di ripensare e riscrivere il mondo: la Scienza lo sta facendo, vorrei che anche l’Arte facesse la sua parte».