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«La definizione di “artista” a Munari va un po’ stretta: dotato di fantasia, immaginazione, inventiva e intelligenza speculativa, mise i suoi numerosi talenti al servizio del design, di un nuovo concetto pedagogico e delle arti visive, lasciando che i confini tra queste categorie fossero in costante osmosi, in uno scambio reciproco e fecondissimo». Con queste parole la curatrice Simona Bartolena ci introduce alla mostra “Munari, Arte al futuro” negli spazi del MUST di Vimercate.
Una selezione di circa cinquanta opere provenienti da collezioni private italiane e straniere mettono in evidenza la straordinaria importanza di Bruno Munari nel panorama artistico internazionale e il suo ruolo di grande precursore di tendenze e ricerche.
Il percorso espositivo è organizzato in otto sezioni, dal futurismo alle macchine inutili, dall’astrazione concreta alla pittura con la luce, con esempi celebri dell’interazione di Munari con il mondo della comunicazione, come il grande manifesto rosso per Campari. Della sezione eredità futurista una serie di collage e l’opera “Mistero Cosmico” mettono in evidenza come le radici della ricerca di Munari affondino nel movimento di Marinetti tra affinità e divergenze. La serie dei “Concavi-Convessi”, opere da appendere al soffitto ottenute dalla piegatura di una rete metallica, appartengono alla sezione delle macchine, che Munari dichiarava ironicamente inutili. Si prosegue con “Astrattismo e Arte Concreta” la cui più nota espressione sono i “Negativi-Positivi” – in mostra ne saranno esposti più esemplari datati dagli anni Cinquanta agli anni Novanta. Tra i fondatori del MAC, Movimento Arte Concreta, Munari ha destinato un ruolo importante nella sua ricerca all’esplorazione delle possibilità della forma astratta. L’astrattismo concreto si libera da qualsiasi residuo narrativo, concentrandosi esclusivamente sulla relazione tra forma, colore e ritmo. Significative da un punto di vista della ricerca e dello sviluppo sul tema, le “Curve di Peano”. Procedendo si incontrano le “Sculture di viaggio”, nate all’inizio degli anni Cinquanta come sculture pieghevoli, regalate o spedite come biglietti di auguri. Emblematiche della produzione dell’artista, sono modernissime perché trasportabili, leggere, innovative ed esprimono a pieno la volontà di Munari di fare un’arte nuova, “che meglio si adatti alla vita d’oggi”.
La sezione “Dipingere con la luce” approfondisce come la pittura, per Munari, non sia un’immagine statica, ma una molteplicità di immagini in costante mutazione: “La pittura può anche sparire purché resti l’arte”. Sfruttando un nuovo materiale, il filtro Polaroid, egli crea opere caleidoscopiche e cangianti: i Polariscop. In mostra si avrà modo di comprendere il funzionamento di un Polariscop e di sperimentare la fruizione di queste opere smaterializzate, realizzate con la luce, coinvolgenti e affascinanti, che spostano la pittura in una nuova dimensione spazio-temporale. Si passa poi alla sezione “Xerocopie”. La prima macchina fotocopiatrice Rank Xerox viene commercializzata, con grande successo, nel 1949. Nei primi Anni Sessanta Munari cominciò a utilizzare la macchina fotocopiatrice come strumento espressivo, stravolgendone, di fatto, la funzione: trasformò un oggetto nato per realizzare immagini replicate in un mezzo per creare opere uniche ed originali. Per realizzare le sue xerocopie artistiche, Munari muove delle immagini o delle texture sulla plancia della fotocopiatrice durante il tempo della scansione, sfruttando così questa nuova tecnologia per fini inconsueti e imprevisti.
Si conclude con una sezione dedicata al design – in Munari la relazione tra design e arte è costante, complessa e indagata nel profondo – con collage di tessuti e oggetti disegnati dall’artista pensando alla produzione in serie; e “Editoria e pubblicità”, di cui non possono mancare esempi come il grande manifesto rosso e una serie di collage e studi per pubblicità (alcuni anche inediti) dalla collezione della Galleria Campari.
Come dichiara Luca Zaffarano, progetto Munart.org: «Da un punto di vista storico, sia per la quantità enorme di lavoro svolto, sia per l’assenza di uno stile ben definito, Munari è stato più volte oggetto di esposizioni la cui curatela si è limitata a osservarlo da uno specifico punto di vista, oppure, all’estremo opposto, lo si è esposto nella sua complessità senza alcuna linea guida in grado di orientare la lettura del suo multiforme corpo di opere».
La mostra si avvale della collaborazione di Armando Fettolini e Ponte 43. I Laboratori di sperimentazione del Metodo Bruno Munari per MUST Museo del Territorio avvengono su progettazione, formazione e supervisione di Associazione Bruno Munari (ABM) e sono curati scientificamente da Silvana Sperati.