A Roma, nel Padiglione 9A, il Mattatoio ospita da oggi, 23 febbraio, “Fotografia. Nuove produzioni 2020 per la Collezione Roma” a cura di Francesco Zizola, promossa da Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale e dall’Azienda Speciale Palaexpo (fino al 16 maggio).
«La mostra – ha spiegato il Mattatoio – è nata dalla volontà dell’Assessorato alla Crescita culturale di Roma Capitale di dare seguito al progetto sorto in seno a “Fotografia Festival Internazionale di Roma” che aveva istituito, già dal 2003, la residenza per un fotografo di fama internazionale. Sono state così raccolte per l’Archivio Fotografico del Museo di Roma le immagini di 15 grandi protagonisti della fotografia contemporanea che raccontano la Capitale attraverso il loro sguardo.
Nel 2019 è stato proposto a Francesco Zizola di curare la ripresa della pratica delle residenze temporaneamente interrotte, così da arricchire la collezione permanente. Zizola ha invitato a Roma 5 artisti noti nel mondo della produzione artistica e fotografica internazionale. Sono esposte al Mattatoio circa 130 immagini di Nadav Kander, Martin Kollar, Alex Majoli, Sarah Moon (presente anche con un video) e Tommaso Protti. Tutti hanno lavorato in residenza a Roma nel corso del 2019, tranne Kollar che ha scelto di viaggiare a piedi e di elaborare il proprio lavoro attraverso un percorso di avvicinamento a Roma partendo dal Danubio».
«Questa mostra è motivo di soddisfazione per vari motivi. – Ha dichiarato Cesare Pietroiusti, presidente dell’Azienda Speciale Palaexpo – Prima di tutto perché viene ospitata nel Padiglione 9a del Mattatoio, uno dei luoghi di questo spettacolare complesso di archeologia industriale assegnato all’Azienda Speciale Palaexpo per i prossimi vent’anni. L’altro motivo di soddisfazione è che in questa occasione si recupera e si rivitalizza una importante iniziativa, cominciata nei primi anni Duemila e ciò che rende significativa questa mostra l’intuizione del curatore Francesco Zizola di proporre a ben cinque fotografi la formula della “residenza”: venire a Roma, soggiornarvi per un certo tempo, forse diventare un po’ romani, ovvero arrivare a sentirsi cittadini di una città talmente estesa, talmente complessa, talmente multiforme da accogliere chiunque, sempre però lasciando un senso di inquietudine, di non appartenenza, di inafferrabilità. In effetti le fotografie di Sarah Moon, Nadav Kander, Alex Majoli e Tommaso Protti ci restituiscono non soltanto la bellezza di sguardi sorprendentemente acuti, ma anche un’atmosfera di tempo sospeso, di indistinguibilità tra una faccia qualunque e quella, scolpita, di un dio; fra la vertigine di un dettaglio e l’oscurità incombente che, subito prima del buio totale della notte, sembra trasformare l’evento comune in una tragedia che ha lo spessore del mito. Un discorso apparentemente diverso andrebbe fatto per Martin Kollar che ha deciso, invece di risiedere a Roma, di fotografare il proprio viaggio verso la nostra città».
Il progetto espositivo è promosso da ROMA Culture sotto l’indirizzo dell’Assessorato alla Crescita culturale.
«Gli scatti di Alex Majoli (1971, Ravenna) rinnovano il linguaggio di espressione della documentazione del reale, quelli di Sarah Moon (1961, Vichy, Francia) invece guardano al ruolo della memoria e del ricordo nel suo rapporto con la materia che la città di Roma offre. Nadav Kander (1961), maestro riconosciuto nel panorama fotografico internazionale, ha esplorato con i suoi scatti il volto della Roma antica e secolare, che tramanda la sua essenza da una generazione alla successiva, mentre Tommaso Protti (1986, Mantova) analizza il presente duro e ruvido delle periferie. Un discorso a parte va fatto per il lavoro di Martin Kollar (1971, Žilina, Repubblica Slovacca), che ha scelto di lavorare sull’antica collocazione di Roma al centro del mondo, camminando per 42 giorni da Bratislava alla Città Eterna su quelle strade che un tempo erano le arterie principali dell’Impero romano.
Attraverso la varietà di approcci visuali e concettuali, queste nuove produzioni offrono uno sguardo sfaccettato e profondo sulle molteplici anime della Città, e rappresentano un lascito importante per la collezione dell’Archivio Fotografico», ha ricordato il Mattatoio.
«I lavori racchiusi in questa mostra – ha dichiara Francesco Zizola, curatore della mostra – guardano a Roma ognuno in maniera differente attraverso uno sguardo autoriale che sa porsi in modo consolidato all’avanguardia nel processo di rinnovamento del linguaggio fotografico. Rappresentano quindi un patrimonio importante per la Città di Roma e la sua collezione fotografica, che per la prima volta si vede arricchita dal lavoro di ben cinque grandi autori nell’arco di una sola edizione.
Le immagini raccontano di una città multiforme e mutevole in cui l’eredità dell’Impero Romano si mischia al buio delle periferie e le cui diverse anime coesistono, come nel percorso di mostra, dialogando tra loro.
“Le città sono un insieme di tante cose, di memorie, di desideri, di segni d’un linguaggio” scriveva Italo Calvino ne Le città invisibili. La fotografia può avere la capacità di restituirci la traccia di ciò che la nostra città è stata nello sguardo degli autori che l’hanno interpretata. E rimarrà un documento per le nuove generazioni».
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