-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Chiara Fumai: la retrospettiva al Centro Pecci. Le parole di Francesco Urbano Ragazzi
Opening
di Silvia Conta
Da oggi, 8 maggio, il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, a Prato, torna ad accogliere il pubblico con tre nuove mostre: “Poems I Will Never Release 2007-2017“, la retrospettiva di Chiara Fumai, a cura di Milovan Farronato e Francesco Urbano Ragazzi in collaborazione con Cristiana Perrella (fino al 3 ottobre), “Marialba Russo. Cult Fiction“, mostra personale dell’artista, a cura di Cristiana Perrella (fino al 6 giugno) e “After us“, rassegna video a cura di Julian Rosenfeldt (fino al 6 giugno).
In particolare la retrospettiva dedicata a Chiara Fumai – ha spiegato il museo – «è parte di un ampio progetto che mette insieme diverse istituzioni europee con lo scopo di rivisitare il lavoro dell’artista, preservarne il lascito e trasmetterlo a un vasto pubblico. Presentata alla fine del 2020 al Centre d’Art Contemporain Genève, la mostra dopo la tappa al Centro Pecci, nei prossimi due anni sarà esposta a La Loge di Bruxelles e alla Casa Encendida di Madrid, approfondendo l’indagine su una personalità creativa che ha lavorato in modo marcato sui linguaggi della performance e dell’estetica femminista del XXI secolo. […]. Attraverso un corpus molto completo di opere – che traducono in forma materiale le performance dell’artista, pur rispettandone l’intento programmatico di non documentarle – la mostra approfondisce la personalità creativa di Chiara Fumai, che ha lavorato in modo marcato sui linguaggi performativi e sull’estetica femminista del XXI secolo», ha proseguito l’istituzione.
Intervista a Francesco Urbano Ragazzi, co-curatore
La mostra “Poems I Will Never Release (2007-2017)” è realizzata in collaborazione con vari enti: presentata alla fine del 2020 al Centre d’Art Contemporain Genève, arriva ora al Centro Pecci e poi si sposterà per i prossimi due anni a La Lodge di Brussels e alla Casa Encendida di Madrid. Quali saranno le principali differenze tra questi quattro momenti espositivi?
«Quelle al Centre d’Art Contemporain e al Centro Pecci sono mostre in qualche modo simili. Presentano un corpus di opere molto ampio e sono pensate a tutti gli effetti come retrospettive che fotografano l’attività di Chiara dagli esordi, o quasi, fino alla fine. Un decennio folgorante. In particolare, l’esposizione che apre al Centro Pecci nasce con lo scopo di mostrare al pubblico italiano come l’opera di Chiara si sia mossa ben al di là dei confini della performance con cui è stata troppo frettolosamente identificata. La Loge e La Casa Encendida sono invece spazi allo stesso tempo più raccolti e più connotati. Avranno in questo tour una diversa funzione. Alla Loge di Brussels, per esempio, la mostra sarà accompagnata da un simposio che cureremo con la teorica femminista Mara Montanaro. Sarà un tentativo di riunire una nuova comunità attorno all’eredità intellettuale lasciata da Chiara».
Nel comunicato stampa si legge che «Poems I Will Never Release raccoglie un corpus molto completo di opere, che traducono in forma materiale
le performance di Chiara Fumai, pur rispettando l’intento programmatico dell’artista di non documentarle», come questa scelta curatoriale si concretizza nel percorso espositivo? In che modo verranno presentate le performance al pubblico prescindendo da intenti di documentazione?
«Chiara si è sempre opposta alla documentazione delle proprie performance. Da un lato voleva evitare che lo spettatore si facesse l’idea che la singolarità di un’esperienza vissuta fosse facilmente accessibile o replicabile; dall’altro voleva che le opere dal vivo vivessero e si amplificassero nell’eco di resoconti mediatici o informali, passaparola, pettegolezzi. Nonostante questa refrattarietà alla documentazione, Chiara ha sempre tradotto e materializzato le proprie performance – così come i testi e i personaggi al centro di queste – in opere di diversa natura: video, collage, serie fotografiche, wall drawings. Al pubblico verranno quindi presentati questi oggetti performativi, che nell’ontologia dell’universo fumaiano non hanno meno realtà e valore delle opere dal vivo. Anzi, sono una loro reincarnazione».
Quali aspetti della ricerca di Chiara Fumai emergono, in particolare, dal percorso espositivo al Centro Pecci?
«L’opera di Chiara emerge come animata da una pratica post- performativa. La documentazione esiste solo nella forma di un’autofalsificazione consapevole, e di conseguenza la gerarchia tra presenza e assenza dell’artista smette di sussistere. Ma non solo. Chi vedrà la mostra coglierà la coerenza cristallina di un lavoro senza compromessi. Chiara ha dedicato la sua vita a farsi medium di donne che si sono opposte alla loro oppressione con mezzi del tutto illegali ma forse legittimi. Queste donne sono truffatrici, rivoluzionarie, terroriste almeno quanto sono giornaliste, filosofe, drammaturghe. Si impone allora la questione della violenza come mezzo di liberazione, ma anche quella riguardo la credulità e suscettibilità dello spettatore. Infine, terzo punto manifestato nella mostra: la centralità del linguaggio e dei testi, che transitano da un’opera all’altra identici a se stessi nella multiformità delle loro diverse apparizioni».
Attualmente a che punto è lo stato degli studi sulla ricerca di Chiara Fumai e la salvaguardia del suo lavoro?
«Dal 2017 ad oggi tanto è stato fatto. Siamo partiti da una situazione quasi disperata in cui molti lavori rischiavano di essere perduti. Abbiamo iniziato commissionando personalmente il recupero dei file contenuti nei computer di Chiara, salvando così le opere video lì conservate, le istruzioni per realizzare le installazioni e altri preziosissimi materiali di studio. Poi abbiamo costituito The Church of Chiara Fumai, l’istituzione che si occupa della memoria dell’artista e che vede sua madre Liliana Chiari come Presidente, noi come direttori dell’archivio, Milovan Farronato, Rossella Biscotti e Michele Spinelli come membri fondatori. A loro si è aggiunto un comitato scientifico composto da Carolyn Christov Bakargiev, Mark Kremer e Marco Pasi.
Fatto questo siamo passati alla catalogazione di tutte le opere – ancora parziale – e poi al coordinamento della donazione di parte dell’archivio al Centro Ricerca Castello di Rivoli, avvenuta sempre grazie alla disponibilità di Carolyn Christov Bakargiev. Infine ultimo tassello, almeno per ora, è il catalogo che accompagna questa mostra, pubblicato da Nero Editions e corredato dei contributi di Irene Aristizábal, Andrea Bellini, Federico Campagna, Milovan Farronato, Mara Montanaro, Chus Martínez, Paulina Olowska, Giovanna Zapperi, Cristiana Perrella e Marcello Bellan, Raimundas Malašauskas, Gabriel Lester, oltre che il nostro. Ora però iniziamo a sentire il peso di questo compito e vorremmo che la salvaguardia dell’opera di Chiara diventasse una missione sempre più corale».
Grazie!
Illuminante la presentazione di ciò che Chiara fumai ha voluto (uso solo un passato prossimo ) mostrare di sé.
Così come è illuminante il vostro report giornaliero sul solo mondo che oggi ci fa vivere