Dep Art Out, luogo fuori dall’ordinario dove l’arte si manifesta in modo innovativo, dedica questa sera, nelle campagne tra Ceglie Messapica e Martina Franca, una serata evento all’artista marchigiano Giuseppe Uncini.
Spostandosi da Milano, anche quest’anno Dep Art Gallery, inaugura in Puglia la propria stagione espositiva scandendola con tre mostre evento. Dopo Regine Schumann e prima di Pino Pinelli, è il momento di Giuseppe Uncini di interagire con il trullo, icona pugliese riconosciuta in tutto il mondo e trasformata, per l’occasione in spazio espositivo.
L’incontro-scontro tra Giuseppe Uncini e la struttura vernacoalre del trullo, che avviene con la curatela di Roberto Lacarbonara e in collaborazione con l’Archivio Giuseppe Uncini di Roma, mette in gioco differenti modalità di percezione e costruzione dello spazio. Tra le architetture che si compenetrano opponendo forme circolari e assonometriche, materiali naturali e artificiali, processi costruttivi arcaici e moderni, nasce una relazione che si esplicita in una visione totemica e totalizzante, emblema lineare di una estrema sintesi geometrica, solida e volumetrica.
Per Giuseppe Uncini costruire è un atto di connessione plastica tra pieni e vuoti, luci e ombre, gravità e leggerezza, secondo una partitura in cui il ferro e il cemento diventano elementi strutturali di una monumentalità celibe, lontana dall’essere qualcosa o esprimere una funzione. Le sue opere addivengono a una pura forma, liberando e dispiegando la tensione tra quei muri, quelle superfici che comprimono o dilatano un universo intero nel mezzo di una stanza.
Prima di lui, le opere di Regine Schumann si riflesse in un connubio di forme e colori all’interno degli spazi del trullo vivendo di un gioco di contrasti: alla struttura irregolare del trullo, dove la pietra bianca dai contorni frastagliati è emblema caratterizzante, si contrapponevano le superfici fluorescenti, nette e contemporanee dell’artista tedesca. Dopo Uncini, invece, il 23 agosto, l’appuntamento vedrà protagonista Pino Pinelli con una delle produzioni più inattese e particolari: le ceramiche. Curata da Lorenzo Madaro e organizzata in collaborazione con l’Archivio Pino Pinelli, la mostra darà vita a un confronto tra la tattilità delle opere in ceramica e la materia di cui è fatto il trullo: pietra e ceramica divengono elementi di un metamorfismo che cede il passo alla sfera sensoriale, al punto da attribuire a opera e architettura un univoco corpo, vero e palpabile in susseguirsi di scambi e rimandi, di primigenie attrazioni, di un saper fare che trae le sue origini agli esordi della civiltà.
Giuseppe Uncini
Giuseppe Uncini nasce a Fabriano nel 1929. Nel 1955 partecipa alla VII Quadriennale di Roma e, due anni dopo, espone a Francoforte sul Meno nella collettiva Abstrakte italianische Kunst. Nel 1956-57 inizia il ciclo di opere chiamato Terre e, dal 1957, i primi Cementarmati, opere realizzate con ferro, cemento e rete metallica. La prima importante personale è del 1961 alla Galleria l’Attico di Roma. Nel 1963 è tra i fondatori del Gruppo Uno con Biggi, Carrino, Frascà, Pace e Santoro. La ricerca di Uncini prosegue dal 1962 al 1965 con i Ferrocementi, cui segue il gruppo di lavori Strutturespazio, presenti alla XXXIII Biennale di Venezia del 1966. Tra il 1969 e il 1972 lavora alla serie dei Mattoni e tra il 1972 e il 1978 a quella delle Ombre, elemento che caratterizzerà la produzione successiva. Nel 1984 Uncini è ancora presente alla XLI Biennale di Venezia con una sala personale in cui espone la serie Dimore e Muri d’ombra. Nel 1990 partecipa alla rassegna L’Altra Scultura a Madrid, Barcellona e Darmstadt con il nuovo ciclo Spazi di ferro. Prosegue il suo lavoro con la serie dei Muri di cemento. Nel 1999 espone al PS1 di New York. Nel 2001 un’importante retrospettiva si tiene alla Stadtische Kunsthalle di Mannheim. Dal 2004 prosegue il suo lavoro con le Architetture. Nel 2007-2008 progetta le antologiche allo ZKM di Karlsruhe, al MART di Rovereto e al Landesmuseum Joanneum di Graz. Muore il 31 marzo del 2008 nella sua casa-studio di Trevi.
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