Qui siete abituati a trovare notizie di mostre che aprono, progetti che raggiungono il loro compimento, artisti, curatori, galleristi, direttori di musei che raccontano la propria attività.
Quella di oggi è un’uscita particolare, perché tutto questo tessuto vivace, mobile e vitale è stato spazzato via, dalla paura, più che dal virus. Nessuna obiezione alle disposizioni delle autorità che, stanno spiegando a gran voce, servono a contenere la diffusione del virus e a poter tornare quanto prima alla vita normale. Ma c’è un po’ di stordimento, per tutto ciò che abbiamo perso (temporaneamente) da un giorno all’altro, e per una situazione in cui è diventato difficile distinguere tra misure necessarie e psicosi collettiva.
Fanno riflettere due coppie di immagini contrastanti, facce della stessa medaglia, che fotografano situazioni di grande diversità e contrasto che avvengono contemporaneamente nel nostro Paese, a pochi chilometri di distanza una dall’altra: negli ospedali delle zone calde medici e infermieri stremati, da giorni senza sosta, mentre nelle vie dello shopping di città poco distanti negozi delle grandi catene aperti regolarmente, che restano però semideserti. E ancora, supermercati presi d’assalto e svuotati e, in centro a Milano, panifici con pane fresco sugli scaffali rimasti pieni perché c’è pochissima gente in giro.
Due esempi tra i tanti che si potrebbero fare, che ci conducono a una domanda divenuta in questi giorni tanto di somma importanza, quanto di difficile risposta: dove sta il confine tra prevenzione, psicosi, resistenza al panico e incoscienza?
C’è un’ordinanza che vieta gli assembramenti, scuole, università, accademie, teatri e biblioteche chiudono, il Carnevale viene cancellato, e oltre al mondo della cultura sono investiti anche, ad esempio, il mondo dello sport, con tanti match sospesi, e vari aspetti della vita sociale, come la chiusura dei pub alle 18.00 in varie zone.
In redazione fioccano email, sui sociali si moltiplicano i post di opening rinviati, musei chiusi fino a data da destinarsi, conferenze stampa e incontri pubblici annullati.
Quasi tutte le email iniziano così: «In ottemperanza all’ordinanza riportata di seguito, firmata dal Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana e di concerto con il Ministro della Salute Roberto Speranza sono sospese le attività delle Istituzioni culturali lombarde che resteranno chiuse al pubblico fino a nuova comunicazione da parte degli Organismi preposti».
Nell’area di Torino ieri erano previste, ad esempio, le inaugurazioni di quattro mostre al Castello di Rivoli: “Di fronte al collezionista. La collezione di Uli Sigg di arte contemporanea cinese”, “Renato Leotta. Sole”, “James Richards. Alms for the Birds” e “Giorgio Morandi. Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti”, al Museo Ettore Fico la personale di Massimo Vitali “Costellazioni umane”, tutte rinviate a data da destinarsi.
A Milano la Casa degli Artisti ha annullato il talk Fare Vuoto del 26 febbraio e il finissage della mostra “Portrait #4” di Peter Welz del primo marzo.
La Fondazione ICA ha rinviato l’opening della personale di Charles Atlas, “OMINOUS, GLAMOROUS, MOMENTOUS, RIDICULOUS” previsto per il 27, stessa sorte per l’evento di tre giorni, dal 28 febbraio al primo marzo, al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, “Performing PAC – MADE of SOUND”, che prevedeva incontri, proiezioni e live performance.
La Biennale della Fotografia Femminile di Mantova ha già posticipato a data da definire l’inaugurazione del 5 marzo.
E l’elenco potrebbe essere continuato con molti altri appuntamenti.
Se per alcune istituzioni si tratta di rimandare mostre e eventi che comunque resteranno in calendario, per chi vive di spettacolo dal vivo la situazione si prospetta complessa al punto da chiedere al ministero il riconoscimento dello stato d’emergenza.
C.Re.S.Co – coordinamento delle realtà della scena contemporanea, sottolinea la grave situazione, soprattutto di fronte all’eventuale protrarsi della situazione d’emergenza, e ha diramato oggi il comunicato stampa che riportiamo integralmente:
«Richiesta stato di crisi.
C.Re.S.Co – coordinamento delle realtà della scena contemporanea condivide e sostiene le azioni adottate dal Governo per il contenimento del Codiv-19. Guidati dal medesimo spirito collaborativo, il coordinamento segnala, tuttavia, lo stato di impasse davanti al quale è venuto improvvisamente a trovarsi l’intero comparto dello spettacolo dal vivo, che trova nella mobilità e nella veicolazione di aggregazione due dei suoi valori fondativi. La cancellazione ufficiale delle repliche nelle regioni del nord con conseguente annullamento di tournée per compagnie di tutto il territorio nazionale, la ragionevole defezione delle matinée da parte delle scuole anche nelle regioni al momento non ancora direttamente coinvolte, l’annullamento di festival e di attività di laboratorio, la mobilità bloccata per molti artisti con conseguente blocco dell’attività produttiva, tutto questo comporta un ingente danno economico (mancate entrate da sbigliettamento e da tournée) e normativo (giornate lavorative, giornate recitative, oneri).
Per questo motivo il direttivo di C.Re.S.Co, ha scritto, nel corso della giornata odierna, una lettera al Ministro per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo, on. Dario Franceschini, una lettera ufficiale in cui chiede che venga ufficialmente dichiarato lo “stato di crisi” dell’intero settore spettacolo dal vivo, stanziando fin da ora adeguate risorse economiche per un corretto svolgimento della progettualità culturale 2020. Nella lettera è stato inoltre richiesto che siano adottati provvedimenti normativi per evitare qualsiasi penalizzazione nei confronti dei soggetti finanziati dal FUS ai fini della rendicontazione del contributo pubblico, e che allo stesso fine siano allertate le Regioni e gli Enti Locali».
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