L’evento, che proseguirà fino al 20 gennaio 2019, si candida a essere un successo annunciato di pubblico. D’altronde l’occasione è ghiotta, anche per i neofiti del genere, nonché per i detrattori della celebre artista serba naturalizzata statunitense che ha rivoluzionato l’idea di performance mettendo alla prova il proprio corpo, i suoi limiti e le sue potenzialità di espressione. L’esposizione comprende, infatti, oltre 100 opere di Marina Abramović (Belgrado, 1946), offrendo una panoramica sui lavori più famosi della sua carriera, dagli anni Sessanta agli anni Duemila, tra video, fotografie, dipinti, oggetti, installazioni e la riesecuzione dal vivo di sue celebri performance da parte di un gruppo di performer specificatamente selezionati e formati in occasione della mostra.
Il titolo dell’esposizione, “The Cleaner”, fa riferimento a un particolare momento creativo ed esistenziale, a una riflessione dell’artista sulla propria vita: «Come in una casa: tieni solo quello che ti serve e fai pulizia del passato, della memoria, del destino». Si parte con alcune opere inedite, come l’Autoritratto del 1965 e i dipinti delle serie Truck Accident (1963) e Clouds (1965-1970) in cui si ripetono ossessivamente violenti incidenti di camion e nuvole quasi astratte. Degli anni Settanta sono le prime di una lunga serie di performance attraverso l’utilizzo diretto del proprio corpo, come la serie Rhythm (1973-1974) e Thomas Lips (1975) in cui l’artista si espone a dure prove di resistenza fisica e psicologica, Art Must Be Beatiful/Artist Must Be Beatiful (1975) dove, nuda, pettina i propri capelli fino a far sanguinare la cute. Il 1975 è l’anno in cui conosce l’artista tedesco Ulay con cui nasce un rapporto sentimentale e professionale da cui nascono celebri performance di coppia come Imponderabilia (1977), dove il pubblico è costretto a passare attraverso i corpi nudi dei due artisti come fossero gli stipiti di una porta, e che viene interrotta dalla polizia, o azioni come Relation in Space (1976) e Light/Dark (1977) in cui sperimentano l’incontro/scontro tra energia femminile e maschile. La fine della loro relazione sentimentale e professionale si celebra nel 1988 con la performance The Lovers (1988), con i due artisti che si incontrano per dirsi addio a metà della Grande Muraglia cinese, dopo aver percorso a piedi duemilacinquecento chilometri ciascuno, partendo lei dall’estremità orientale e lui da quella occidentale. Per approdare ad anni più recenti, a The Artist is Present (2010), in cui al MoMA di New York, muta e immobile – per più di settecento ore nell’arco di tre mesi – Abramović ha fissato milleseicentosettantacinque persone che si sono avvicendate davanti a lei, sottolineando così il valore di una comunicazione energetica e spirituale tra artista e pubblico come elemento fondamentale del suo lavoro.
INFO
Marina Abramović. The Cleaner
Palazzo Strozzi, Firenze
dal 21 settembre 2018 al 20 gennaio 2019
orari: tutti i giorni 10.00-20.00; giovedì 10.00-23.00. Dalle ore 9.00 solo su prenotazione
t. +39 055 2645155 / www.palazzostrozzi.org