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‘Chernobyl 35 Years Later’, il VR project di Desiderio su Lieu.City
Opening
di redazione
Sulla piattaformahttps://lieu.cityLieu.City da oggi, 26 aprile, sarà possibile visitare il VR project di Desiderio (1978, Milano) “CHERNOBYL 35 Years Later”, a cura di Chiara Canali e presentato dall’Associazione culturale Art Company, per commemorare l’incidente nucleare avvenuto la notte del 26 aprile 1986.
Lieu.City è la prima piattaforma social permette di visitare ambienti espositivi in realtà virtuale, senza il bisogno di app o programmi da scaricare, e il progetto espositivo virtuale «raccoglie alcuni cortometraggi e una serie di opere pittoriche realizzate nel 2009 in occasione della mostra Apocalipse Wow! al Macro Testaccio. I quadri simulano, in chiave post-apocalittica, un pianeta appena devastato da una distruzione rovinosa, nel quale si muove lentamente una chiocciola gigante, cavalcata dall’artista che indossa una maschera a gas», ha spiegato la curatrice.
Le parole di Chiara Canali, curatrice, e di Desiderio
Come è nato il progetto espositivo “CHERNOBYL 35 Years Later” su Lieu.City?
Chiara Canali: «Il progetto è nato a seguito dell’invito di Deodato Salafia, imprenditore nell’ambito culturale e ideatore della piattaforma Lieu.city, di collaborare allo sviluppo di progetti curatoriali di arte contemporanea che avessero un’attrattiva anche per un pubblico più ampio. La costruzione di un progetto in VR, nell’affrontare un tema di forte impatto storico e sociale, ci ha permesso di realizzare in pochissimo tempo, una mostra con una forte suggestione multimediale e poli-sensoriale, sfruttando tutte le potenzialità visive, materiche, sonore, espressive dell’allestimento e del percorso, abbattendo le barriere spazio/temporali e le difficoltà che avrebbe comportato la realizzazione, nella realtà fisica, di una mostra come questa».
Quali aspetti della storia di Chernobyl indaga, in particolare, la mostra?
Chiara Canali: «La mostra, fin dalla progettazione della pianta espositiva, ci trasferisce all’interno dell’edificio della centrale nucleare a fissione Vladimir Ilič Lenin di Chernobyl: l’idea è quella di entrare in uno spazio chiuso, claustrofobico e labirintico, una sorta di bunker freddo e asfittico, con le pareti in cemento armato o in muratura ammuffita.
Lo spettatore si trova a ripercorrere vari aspetti del disastro umano e ambientale di Chernobyl attraverso gli occhi visionari dell’artista: non si tratta dunque di un’indagine documentaristica, ma di un approccio intimo e visionario, che rilegge un racconto storico alla luce delle sue conseguenze sull’uomo e sulla natura: personaggi che indossano maschere a gas, bambini sorridenti che abbracciano animali domestici bicefali o affetti da strane affezioni di duplicazione genetica, foto ricordo d’epoca alternate a propagande russe che inneggiano al progresso, giocattoli abbandonati qua e là, macerie, distruzione e devastazione tutt’intorno».
Il ciclo di opere esposto è del 2009, qual è la sua storia espositiva? Ci sono aspetti del percorso espositivo che possono esprimere nuove potenzialità attraverso la virtualità della mostra?
Chiara Canali: «Le opere dedicate a Chernobyl si trovano a cavallo tra due serie a cui Desiderio stava già lavorando tra il 2008 e il 2009: I love my Queen e Bluesky. Prima di allora l’artista si era soprattutto dedicato alla narrazione del mondo dell’infanzia, realizzando un video all’interno di un ex orfanotrofio che chiamavano “La bastarderia” e un giorno, cercando sul web, gli sono apparse foto di bambini che avevano vissuto la terribile esperienza del disastro della centrale di Chernobyl. Così sono nati i lavori intitolati Chernobyl e poi la serie di opere Bluesky, ideate per la mostra “Apocalipse Wow!” al MACRO.
Questo progetto virtuale ha permesso di ricucire assieme un puzzle di opere, anche quelle nate successivamente al 2009, e di vederle virtualmente insieme in un percorso che assume senso e significato riletto a posteriori.
Chernobyl, alla fine, non è altro che un pretesto per rileggere i disastri nucleari con conseguente contaminazione radioattiva che si sono ripetuti nella storia dell’umanità, da Hiroshima e Nagasaki a Fukushima nel 2011».
Come si colloca questo ciclo di opere nella tua ricerca più generale?
Desiderio: «Forse dirò una frase contradditoria sono un pittore ma non dipingo. Mi spiego meglio. Andando a fondo nel mio lavoro, considero la pittura come una traccia, un frammento di un percorso più articolato che lega alcuni episodi della storia dell’umanità alle mie personali visioni e sensazioni. Il ciclo Bluesky che parla “anche” di Chernobyl è un percorso che si compenetra sempre con simbologie personali e la pittura supporta o “fotografa” quel momento. Non riesco mai a pensare solo a una tela con dei colori al di sopra, ma ad un percorso fatto di incontri, persone e scambi di energie, che si traducono in performance, cortometraggi e poi eventualmente anche in un progetto pittorico. A volte il contrario, ma mai come due fasi distinte, bensì sempre interconnesse da una serie di legami».
A che cosa stai lavorando oggi e dove potremo vedere i tuoi lavori?
Desiderio: «Nel 2019 ho avuto la possibilità di portare l’Inferno di Dante Alighieri con la mostra “Malebolge”, curata da Lorenzo Rubini, nell’ex chiesa di San Michele Arcangelo di Amelia, in provincia di Terni. Una vera immersione dove il luogo e le opere si sono legate in un’esperienza unica. Per me è stata la massima espressione del mio lavoro: unire pittura, video, installazione, performance in un unico corpo. Da lì ne è nata la passione e necessità di scavare in quel mondo fino a conoscere il mondo infinito delle streghe. Se riuscirò in tempi difficili, spero di rimettermi dietro una camera da presa per un nuovo video. Poi, per chi volesse seguire e vedere i miei lavori, qui il mio account Instagram».