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Chen Zhen al Pirelli Hangar Bicocca. Le foto
Opening
Da oggi al 21 febbraio 2021, Pirelli HangarBicocca presenta “Short-circuits” [cortocircuiti], la prima grande retrospettiva dedicata all’artista Chen Zhen (1955, Shanghai – 2000, Parigi) in Italia. Curata da Vicente Todolí, “Short-circuits” è stata concepita come un’esplorazione immersiva nella pratica artistica di Chen Zen. I lavori presenti, disposti negli oltre 5mila metri quadrati delle Navate e del Cubo di Pirelli HangarBicocca, sono tra i più significativi, realizzati tra il 1991 e il 2000.
La mostra riprende il concetto di fenomeno del cortocircuito, avanzato dall’artista stesso, ossia «Lo svelamento del significato recondito dell’opera d’arte nel momento in cui viene spostata dal contesto originale per cui era stata concepita in un luogo diverso». Chen Zhen va oltre il dialogo Occidente-Oriente, rendendo la contaminazione culturale e simbolica il proprio modus operandi artistico. La produzione di Chen Zhen, orientata verso l’installazione, riflette, infatti, il suo desiderio di trovare una sintesi visiva tra le contaminazioni provenienti dal suo Paese e dai luoghi del mondo con cui entra in contatto. L’artista ha coniato il termine di transesperienze, termine che indica la combinazione profonda tra le diverse esperienze vissute, quando ci si sposta da un luogo ad un altro. Inoltre, nelle opere dell’artista – cresciuto in una famiglia di medici – emerge una particolare sensibilità e attenzione rivolte al corpo umano, agli elementi che lo compongono.
Chen Zhen, scomparso nel 2000 a causa di una malattia autoimmune che permea tutto il suo lavoro, dichiarava: «Fare arte ha a che fare con il guardare se stessi, esaminare se stessi e come si vede il mondo».
In “Short-circuits” si affrontano questioni quali la globalizzazione, il consumismo, il superamento dell’egemonia dei valori occidentali e l’incontro tra culture diverse. Centrale per Chen Zhen è la trasformazione della Cina in una società capitalista. Il percorso espositivo inizia con Jue Chang, Dancing Body – Drumming Mind (The Last Song) (2000), un’installazione monumentale composta da numerose sedie e letti provenienti da diverse parti del mondo e ricoperti di pelli, a suonare come tamburi, e si chiude con il lavoro Jardin-Lavoir (2000), realizzata trasformando undici letti in vasche-tombe, ognuna delle quali carica oggetti quotidiani. Ingresso libero, accompagna la mostra un catalogo edito da Skira.