Sarà presentato oggi, 10 dicembre, all’Istituto Italiano di Cultura di Santiago del Cile il progetto di Francesco Bertocco (1983) “Historia”, vincitore dell’Italian Council 2019, mentre il film che ne è nato sarà presentato il prossimo febbraio in anteprima assoluta al MA*GA di Gallarate.
“Historia” è un progetto di grande respiro realizzato in collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura di Santiago del Cile, il MAC Museo de Arte Contemporaneo di Santiago, il Museo de la Quimica e de la Farmacia di Santiago, Viafarini e il museo MA*GA di Gallarate.
Il progetto, a cura di Viafarini con Mariagrazia Muscatello, ha coinvolto anche l’antropologo e curatore cileno Rodolfo Andaur, e la documentarista cilena Tiziana Panizza.
“Historia” è una «libera indagine sulla storia della medicina cilena attraverso gli eventi storici più significativi, riflettendo su cosa è la pratica della cura in Cile, mettendo a confronto la medicina“ufficiale” e la medicina tradizionale, come queste vivono e coesistono all’interno della stessa società. Vengono così passati in rassegna alcuni eventi chiave che raccontano i passaggi più importanti della storia medica cilena e le complesse trasformazioni che questa ha dovuto subire nel corso della sua storia recente, tra scelte politiche, ideologiche e socioculturali», hanno spiegato i curatori.
«Il ruolo di capofila di Viafarini nel progetto “Historia” – ha spiegato Giulio Verago, curatore di Viafarini – è frutto della collaborazione negli anni con l’artista, a partire dalla personale “Francesco Bertocco, Alberto Grifi” curata da Simone Frangi in Viafarini nel 2014. Come già nel video Allegoria allora in mostra l’attenzione dell’artista si concentra spesso sulla medicalizzazione della dialettica corpo/mente nell’età postmoderna e sull’ambiguità del concetto di cura come paradigma di una certa idea di progresso. Il progetto “Historia” è di particolare interesse per Viafarini perché insiste sulla dialettica tra ricerca artistica e ricerca scientifica. L’evoluzione dello scenario pandemico non fa che rendere ancora più attuale la riflessione sulle conseguenze sociali e politiche della disciplina del corpo. Il progetto, reso possibile grazie al supporto di Italian Council del MiBACT, si è avvalso della piena collaborazione con le istituzioni museali cilene, grazie alla preziosa curatela di Mariagrazia Muscatello».
«Le due istituzioni alle quali come curatrice del progetto ho presentato il lavoro sono il MAC Museo di Arte Contemporanea, fondato nel 1947 da Marco Bontá artista di origini italiane, con il quale collaboro da alcuni anni e che appartiene all’Universitá del Cile di cui sono ricercatrice. L’altra istituzione è il Museo della Chimica e della Farmacia, anch’esso è parte della rete dei musei dell’Universitá del Cile, fondato nel 1951, dal 2016 ha un programma dedicato all’arte contemporanea, entrambi hanno la propria sede nel centro storico di Santiago, epicentro delle rivolte sociali dell’ultimo anno».
«Con entrambe le istituzioni stiamo lavorando per riformulare le mostre a causa della contingenza. Con il Museo della chimica e della farmacia abbiamo svolto parte della ricerca d’archivio nella loro biblioteca storica, mentre la unitá Anilla del MAC, specializzata nella relazione tra arte e scienza, sará parte attiva del programma pubblico. In ogni caso, piú che attraverso i musei il progetto si é sviluppato grazie a diverse collaborazioni, da artisti a curatori locali, che ho messo in dialogo con Francesco per aiutarlo a contestualizzare meglio il lavoro e per evitare uno sguardo stereotipato sul territorio, rischio sempre elevato per chi non vive nel luogo ed è europeo».
