Ognuno di noi è costretto a indossare una “maschera” per relazionarsi con gli altri (e, talvolta, persino con se stesso) nella quotidianità. Una maschera che non è mai statica, ma cangiante in relazione alle diverse stagioni, o a particolari evenienze, della vita. Che ora si assottiglia, guadagna di elasticità e funge da biglietto da visita nelle occasioni felici, di rappresentanza. Che ora si ispessisce, diventa turgida, si sclerotizza fino a raggiungere la robustezza di una corazza, cercando di proteggerci quando siamo costretti a entrare in contatto con l’aggressività del mondo, con la sua cattiveria, coprendo quelle ferite interiori che rischiano di svelare la nostra fragilità.
Ma che cosa accadrebbe se le nostre “maschere” si esaurissero, se all’improvviso cadessero o se, consapevolmente, decidessimo di togliercele? Indubbiamente si produrrebbe un cortocircuito nella nostra quotidianità. Dagli esiti insondabili. Ma non necessariamente temibili. È quanto, per fare un esempio recente, si è divertito a immaginare George Clooney che ha scosso e incantato la 74ª Mostra del Cinema di Venezia con il suo Suburbicon. Nella cui trama la vita del sobborgo borghese di Suburbicon degli anni ’50 viene scombussolata dall’arrivo di una famiglia di colore, vista immediatamente di cattivo occhio dalla perversa e retrograda morale della middle class americana dell’epoca. La cui maschera, dai capelli cotonati, il trucco impeccabile, i capelli alla brillantina e i sorrisi cortesi, cela una società fragile, prigioniera del pregiudizio, stretta tra l’ambizione di arrivare a qualsiasi costo e la sua endemica mediocrità etica e intellettuale.
Un esperimento simile, più circoscritto, con un linguaggio più elitario ma non meno efficace, è quanto si è apprestata a fare l’artista finlandese Jenni Hiltunen (1981). E l’esito formale è esposto da oggi a Milano, nelle sale di Mimmo Scognamiglio Artecontemporanea. La Hiltunen, infatti, ha rappresentato sé stessa, e tante altre donne allo stesso tempo, in una galleria di ritratti, cogliendo ogni volta uno stato d’animo ben preciso, quello in cui si smette di fingere, si smette di posare, si abbassa la maschera.
Non a caso un tema ricorrente nella sua ricerca artistica è la fotografia di moda e la “posing culture” creata dai social media e dalla rete, a botte di software di fotoritocco, con filtri di ogni tipo che mostrano una supposta esistenza perfetta, edulcorata e che rappresenta esattamente la vita che vorremmo vivere, o meglio, il copione che stiamo recitando per mantenere la nostra parte sul palco delle convenzioni sociali. Ma questa volta la giovane artista finlandese ha cambiato registro. Con il ricorso a una pittura caratterizzata dall’audacia delle sue misture cromatiche, dal tratto selvaggio e violento, con campiture contrastate di colore saturo, per ritrarre figure femminili evidenziandone i particolari più reali e personali, analizzando la realtà oltre le apparenze, più o meno gradevoli, rilevandone spesso quei difetti che ci fanno umani. Fallibili. Il glass wall (da cui il titolo della mostra), cioè il “muro di vetro”, vuole essere pertanto la pittura che cerca di catturare un “momento inadeguato”, ossia quello senza finzioni, al di là della maschera, nella vita reale. (Cesare Biasini Selvaggi)
In homepage: Monumental Woman, 210×250 cm, olio su tela, 2017
In alto: Long Shadows, 150×130 cm, olio su tela, 2017
INFO
Opening: ore 18.30
Dal 19 settembre al 15 novembre 2017
Jenni Hiltunen. Glass Walls
Mimmo Scognamiglio Artecontemporanea
Via Goito, 7 – Milano
Tel. 02.36526809 – info@mimmoscognamiglio.com
Orari: da lunedì a venerdì 11.00-13.00; 15-19.30