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Il più famoso labirinto della storia è, certamente, quello di Cnosso, a Creta, percorso da Teseo che, dopo aver ucciso il Minotauro, ne uscì grazie al leggendario filo offertogli da Arianna. Ma al di là dei suggestivi racconti della mitologia greca, il labirinto è la rappresentazione grafica più efficace di un percorso a ostacoli, il cui traguardo finale è riservato soltanto a coloro che hanno la capacità di superarne gli intrichi e gli inganni di cui è disseminato. Alla “Maze Runner”, per gli amanti delle recenti pellicole di fantascienza.
Non tutti sanno, forse, che il più grande labirinto esistente, composto interamente di piante di bambù (in totale sono circa 200 mila), alte tra i 30 centimetri e i 15 metri, si trova in Italia. Esattamente a Fontanellato, un borgo ricco di storia in provincia di Parma. Il suo nome è Labirinto della Masone (nella foto in homepage), nato da un’idea del noto editore, designer e bibliofilo Franco Maria Ricci, e da una promessa da lui fatta nel 1977 allo scrittore argentino Jorge Luis Borges, affascinato da sempre dal simbolo del labirinto, visto anche come metafora della condizione umana. In questo Eden della natura sorge pure il museo con la collezione di Franco Maria Ricci, che comprende oltre 500 opere fra dipinti, sculture e oggetti d’arte, dal XVI al XX secolo, da Bernini a Fontana. E, da oggi, ospita la retrospettiva di Carlo Mattioli, uno dei grandi pittori italiani del secondo Novecento anche se, a oltre venti anni dalla morte, non gode della popolarità che merita. Un artista solitario e con la dedizione assoluta alla disciplina dell’arte, essenziale, contemplativo, ma affascinante nella sua sobrietà, con una pittura che riesce a catturare profumi, materie, atmosfere, a vagare dall’arte antica a quella contemporanea e, nel contempo, a tingersi di forti suggestioni letterarie, derivate dalla conoscenza e dalla frequentazione di poeti e letterati come Luzi, Bertolucci, Testori e Garboli.
Tra qualche ora attende il pubblico una selezione di circa sessanta opere dell’artista emiliano, molte delle quali inedite, dal 1961 al 1993, con i dipinti più rappresentativi dei cicli che lo hanno reso noto: dagli intensi “Nudi” alle materiche “Nature morte”, dai rivisitati “Cestini del Caravaggio” ai poetici “Alberi” e ai personalissimi “Ritratti”, dai “Paesaggi” alle “Spiagge” della Versilia, fino ai “Campi di grano e papaveri”.
Ma, guardando oltre alle necessarie “etichette” classificatorie di cicli e periodi, nella mostra odierna spicca un unico grande tema, omnicomprensivo, quello della natura (anche umana), declinata nelle sue infinite varietà di cui Mattioli, come pochi, riesce a restituirne l’essenza, in una figurazione sempre sul crinale dell’astrazione, che si perde perfettamente nei meandri lussureggianti del Labirinto della Masone. Quanti dei visitatori riusciranno a trovare l’uscita dal labirinto? Delle visioni di Mattioli, si intende. Per quello di bambù basta seguire l’apposita segnaletica. (Cesare Biasini Selvaggi)
In alto: Carlo Mattioli, Paesaggio, 1980 (Collezione privata)