Da oggi, 25 giugno, sul sito web e sui canali social di Fondazione Prada potete seguire il progetto âFinite Rantsâ, a cura di Luigi Alberto Cippini e NiccolĂČ Gravina, che a cadenza mensile presenta una serie di 8 video saggi commissionati dalla Fondazione a cineasti, artisti, intellettuali e studiosi: «A seguito di un processo di collaborazione creativa tra gli autori e Fondazione Prada, i contributi visivi ospitati in âFinite Rantsâ analizzano questioni sociali, politiche e culturali emerse nel nostro presente e normalmente affrontate dai mezzi dâinformazione con un approccio documentaristico. Attraverso la realizzazione, il montaggio e la post-produzione di immagini e materiali visivi grezzi, eterogenei e di diversa provenienza, gli autori sono in grado di esprimere visioni e poetiche personali che coinvolgono lo spettatore in un ruolo attivo e riflessivo», ha spiegato Fondazione Prada.
I primi autori coinvolti sono il regista e scrittore Alexander Kluge (1932, Germania), Leone dâOro alla carriera nel 1982, il fotografo Satoshi Fujiwara (1984, Giappone), il regista Betrand Bonello (1968, Francia) e lâeconomista Christian Marazzi (1951, Svizzera).
Potete trovare i video saggi di âFinite Rantsâ nella sezione Progetti, alla voce âonlineâ del sito web di Fondazione Prada e sul suo canale YouTube. Qui il primo:
«Abbiamo scelto autori provenienti da diverse discipline -registi, artisti, intellettuali, economisti e filosofi- nelle cui opere Ăš riconoscibile lâattitudine a forzare i tradizionali confini delle forme artistiche e delle discipline culturali, attivando un processo di perdita dellâunitĂ autoriale rafforzato dalle alterazioni nel montaggio e dalla sovrapposizione di personalitĂ che provengono da contesti differenti. Da questo punto di vista, lâobiettivo Ăš creare una strategia collettiva di produzione per contrastare il dominio delle immagini di natura documentaria pensate per lâinformazione, consolidatosi durante il periodo dellâemergenza sanitaria per via dellâinterruzione dellâindustria cinematografica. Nelle opere del fotografo Satoshi Fujiwara ad esempio la sperimentazione investe la distanza focale in relazione ai soggetti ritratti, la variazione continua dei parametri di definizione e lâapproccio alle pratiche di allestimento, in opposizione alle tendenze documentaristiche e agli standard espositivi. Nelle analisi economiche di Christian Marazzi emerge invece la necessitĂ di integrare diverse discipline â linguistica, sociologia, comportamentismo â e di adottare una visione collettiva, in grado di svelare le diverse concatenazioni tra i fenomeni.
Nellâambito del progetto Ăš stato necessario dare espressione visiva al lavoro dei diversi autori, generando nuove forme narrative distanti dalle logiche della cronaca mass-mediatica».
«A partire da queste riflessioni, che investono primariamente il piano formale dellâespressione fisicamente percepibile dei materiali visivi, il progetto mira ad affrontare argomenti che normalmente non vengono trattati nellâambito delle istituzioni museali, o perchĂ© difficilmente traducibili in un progetto espositivo o perchĂ© estranei allâorizzonte dellâagenda mediatica. Il tentativo Ăš dare corpo narrativo e cinematografico ad argomenti di natura economica, sociologica, scientifica, critica o filosofica, coinvolgendo anche autori che non si occupano di produzione visiva, invitandoli a lavorare alla generazione di nuovi shock percettivi attraverso le immagini. Abbiamo quindi collaborato con gli autori ad esempio allâespressione per immagini di analisi economiche sui futuri conflitti sociali determinati dalla crisi attuale, o alla traduzione filmica delle ossessioni collettive su recenti traumi politici, proponendo inoltre una fruizione alternativa delle opere di studiosi e intellettuali che solitamente si esprimono attraverso il linguaggio verbale».
«Nel nostro progetto il video saggio Ăš inteso come una forma espressiva sperimentale nella quale i materiali visivi e sonori generano una variazione continua di relazioni con diverse forme di pensiero, favorendo lâespressione concettuale nella sua complessitĂ tramite la trasgressione delle convenzioni della produzione visiva contemporanea e lâattraversamento dei generi cinematografici. Attraverso il montaggio e la post-produzione di immagini e materiali visivi grezzi ed eterogenei i visual essays esprimono visioni e poetiche personali che coinvolgono criticamente lo spettatore, riportando le tracce di un immaginario oscuro e introspettivo.
Sul piano formale la scelta Ăš determinata dalla necessitĂ di adottare una forma ibrida e illegittima, lontana dagli standard attuali e per questo capace di generare una sperimentazione che accolga contenuti estranei ai circuiti cinematografici ufficiali, in grado di influenzare la produzione contemporanea di immagini, includendo quindi direttamente le fonti di ispirazione per gli standard futuri di elaborazione visiva, provando ad anticiparne lâimminente assimilazione da parte dellâindustria del cinema».
«Come sostiene il regista dâavanguardia Hans Richter nel 1940, il film o video saggio Ăš una forma espressiva capace di creare âimmagini per nozioni mentaliâ e di âritrarre concettiâ. Partendo dalle idee di Richter, alcuni teorici successivi individuano dei tratti specifici nel video essay, come la libertĂ creativa, la complessitĂ , la riflessivitĂ , lâattraversamento dei generi cinematografici e la trasgressione delle convenzioni linguistiche. âFinite Rantsâ intende testare la versatilitĂ del saggio visuale nellâesprimere il pensiero attraverso le immagini e dimostrare la sua attualitĂ nella produzione visiva contemporanea», si legge nel comunicato stampa.
«Le radici estetiche e teoriche di âFinite Rantsâ sono rintracciabili nellâopera La JetĂ©e (1962) dellâautore francese Chris Marker. Definita dal suo creatore âphoto-romanâ, La JetĂ©e Ăš descritta dalla voce narrante del cortometraggio come âla storia di un uomo ossessionato da unâimmagine della sua infanziaâ. Gli autori di âFinite Rantsâ sono stimolati a confrontarsi con un modello radicale di sperimentazione cinematografica come La JetĂ©e, un racconto frammentario e dispersivo, costituito da unâunica breve sequenza filmica e una successione di fotogrammi statici, che mette in discussione lâidea stessa di cinema, inteso come un insieme di immagini in movimento», ha proseguito Fondazione Prada.
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