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I numeri di questa edizione 2018 del Rome Art Week sono importanti e in crescita: 154tra gallerie e istituzioni, 321 artisti e trenta curatori per un totale di 419 eventi gratuiti (maggiori informazioni le trovate qui).
Tra gli eventi in programma, giovedì 25 ottobre prossimo alle ore 18.30, alla Galleria MAC Maja Arte Contemporanea, ci sarà un incontro tra Marco Di Capua e Angela Maria Piga in occasione della sua mostra dal titolo “Approdo” nella galleria romana di via di Monserrato 30.
Bisogna stare attenti! Quando si entra a visitare la mostra di Angela Maria Piga bisogna guardare e ascoltare con attenzione perché si varca una soglia reale ma si entra in una fantasia surreale, un mondo parallelo variamente abitato e colorato. Si è accolti da volti, gesti, sguardi e soprattutto da suoni che si “sentono”, da respiri che escono da bocche smorfiose, sussurranti, parlanti. Sono maschere, teste, busti, qualche figuretta intera, tutto di piccole dimensioni, tutte lucide sculture in ceramica smaltata, con colori forti che al pari delle forme indicano i contenuti. Forme informi, che scaturiscono dal gesto del porre e non del levare e che del gesto conservano il segno impresso sulla materia, una genesi spontanea di esseri narranti.
Angela Maria, “Approdo” è la tua prima mostra e sei arrivata all’Arte da adulta, dopo molte altre esperienze, seppur sempre in ambito culturale. Quale mare hai attraversato per approdare al lavoro di scultrice?
«L’approdo cui alludo è quello delle sculture, fuoriuscite da un universo liquido, un magma materico e informe. Il mio approdo, invece, il distacco dal mio vissuto, letterario e critico, è avvenuto in Germania, dove mi trovavo per il mio lavoro di giornalista, scrittrice, critica d’arte ed è avvenuto di fronte a un blocco di argilla».
Scolpire sembra una cosa facile per te. Vedo e sento le tue opere gioiose, spontanee, come se non fossero il frutto di un lavoro faticoso. Quanto c’è di ludico nel tuo lavorare come artista?
«Il mio scolpire è un’azione di scrittura automatica, avviene mio malgrado. Frutto di un ritmo più che di un gioco, e totalmente istintivo. Mi abbandono all’argilla, e consento alle creature di emergere. E solo dopo averle viste assegno loro un titolo: un battesimo, un approdo alla vita».
Il colore monocromo, con cui dipingi completamente le tue sculture, rispecchia un sentimento? Ha un valore espressionistico o solo decorativo?
«La scelta del colore è la parte razionale del lavoro. Spesso agisce da contrappeso per bilanciare il tragico e il grottesco. È l’elemento contemporaneo, contrastante con queste figure arcaiche più che antiche».
Le tue creature recitano una parte o sono i veri personaggi della storia? E tu impersoni un personaggio o sei, ti senti, realmente rinnovata in un nuovo lavoro, realmente un’artista?
«Loro, le mie creature, cercano un ruolo a cui aderire, ma io mi fermo un istante prima della loro investitura. Il loro è un appello a un alfabeto che le qualifichi. Essere scultrice per me è osservare il mondo circostante in maniera plastica anziché analitica. Forse l’ho sempre fatto, inconsapevolmente».
L’espressività delle maschere dei primitivi e il rapporto con i grandi classici della scultura italiana contemporanea. Quanto è importante la tua preparazione culturale nel tuo lavoro artistico?
«La mia scultura è istintiva e nulla è intenzionale, ma ci sono Numi e Muse: la scultura nuragica, Rosso, Leoncillo, un certo Fontana, Giacometti, Bacon, e poi Kafka, per lo sgomento esistenziale dei suoi protagonisti, e due grandi artisti contemporanei: Juan Muñoz e i suoi personaggi straniati e Thomas Schütte (di cui ho scritto molte volte) e il suo mondo mitico popolato da giganti fragili e minuscoli Titani».
Un’ultima domanda: perché sono quasi tutti personaggi maschili?
«Non ci avevo mai pensato, forse perché sono diversi da me». (Lucia Collarile)
Fino al 30 novembre 2018
Angela Maria Piga Approdo
a cura di Daina Maja Titonel
Galleria MAC Maja Arte Contemporanea
via di Monserrato 30, Roma
orari: martedì-venerdì ore 15-20; sabato 11-13, 15-19.30