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C’era una volta una Casa Rossa…

di - 8 Settembre 2018
Sono 2.100 i metri quadrati a disposizione dei dodici artisti in residenza quest’anno per la VI edizione dell’Apulia Land Art Festival. Misura della memoria, delle storie e dei percorsi che riguardano Alberobello e la Casa Rossa che ne ospita le opere. Ed è un numero la guida simbolica dell’itinerario che le unisce, legate tutte da un rigore formale, estetico e metaforico che pare moltiplicare l’importanza che i numeri stessi hanno avuto nella storia agricola ed esoterica di questo territorio. Opere esito formale dei giorni trascorsi, dal 29 agosto scorso, dagli artisti invitati a stretto contatto con un’architettura sulla quale vale spendere un breve excursus.
Dal 2012 a oggi, l’Associazione UnconventionART per l’Arte Mai Vista ha scelto per l’Apulia Land Art Festival, di volta in volta, luoghi e, appunto, misure, diversi – Ceglie Messapica, Specchia, Ostuni, Cassano Murge e Margherita di Savoia – apportando un contributo considerevole in territori non istituzionalizzati nel sistema dell’arte contemporanea.
Ma con la scelta della memorabile Alberobello, sito World Heritage dell’UNESCO profondamente connotato, il festival pugliese ha “sfidato” gli artisti, riuscendo a valorizzare allo stesso modo arte e location, e a impreziosire ulteriormente quel lembo di terra che coinvolge le provincie di Bari, Brindisi e Taranto, tanto da inserirsi tra le celebrazioni per l’Anno Europeo del Patrimonio Culturale 2018.
L’incontro tra i fondatori Carlo Palmisano e Martina Glover con Riccardo Strada della Fondazione Casa Rossa, ha acceso l’attenzione su una struttura ancora poco conosciuta d’innegabile impatto, che con questa iniziativa risorge dall’abbandono. 2.100 metri quadrati si diceva, in collina e in posizione salubre, di ricca e varia vegetazione mediterranea e ingegneria edilizia regionale. La casa è stata realizzata alla fine del XIX secolo, dapprima con destinazione di scuola e poi di convitto, ma dal 1940 durante la dittatura fascista, con l’entrata in guerra dell’Italia e le persecuzioni antiebraiche, è divenuta macabro campo di concentramento, fino al 1949. Qui furono deportati cittadini stranieri e, negli anni successivi, vi furono internati donne e bambini, quindi interi gruppi familiari di “displaced persons”. Campo di concentramento, di internamento, dunque, ma anche di transito, confino e prigionia per profughi sino alla metà degli anni Cinquanta, quando da “campo” è tornata “casa”, di rieducazione minorile maschile, sino a essere definitivamente abbandonata a fine anni Settanta. 
Dal 2007 la Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Puglia l’ha dichiarato bene di interesse storico-artistico, sottoposto a tutela, per non disperdere la memoria di quanti l’hanno abitata nel cosiddetto “Secolo breve”, ma lungo di pagine drammatiche.
Ed è così che in questi giorni, e fino al prossimo 9 settembre, la Casa Rossa torna a essere luogo di accoglienza per artisti “residenti” in transito, di provenienza nazionale e internazionale: Gianfranco Basso (nella foto in alto), Aldo Del Bono, Francesco Di Tillo, Ciro Amos (Chiro) Ferrero, Giovanni Gaggia, il duo Lu.Pa, Gabriel Mancini Holzapfel, Benny Mangone, Aischa Gianna Muller, Massimo Ruiu e Raffaele Vitto. I loro progetti sono stati selezionati, infatti, dal curatore Carmelo Cipriani, anche in base alla sostenibilità ambientale e alla relazione e interazione con il contesto.
Tra gli altri che hanno sapientemente “maneggiato” e interpretato il paesaggio, ognuno con la propria specificità poetica e tecnica, si distingue il progetto performativo intitolato 12+1 Il silenzio dei vivi che avrà luogo nelle giornate di sabato e domenica, e che omaggia Elisa Springer, famosa sopravvissuta ad Auschwitz che ha personalmente visitato Casa Rossa nel 2001, chiedendone per prima una salvaguardia “culturale”.
Si affianca a questa pregevole proposta la sezione di “Installazioni ambientali” disseminate ad Alberobello, a cura di Giuseppe Capparelli, con la partecipazione di Vera Belikova, Pietro De Scisciolo, Sarah Johnston, Francesco Petrone e Alberto Timossi.
Nella terza e ultima giornata di appuntamenti in calendario, la giuria di questa VI edizione assegnerà “Il Premio d’Arte” per le due sezioni: non un premio in denaro, ma l’opportunità – che l’organizzazione ha ritenuto più concreta e importante –  di partecipare alla residenza d’artista del Condominio-Museo VIADELLAFUCINA16 di Torino.
Il vincitore riceverà, inoltre, la scultura-trofeo realizzata per l’occasione da Pietro Guida. Al nome del quale si affianca quello di Ninì Santoro, la cui opera costituisce la sezione “Progetto Speciale” curata da Fabio De Chirico.
L’Apulia Land Art Festival 2018 è dedicato alla compianta Jolanda Spagno, scomparsa una settimana fa, che era stata invitata a partecipare con un progetto site specific. (Cristina Principale)

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