Da oggi, 27 ottobre, a BUILDING, a Milano, è aperta al pubblico la mostra “Il Numinoso. La tensione al sacro nell’arte italiana. Ipotesi contemporanee” (fino al 28 gennaio 2023), a cura di Giorgio Verzotti. «Riunendo pittura, scultura, fotografia, arte tessile, disegni e installazioni, la mostra si sviluppa lungo i piani espositivi di BUILDING e presso la Basilica di San Celso, dove dal 9 novembre al 22 dicembre alcune opere interagiscono con i suggestivi ambienti di un luogo sacro. Parallelamente, presso la Galleria Moshe Tabibnia è aperta al pubblico fino al 12 febbraio 2023 la mostra Sacro concreto dedicata al tema del sacro nei tessili antichi, accompagnata da un testo critico di Marco Meneguzzo», ha anticipato la galleria.
«Attraverso una selezione di opere realizzate dagli anni Sessanta a oggi, l’esposizione crea un dialogo tra più di venti artisti italiani, da importanti nomi del Novecento fino alle tendenze più recenti: Vincenzo Agnetti, Stefano Arienti, Ferruccio Ascari, Francesca Banchelli, Bizhan Bassiri, Alighiero Boetti, Gianni Caravaggio, Gino De Dominicis, Amalia Del Ponte, Chiara Dynys, Lucio Fontana, Gaspare, Francesco Gennari, Arianna Giorgi, Alberto Guidato, Jannis Kounellis, Maria Lai, Sergio Limonta, Marco Andrea Magni, Piero Manzoni, Simone Pellegrini, Michelangelo Pistoletto, Remo Salvadori, Nicola Samorì, Ettore Spalletti e Grazia Toderi», ha proseguito la galleria.
«Il termine numinoso, da cui prende il titolo la mostra, si desume dal saggio di Rudolf Otto Il sacro (1917), in cui l’autore lo definisce come una presenza extra-razionale, invisibile, potente al punto da incutere terrore e a un tempo da affascinare. Questa ambiguità essenziale è caratteristica del sacro, il quale si manifesta attraverso il numinoso a un soggetto che, secondo Jung, ne viene invariabilmente dominato. Da qui le pratiche religiose, nate fin dai tempi più remoti per “disciplinare” il numinoso, per rendere meno terrifico il sacro, per sublimarlo e controllarlo attraverso i riti delle liturgie.
Il numinoso può dunque essere interpretato come una soglia che consente al soggetto di contemplarlo senza essere annientato dalla sua potenza: possiamo leggere l’opera d’arte come un dispositivo che, similmente all’apparato delle liturgie, “sublima” e “domina” il sacro, familiarizza con esso potendolo pensare, visto che non lo può rendere oggetto dell’esperienza?
Il confronto con l’assoluto, l’apertura al pensiero dell’altrove, dell’Altro, connatura molta creazione artistica contemporanea, o almeno consente di porre l’argomento in questi termini: questione della trascendenza, che anche la visione laica del mondo accetta assumendola come limite della razionalità e della conoscenza scientifica. Sentimento del tempo, desiderio utopico di fermare il suo trascorrere irrimediabile, di battere Chronos e vincere la morte. Paura e desiderio insieme che il terrifico del sacro faccia ancora irruzione nella nostra esistenza regolata e ne scardini le regole. Tutte queste e altre istanze sono presenti nella selezione di artisti e opere che la mostra Il Numinoso propone, non certo per dare delle riposte a simili vertiginosi interrogativi, se mai per riproporli in modo nuovo, alla luce delle intuizioni degli artisti, e per inaugurare un auspicabile nuovo dibattitto. Da Fontana e Manzoni a Pistoletto, De Dominicis e Spalletti fino alle tendenze più recenti, Il Numinoso vuole essere anche, e forse soprattutto, un omaggio all’arte italiana, dal secondo dopoguerra ad oggi», hanno spiegato gli organizzatori.
Abbiamo raggiunto il curatore e il team della galleria per saperne di più.
Come nasce il progetto espositivo e quali sono le sue peculiarità?
Giorgio Verzotti: «Il progetto espositivo della mostra “Il Numinoso” nasce anni fa, da una conversazione fra me e Michelangelo Pistoletto, che in quel momento stava approfondendo il suo discorso pratico e teorico sul “Terzo Paradiso”, contemplando quindi anche una considerazone del religioso.
L’idea da cui nasce la mostra è quella di un confronto laico con l’ipotesi del sacro, della credenza in Dio. I saggi di Gianni Vattimo Credere di credere (1997) e di Julia Kristeva In principio era l’amore. Psicanalisi e fede (2015) sono altri due punti di vista laici sulla fede che mi hanno arricchito.
Questo pensiero, che ha trovato esito in un lungo articolo pubblicato su Flashart, si ricollegava a una mia riflessione sul monocromo, inteso come ricerca dell’assoluto in artisti come Fontana, Manzoni e Spalletti per restare in Italia, sviluppata a partire dalla lettura del testo Le porte regali (1977) di Pavel Florenskij.
L’idea è stata quella di trasformare queste riflessioni, portate avanti per anni, in una mostra che faccia emergere la tensione al sacro nel lavoro degli artisti. Dovendo delimitare la selezione abbiamo incluso solo artisti italiani, appartenenti alle generazioni che vanno da Lucio Fontana ad oggi; il riferimento, più o meno esplicito, è quindi quello del Cattolicesimo.
Dalle opere in mostra emerge una risposta molteplice degli artisti all’istanza del trascendente. Da un lato una risposta dettata dal punto di vista scientifico, e dall’altro, da parte della maggior parte degli artisti, si apre invece un’ipotesi metafisica, di superamento dei nostri limiti.
Rimane però centrale la questione umana, come vediamo nell’opera di Kounellis o nelle opere di molti artisti legati fortemente alla materia. L’assunto fondamentale resta quello dell’opera di Pistoletto: “C’è Dio? Sì ci sono!”, la divinità deve essere in tutti noi».
Potete indicarci un paio di opere in a cui prestare particolare attenzione per il significato che hanno nel percorso espositivo?
Il team della galleria: «La Madonna che ride di Gino de Dominicis, di 1972, una polaroid, di 8,8 cm x 11 del 1972: un’opera esposta pochissimo e dal carattere trasgressivo, e “Ecce Homo” di Remo Salvadori, un lavoro su rame del 1985 / 1997 (178 x 98 x 0,5 cm): un’opera che ribadisce il concetto di trovare le tracce del divino nell’esistenza umana».
La mostra si sviluppa in due sedi. Che cosa vedremo alla Basilica di San Celso? Come si rapporta l’esposizione “Il Numinoso” con l’allestimento Sacro concreto in corso alla Galleria Moshe Tabibnia?
Il team della galleria: «La Basilica di San Celso, in corso Italia 37, dal 9 novembre ospita una selezione di opere scuoltoree di artisti già parte della mostra a BUILDING.
Questa seconda sede della mostra apre ad ulteriori riflessioni legate al tema de “Il Numinoso” poiché le opere d’arte saranno inserite in un luogo sacro molto suggestivo, uscendo dai confini della galleria.
La mostra “Sacro Concreto” presso la Galleria Moshe Tabibnia, in via Brera 3, si concentra sul tema del sacro dal punto di vista dei tessili antichi, proponendo una selezione di oltre quaranta esemplari di tappeti, arazzi e tessuti dal XV al XIX secolo. La mostra è arricchita da un testo del critico d’arte contemporanea Marco Meneguzzo, che getta una nuova luce su un argomento, quello del “sacro”, che è alla base del significato e dell’origine del mondo del tappeto».
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