«”Historia” nasce da una trasformazione, che ha interessato il mio lavoro da un certo punto in poi, e da una contingenza precisa, ovvero dall’aver partecipato alla 13th Bienal de Artes Mediales de Santiago del Cile nel 2017, su invito di Mariagrazia Muscatello, curatrice anche di questo progetto. Nei miei lavori precedenti, ho cercato di esplorare i luoghi del discorso medico, come il setting, contesto dentro cui si sviluppa la terapia, intenso come un sistema complesso nel quale si realizza la relazione medico-paziente, al laboratorio, come insieme di relazioni ed eventi, ed infine all’ospedale, ambiente dentro il quale l’esperienza medica diventa collettiva e condivisa. In “Historia”, il mio interesse si è spostato alle conseguenze politico-sociali della cura e al modo in cui questa, proiettata attraverso una dimensione storica, possa ricollocare il corpo del paziente nelle sue esigenze identitarie ed emancipatorie. Non a caso “Historia” inizia con un manifesto visivo, che è Historia de la medicina y la farmacia en Chile di Julio Escamez, un murales sito all’interno di un luogo inusuale, una farmacia, che racconta la storia della medina cilena, che è poi la storia di un questo corpo, che lotta e afferma se stesso, nel corso degli ultimi sei secoli. Dopo l’invito alla Biennale di Santiago del Cile, ho iniziato a studiare come la medicina tradizionale (o popolare) coesista all’interno del contesto cileno, compressa dentro una medicina “di sistema”, occidentale, che respinge continuamente la sua esistenza, arrivando quasi a negarla. Da queste prime riflessioni, ho poi sviluppato “Historia”, che negli ultimi due anni ha preso forme diverse, fino a quella attuale».
«Prima dell’attuale pandemia, il tema della cura è stato, ed è tutt’ora, una delle rivendicazioni principali dei movimenti di protesta dello scorso autunno, che ha visto scendere in piazza milioni di persone contro l’attuale governo cileno, e, in modo ancora più evidente, contro le politiche di gestione di uno stato, il quale non ha mai chiuso definitivamente i conti con l’epoca della dittatura del generale Augusto Pinochet. È chiaro che in un paese dove la sanità è quasi completamente privatizzata (nel film questo contrasto è mostrato con le immagini di alcune cliniche private, a dir poco avveniristiche), dove il divario sociale è il più elevato dei paesi “al di fuori” dell’Africa, non si può recidere la storia della medicina dal dimensione socio-politico: entrambi si muovono attraverso una costellazione di eventi che producono questo movimento di trasformazione politico-identitario, sempre più inarrestabile».
«Per ragioni evidenti, la pandemia ha portato una riflessione ulteriore all’interno di un lavoro, il cui tema, quella della sanità e della cura, ha un ruolo centrale. Oltre a questo, da un punto di vista logistico, ha cambiato la struttura organizzativa di una parte del progetto, costringendomi a una rimodulazione delle fasi di lavoro, in particolare a quelle che comportavano una mia ulteriore presenza in Cile. In questa situazione nuova, il dialogo con la documentarista cilena, tra le più note a livello internazionale, Tiziana Panizza, è stato cruciale. Da qui è nata una regia a distanza, per coprire le parti del lavoro che avrei dovuto realizzare in loco. Ovviamente, trattandosi di un’autrice, la collaborazione si è trasformata subito in un complesso dialogo, allargando significativamente l’orizzonte stesso del lavoro».
«L’esperienza nel deserto di Atacama, con la guida del curatore e antropologo Rodolfo Andaur, nella regione di Tarapacà, a Nord del Cile, mi ha permesso di entrare in contatto con gli Yatiri – curatori del popolo Aymara – che vivono e praticano in quelle zone al confine con la Bolivia.
Durante quelle settimane, sono poi entrato in contatto con uno dei luoghi simbolo del progetto, Pisagua, e, in particolare, con la storia del suo ospedale, a cui ho dedicato un testo che sarà presente in una pubblicazione, che raccoglierà alcuni contributi intorno alle tematiche del progetto, e una serie fotografica, che sarà parte del progetto espositivo, in Italia e in Cile».
«Dopo la presentazione all’Istituto Italiano di Cultura di Santiago del Cile, il progetto sarà sviluppato in diverse forme, a seconda dello spazio in cui verrà presentato, costituendo come un percorso in divenire, che si concluderà alla fine della primavera con una versione finale del film. La prima mostra sarà in Italia, al Ma*Ga di Gallarate, il mese di febbraio, in cui verranno presentate una serie fotografica e una versione site specific dell’installazione video; dopo di che, ci saranno, tra marzo e maggio, le due mostre in Cile, al MAC Museo de Arte Contemporaneo e al Museo de la Química y de la Farmacia a Santiago del Cile.
Con Viafarini, promotrice del progetto, stiamo organizzando anche una serie di incontri e workshop per permettere una lettura più trasversale di tutto il lavoro».
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