Negli stessi anni in cui Matisse dipinse “Luxe, Calme et Volupté”, che rappresentò la vertigine della modernità di quel tempo nell’arte francese, Marinetti scrisse “Uccidiamo il chiaro di luna!” (1909). Fondando l’avanguardia futurista, un fenomeno squisitamente italiano ma dagli echi globali, la cui ambizione costituisce uno dei suoi più caratteristici tratti nazionali. Ambizione, pochi decenni dopo, infranta nell’utopia del futuro per il bene dell’uomo che si è rivelato, infatti, la sua prigione tecnologica. Madre di molte delle sperequazioni sociali contemporanee.
Il Futurismo gode oggi finalmente della notorietà che gli è stata sottratta per quasi mezzo secolo da una lettura ideologica, mistificatrice e non storico-estetica. Un contributo decisivo alla sua “riabilitazione” sulla scienza nazionale e internazionale va ascritto senz’altro alla memorabile mostra “Futurismo & Futurismi” (1986) di Palazzo Grassi a Venezia, a cura di Pontus Hulten.
Nella quale l’avanguardia guidata da Marinetti è stata presentata come “arte totale”, capace di coinvolgere ogni aspetto della cultura: pittura, scultura, letteratura, architettura, musica, fotografia, tipografia, cinema, moda e arredamento.
Il successo attuale del Futurismo è confermato anche dal mercato dell’arte, nel quale si registra una sempre maggiore ricerca da parte dei collezionisti di opere dei cosiddetti “Primi Futuristi” (Boccioni, Russolo, Carrà, Severini, Balla) e “Secondi Futuristi” (la generazione seguente, con Dottori, Prampolini e Depero in testa). Una domanda in crescita, pertanto, a cui però gallerie e case d’asta rispondono a intermittenza a causa della scarsa reperibilità di opere futuriste. Quelle di maggior pregio, poi, o sono blindate nei musei internazionali o sono proprietà di collezionisti che difficilmente se ne separano, perché le considerano tra i lavori più importanti delle loro raccolte. Per questo motivo assume un suo interesse l’esposizione su Fortunato Depero (Fondo, 1892-Rovereto, 1960) che si inaugura oggi a Modena, in via Carlo Farini 56, presso lo studio del curatore Marco Bertoli. Tutte opere selezionate da Bertoli, consulente per la casa d’aste Christie’s a New York e Londra dal 2005, che, per circa un mese, saranno visibili al pubblico: dai primi “arazzi” futuristi, in realtà mosaici di stoffe colorate (come il progetto esecutivo per l’arazzo “Cavalcata fantastica” del 1920), ai numerosi studi per manifesti pubblicitari come quelli per la Campari, per cui Depero nella sua carriera ha eseguito centinaia di proposte. Tra gli altri in mostra “Anche il gatto beve il Campari” del 1927 e alcuni studi per il “Numero Uno Futurista Campari” del 1930-31, fino alle copertine di prestigiose riviste, realizzate nel periodo newyorkese come “Vogue” del 1930, o subito dopo come “La Rivista” del 1930-31. «Rispetto ai colleghi futuristi Depero si rifugia sempre nella concretezza. – ci spiega Marco Bertoli – E dopo l’esperienza newyorkese continua ad attenersi più agli ideali futuristi che non all’evoluzione del movimento, come dimostra, per esempio, “Natura morta accesa” del 1936. L’intento di questa esposizione è quello di fornire una sintetica panoramica della carriera di questo eclettico artista, per anni svalutato a causa dei pregiudizi che lo vincolavano al secondo futurismo. Fortunatamente attualmente il valore della sua opera è stato compreso». «Depero anticipò di cinquant’anni la Pop art. – aggiunge lo storico dell’arte Maurizio Scudiero che ha curato il catalogo della mostra – Anche se la sua non era una serialità industriale, bensì artigianale: ogni lavoro era unico, pur nella molteplicità delle sue realizzazioni». Dal testo di Scudiero in catalogo ho appreso personalmente molti dettagli illuminanti della vita straordinaria di Depero. Come la sua seconda “avventura” americana, all’indomani dell’ultimo conflitto mondiale. Quando ritrova una New York quasi ostile, chiusa al Futurismo. Prigioniera della morsa del gelo di quell’inverno 1947-48, uno dei più freddi che si ricordi ancora nella Grande Mela. Depero ha pochi soldi in tasca, le vendite sono a “zero”. Non ha un alloggio e trova ospitalità presso un amico che gli mette a disposizione un divano letto nel suo ufficio della ditta “Never Rust”, che produceva letti, parapetti e prodotti vari in ferro. Ecco il vero volto del futuro tecnologico che il nostro futurista, così come i suoi colleghi italiani, avevano sempre sognato! Non solo disillusioni però. O utopie infrante nell’enigma della postmodernità. Perché è sempre in questo periodo che l’artista entra in contatto con i surrealisti, con l’interesse antropologico, e questo apporta una ventata di salutare novità nella sua produzione degli ultimi anni. (Cesare Biasini Selvaggi)
In alto: Natura morta accesa (c. 1936). Olio su tela, cm. 99,3 x 73
In homepage: Donne del tropico (1945). Olio su tavola, cm. 47 x 38
Info
Fortunato Depero
dal 14 ottobre al 11 novembre 2017
Studio Marco Bertoli – Art Consulting
via Carlo Farini 56, Modena (terzo piano)
orari: dal lunedì al sabato, dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 18.00
tel. 059. 222.866