“John Constable. Paesaggi dell’anima”, curata da Anne Lyles, ci conduce in un percorso alla scoperta del genio artistico di uno dei massimi esponenti del romanticismo inglese, tramite schizzi, acquerelli, incisioni e le meravigliose opere ad olio su tela, in quella che è la prima monografica dell’artista in Italia, nell’ambito dell’accordo quadro siglato con Fondazione Torino Musei – GAM Galleria d’Arte Moderna di Torino.
La mostra, come sottolineato dal Direttore del Consorzio Residenze Reali Sabaude Guido Curto, si propone come continuum del percorso legato alla tematica del paesaggio, dopo la conclusione della mostra “Una infinita bellezza”.
Di spicco è la figura della curatrice Anne Lyles, che dopo venticinque anni alla Tate, ha scelto la strada della curatela indipendente e che, con enfasi e trasporto, racconta della mostra come un “lavoro grandioso” in un luogo perfetto per le opere di Constable, soprattutto quelle di grandi dimensioni.
A differenza di William Turner, Constable per tutta la sua esistenza rincorre il tema del paesaggio e della natura accogliente ed a lui vicina, non avendo mai viaggiato fuori dall’Inghilterra, a differenza di altri artisti a lui coetanei.
“C’è abbastanza spazio per una pittura naturale” aveva dichiarato l’artista, che per tutta la sua vita si dedica alla rappresentazione dell’ambiente naturale “affettivo” che lo circonda, anche nei suoi spostamenti di vita, come visionabile nelle sette sezioni in cui è suddivisa la mostra, a partire dal Suffolk, luogo della sua nascita, per poi spostarci a Salisbury, Hampstead e Brighton.
Quella di Constable (1776-1837) è stata una forte vocazione, quando da giovanissimo nel 1799 decide di dedicarsi al mestiere di pittore frequentando la Royal Academy of Arts di Londra, influenzato successivamente per tutta la sua vita dall’incontro con il pittore statunitense Benjamin West e la concezione per la quale “luci e ombre non sono mai immobili”.
Tuttavia, a differenza del precoce Turner, solo con grande tenacia riuscì dopo anni nel 1829 ad essere membro di diritto alla Royal Academy of Arts.
Constable, come evidenziato da Anne Lyles, era stato rivoluzionario al suo tempo quando sin dal 1802 inizia a dipingere le sue opere en plain air, realizzate ancor prima di Fontanesi o Costa all’inizio del XIX ed unico modo per catturare l’essenza della Natura (fu definito del resto “Essential natural painter”).
Solo successivamente passa ai vasti paesaggi romantici dove la riconoscibile matericità fa da padrona.
La visita alla mostra ci permette di ammirare capolavori come la celebre veduta di Stratford Mill, The Opening of Waterloo Bridge, che rende omaggio alle scene sul Tamigi di Canaletto, e la Cattedrale di Salisbury vista dai prati.
Interessanti sono le annotazioni climatiche che appuntava in maniera dettagliata in alcuni quadri, come le celebri serie di studi di nuvole Cloud Study, poiché (grazie anche al lavoro del padre che possedeva un mulino a vento) Constable aveva una forte conoscenza metereologica e dei fenomeni climatici, ed il risultato ed una resa realistica ma anche fortemente espressiva, unione tra scientificità ed emotività.
Dal 1819 Constable si trasferisce ad Hampstead, in campagna, a causa della malattia della moglie ed inizia a dipingere sentieri, alberi e scorci che lo circondavano per poi spostarsi a Brighton (1824-1829), dove ricerca spiagge isolate e paesaggi sulle colline di Downs, inserendo turisti alla moda e pescatori sovrastati da cieli ventosi e aria frizzante. Durante questo periodo mantiene però il legale con Salisbury anche per l’amicizia che lo lega a due alti prelati anglicani della Cattedrale ed infatti nell’anno successivo alla morte della moglie (1829) iniziò il celebre dipinto, per lui considerato il più importante, Salisbury Cathedral from the Meadows.
Le opere in mostra sono poi accompagnate anche da lavori di altri artisti a confronto come William Turner, John Linnell, Benjamin West.
Interessante è il progetto di exhibit della mostra, realizzato dalla cura dello Studio Fludd di Torino. L’interpretazione della mostra delle giovani designer si pone in perfetta continuità con il tema della mostra, non solo tematico ma anche se vogliamo “di provenienza”. Emerge infatti la decisione di focalizzarsi su una scelta minimalistica ed atmosferica, legata alle opere ma anche al contesto della Reggia. Grazie alla selezione di Rezina, è stata pensata un’accurata scelta di colori destinati alle pareti di sfondo prodotti artigianalmente dal brand inglese Little Greene, fornitore anche del National Trust proprio per la cura e la precisione dedicata a questo tipo di progetti. Fondamentale nella progettazione (e qui si intuisce lo spunto tipicamente anglosassone della centralità e cura verso il visitatore) è la volontà di far vivere una esperienza nel corso della visita alla mostra: piccoli sgabelli a disposizione del pubblico possono essere posizionati nelle sale per visionare e contemplare le opere d’arte, in un contesto immersivo e di coinvolgimento attivo.
Continua dunque l’intensa programmazione artistica della Reggia di Venaria, luogo di unione tra antico e contemporaneo (pensiamo alle sculture monumentali di Tony Cragg in mostra fino all’8 gennaio 2023) e fucina di nuovi progetti per il 2023 ed il 2024, che vedranno come protagonisti il tema del cibo, alimentazione e sostenibilità e successivamente quello del wellness, in un’ottica di coinvolgimento di turisti ma anche del pubblico metropolitano, come dichiarato da Marta Santolin, Assessore alla Cultura del Comune di Venaria.
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