«Benché essa scintilli appena fuori dalla mia portata, continuo a pregare affinché la speranza risplenda»: Yayoi Kusama si rivolge al mondo intero con un messaggio che prende forma su una parete del più antico palazzo comunale italiano, Palazzo della Ragione, da oggi – e fino al prossimo 24 marzo – casa di Yayoi Kusama. Infinito Presente e dell’iconica Infinity Mirror Room, Fireflies on the Water.
«Nel 2020, a seguito della nomina di Bergamo Brescia come Capitale Italiana della Cultura, avvenuta direttamente dal governo per sostenere due città che sono diventate simbolo nel mondo della pandemia mi sono detto che era arrivato il momento di realizzare un sogno e quel sogno non poteva che essere Kusama, che con la sua opera vivifica alcune delle tematiche che hanno fondato la capitalità di Bergamo: la cultura come cura, la città dei tesori nascosti, la città della luce».
Se di aspettative e di alcuni aneddoti – tra cui l’incontro alla Biennale di Venezia con l’amica e curatrice Chrissie Iles che ha incoraggiato Raimondi a richiedere il prestito di Fireflies on the Water alla collezione del Whitney Museum of American Art di New York – ne avevamo parlato lo scorso maggio (qui), oggi l’apertura di Yayoi Kusama. Infinito Presente (che è anche parte del programma del Festival di Arte Contemporanea ARTDATE, organizzato da The Blank e Palazzo Monti) è umanamente accompagnata dai concetti di cura e di relazione.
La cura è all’origine dell’arte «che battaglia al confine tra la vita e la morte, che si chiede chi siamo e cosa significa vivere e morire» di Kusama, che che fin da ragazza ha sofferto di allucinazioni uditive e visive: «Uso i miei complessi e paure come soggetto. (…) Io chiamo questa pratica obliterazione». La relazione è all’origine della mostra. Il Sindaco Gori menziona quella «personale e duratura nel tempo» tra Raimondi e il Whitney Museum, l’Assessore Ghisalberti invece quella collettiva e impegnata che da 13 anni a questa parte contraddistingue The Blank, «associazione culturale nata come innovativo network di enti punti e privati che si occupano di arte contemporanea sul territorio bergamasco» che «ha portato oltre 400 artisti nazionali e internazionali a confrontarsi con la città e con i suoi luoghi più preziosi» ricorda Raimondi.
«Lei scultrice, lei scrittrice, lei performer, lei smisurata, lei oblio, lei infinito presente», scrive Raimondi nel catalogo realizzato per la mostra – a suo modo unico, perché, spiega Raimondi, «è la prima volta che lo Studio Kusama, con cui abbiamo attivamente collaborato e costruito una relazione, consente la pubblicazione di una monografia con una sola opera esposta» – scopriamo Kusama attraverso una linea del tempo allestita (con la curatela di Maria Marzia Minell) nel percorso che precede Fireflies on the Water. «Un giorno guardando le fantasie di fiori rossi della tovaglia su un tavolo, alzai lo sguardo e vidi lo stesso motivo floreale ricoprire il soffitto, le finestre, le colonne. Vidi l’intera stanza, il mio corpo e tutto l’universo ricoperto di fiori rossi, e in quell’istante mi sentii come se stessi per scomparire, ritrovando il mio posto nel tempo eterno e nello spazio assoluto. Questa non era un’illusione ma realtà».
Kusama nasce nel 1929 e nel 1952 inizia a esporre le sue opere, rendendosi conto che il Giappone è troppo piccolo, servile, feudale. Bisognosa di una libertà infinita e di un mondo più ampio si fa strada in lei il desiderio di trasferirsi in America. Nel 1965, quando già lavorava con le tematiche dell’infinito, della self-obliteration e dell’accumulo, presenta la sua prima Infinity Mirror Room: basandosi sul concetto di ripetizione e utilizzando uno specchio per ottenere una moltiplicazione all’infinito consente, come mai aveva fatto prima, di entrare fisicamente nel suo mondo.
Sul finire dell’anno Kusama soggiorna in Italia, nello studio del suo grande sostenitore Lucio Fontana, anche finanziatore dell’opera Narcissus Garden (1500 sfere di vetro che creavano l’illusione di una realtà moltiplicata e infinita) clandestinamente presentata alla Biennale di Venezia del 1966. Dopo un periodo di grande popolarità prima e di profonda incertezza poi, nel 1973 Kusama rientra a Tokyo e solo sul finire degli anni ’80 la sua retrospettiva al Center for International Arts di new York contribuì all’avvio di una riscoperta della pratica di Kusama, a cui nel 1993 Akira Tatehata affidò il Padiglione del Giappone della Biennale.
«Io, Kusama, sono la moderna Alice ne paese delle meraviglie. Come Alice che attraversava lo specchio, io, Kusama (ho vissuto per anni nella mia famosa stanza costruita internamente ricoperta di specchi) ho aperto un mondo di fantasia e libertà». Oggi Yayoi Kusama risiede nell’ospedale psichiatrico Seiwa Hospital di Tokyo, dove entrò, volontariamente, nel 1977 quando le allucinazioni e gli attacchi d’ansia iniziarono a essere sempre più insistenti, eppure non smette di rivolgerci un inviti: «Anche tu puoi unirti alla mia avventurosa danza della vita».
Attraverso le sue gesta, vicine e lontane, magiche e reali, proprio come le sue visioni, si apre la porta di Fireflies on the Water: un ambiente buio, le cui pareti sono rivestite di specchi; al centro, si trova una pozza d’acqua, che trasmette un senso di quiete, in cui sporge una piattaforma panoramica simile a un molo e 150 piccole luci appese al soffitto che, come suggerisce il titolo, sembrano lucciole. Le dimensioni sono quelle di una stanza eppure «quando le persone vedono il proprio riflesso moltiplicato all’infinito sentono che non c’è limite alle capacità dell’uomo di proiettarsi nello spazio infinito».
Atterrando a Bergamo, in tarda serata, la città brulica di luci. Brulicava di luci a marzo del 2020, poco prima che tutto si fermasse a causa del violento impatto della pandemia. Brulica di luci oggi, tre anni e mezzo dopo, quando è ancora il momento di «combattere e superare la nostra infelicità»: in solitudine, per un minuto dentro una stanza, dove si prova la sensazione che davvero un istante (il presente) possa essere per sempre (infinito). Da Yayoi Kusama, a Bergamo, al mondo intero.
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