Laura Marelli, dal 1980 titolare e custode della storica maison Gallia e Peter, nata nel 1930 a Milano, e Nicoletta Rusconi, ideatrice di Bite&Go, hanno concepito in occasione del Salone del Mobile 2024 un’originale mostra di 14 cappelli – un esempio importante della couture e della manifattura sartoriale italiana del secolo scorso e di quello in corso – accoppiati a opere di piccole dimensioni degli artisti Sveva Angeletti, Giulio Bensasson, Aaron Bezzina, Manuela Carrano, Giovanni Chiamenti, Michele Chiossi, Martina Cioffi, Alessandro Costanzo, Ilaria Cuccagna, Giovanni De Francesco, Giovanna Ferrero Ventimiglia, Giulio Frigo, Alberto Gianfreda, Franco Guerzoni, Eduard Habicher, Gianni Lillo, Francesco Maccapani Missoni, Guglielmo Maggini, Alissa Marchenko, Camilla Marinoni, Yari Miele, Pierre-Etienne Morelle, Gianni Moretti, Damir Očko, Ozmo, Gianluca Patti, Matteo Pellegrino, Francesca Piovesan, Giusy Pirrotta, Jaime Poblete, Stefania Ruggiero, Vanessa Safavi, Paolo Santangelo, Luca Staccioli, Henrik Strömberg, Studioutte, Devis Venturelli, Tatiana Villani, Lucrezia Zaffarano e Zohreh Zavareh.
«Dal dialogo tra cappelli-scultura d’ispirazione futurista aperta a molteplici linguaggi dell’arte del presente – scrive Jacqueline Ceresoli nel testo che accompagna l’esposizione – nasce una forma non unica di creatività, ma diverse modalità di intreccio tra le arti visive e design, all’insegna della contaminazione e rigenerazione dello sguardo. E quando la moda e l’arte si incontrano, con la mostra Chapeau!, tutto è Arte del rinnovamento connessa alla vita, aperta a futuri possibili in cui nulla è scontato. D’altra parte, i codici della moda, come ha scritto Umberto Eco sono labili e soggetti a continue mutazioni a seconda dei luoghi e dei tempi, nonché all’usura del conformismo. L’arte contemporanea non invecchia ed è metamorfica per necessità e va al di là di immediate comunicazioni e informazioni del nostro tempo; è un linguaggio soggettivo tendente all’universale, dinamico e carico di significati, simboli con soluzioni formali che dipendono dallo sguardo, dalla sensibilità dei fruitori e dal contesto culturale e sociale in cui si generano».
Prosegue, Ceresoli, affermando che «sull’eredità futurista, la mostra milanese, astorica, irriverente e divertente espone artefatti, pezzi unici basati su principi geometrici del movimento d’avanguardia, microarchitetture a forme di cappelli-scultura che messi a confronto per la prima volta con opere di artisti e materiali differenti, suggeriscono dinamici approcci alla lettura del presente. Il trait d’union oltre alla convergenza tra arte e moda, passato e futuro, fa luce sulle attitudini rigenerative della immaginazione, volte a superare meccanismi effimeri e a testimoniare quanto il nuovo consiste nella nostra capacità di creare estetiche, guardando al passato che non passa. Queste opere frutto di sensibilità, esperienza e poetica diverse, dalle forme e funzioni estetiche innovative, integrano il materiale al colore, in maniera dinamica al vorticoso ritmo della modernità complessa e comunque sorprendente. Sappiamo che la storia è fatta di continuità e di rotture che si succedono in un intreccio complesso, ma in questi cappelli, sculture, disegni, pitture, assemblaggi polimaterici, c’è la storia del nostro sguardo postmoderno che indaga un gusto non omologato alla cultura digitale. Osservando le opere esposte, scopriamo come le forme e il colore hanno cambiato il nostro modo di percepire il mondo».
«Il progetto della mostra attuale – ha scritto Georgia Cadenazzi – nasce da una visione non lontana da quella del Futurismo storico che attribuiva all’arte una valenza onnicomprensiva, dialogante, che permeasse ogni aspetto dell’esistenza, non limitandosi alle tradizionali forme espressive della creatività ma che aveva l’ambizione di soffondere ogni aspetto della vita, in particolar modo quello produttivo. Il contrappunto fra le opere scelte da Nicoletta Rusconi e i cappelli/scultura ben illustra quanto un approccio, in cui la visione artistica trascende i limiti tradizionalmente imposti a favore di una immersione nel flusso inarrestabile della vita, della tecnica e della storia, sia ancora di grande attualità creando una esposizione vivace ed elegante».
E dunque, Chapeau!
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