17 giugno 2021

‘It Begins with You and Me’: Edson Luli alla Prometeo Gallery. Intervista all’artista

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A Milano, alla Prometeo Gallery Ida Pisani, da oggi “It Begins with You and Me“, la seconda personale di Edson Luli in galleria. L'artista ci ha raccontato la mostra

Edson Luli, It takes two to know one, 2021 (dettaglio), Courtesy the artist and Prometeo Gallery Ida Pisani

A Milano, negli spazi della Prometeo Gallery Ida Pisani inaugura oggi, 17 giugno (dalle 11 alle 23), “It Begins with You and Me“, la seconda personale di Edson Luli (1989, Scutari, Albania) in galleria.

La mostra, visitabile fino al 30 luglio e accompagnata da un testo di Elsa Barbieri (potete trovarlo qui), presenta al pubblico «un nuovo corpus di opere che si avvicina alla molteplicità (in)coerente e vibrante che è parte della vita contemporanea», di cui abbiamo parlato con l’artista nell’intervista qui sotto.

Intervista a Edson Luli

“It Begins with You and Me“ è la tua seconda mostra alla Prometeo Gallery, quale nucleo di opere sarà presentato?

«”It Begins with You and Me” arriva dopo “This Exhibition Will Have a Title Soon” (2017) e la mostra virtuale “I don’t Know. Let’s see!” (2020) e l’ho immaginata perché influenzasse direttamente la posizione del pubblico rispetto a essa, concorrendo alla creazione di una nuova narrativa che, appunto, “inizia con te e me”. Il corpus di opere che presento si avvicina alla molteplicità (in)coerente e vibrante che è parte della vita contemporanea. Sono sette lavori inediti, più uno che mostro per la prima volta dopo essere stato finalista al Premio Cairo (2019) e un altro del 2019: nove in tutto, tra installazioni e opere neon e video, che si articolano su due piani in un percorso ipnotico, lento e cadenzato».

Quali aspetti della tua ricerca emergono, in particolare, dalle opere in mostra?

«La mostra è innanzitutto un terreno fertile di stimoli che mettono lo spettatore nella condizione di confrontarsi con se stesso e decidere se entrare nelle opere, partecipando al loro stato di concentrazione, o guardarle nel vortice del qui e ora. “Possiamo allora leggerle come un insieme di schemi concettuali di valenza preparatoria e istruttoria diretti a successivi esperimenti behavioristici” – ha scritto Elsa Barbieri per suggerire che le opere iniziano ogni volta un dialogo, sempre diverso e mai mera copia, con le azioni di chi guarda, attivando il tempo, lo spazio e la presenza corporea dello sguardo. Ecco, questa modalità appartiene intrinsecamente alla mia ricerca, che mi spinge sempre verso la realizzazione di opere che chiedono di essere vagliate sotto lo spettro delle percezioni, lasciando che si cortocircuitino una a una le molteplici realtà sovrapposte che ci ingabbiano in cose interessanti, ma nemmeno lontanamente vere, frutto di un condizionamento socio-antropologico che si manifesta nella nostra quotidianità».

Puoi indicarci un paio di lavori particolarmente significativi per questo percorso espositivo?

«Le opere esposte sono a tutti gli effetti quadri di riferimenti contemporanei che, singolarmente e nell’insieme, impongono un processo di memoria e di critica del presente. It takes two to know one e Fragmented chairs produce fragmented thoughts sono il risultato di un’interazione tra idea e azione. Non riproducono il quotidiano ma sottolineano le dinamiche relazionali di cui partecipano e, innestando un dubbio, stimolano un “ri-arrangiamento critico e personale di elementi e relazioni”.
organism-as-a-whole-in-enviroment, Life-Death e Looking through a translucent surface impegnano la realtà, che sempre più è intesa e immaginata oltre la sua rappresentazione, lasciando emergere che avere un corpo – reale o rappresentato, che esiste nella sua capacità di porsi in relazione con l’esterno e di offrirsi agli sguardi degli altri – significa essere in comunicazione. L’incomunicabilità come sentimento comune e la massa crescente di conoscenze, che sono accelerate nella loro acquisizione e rimozione, senza un effettivo radicamento socio-culturale hanno un ruolo chiave nelle opere L’assenza delle parole nella struttura del silenzio, … is awating your attention e Including this. Sono figlie della nostra epoca, fortemente rumorosa, di cui raccontano la fobia del silenzio, e la consapevolezza che ci sarà sempre qualcosa che aspetta la nostra attenzione e al contempo qualunque cosa sarà intorno a noi per distoglierla. Ho voluto iniziare e concludere la mostra con What are you looking for?: anche dove sembra esserci un senso di cose delineate o “prima che di nuovo tornino il rumore e la velocità, prima di scivolare di nuovo dentro la vita”, come un memento, dobbiamo preoccuparci di quello che stiamo cercando».

Puoi ricordarci, in estrema sintesi, la tua poetica?

«La mia poetica si colloca nel margine più o meno stretto, ma densamente ricco di possibilità, che si apre nel vasto campo della percezione della realtà da parte dell’individuo in relazione all’ambiente, al tempo, agli stimoli esterni e ai modelli di pensiero veicolati dai mass media. Non promuovo mai una visione esclusiva dettata da un punto di vista isolato, cerco anzi sempre di proporre e attivare una modalità di partecipazione che lascia che lo spettatore usi il proprio corpo, tutti i suoi sensi, per confrontarsi con se stesso, per chiedersi come e perché, non cosa significhi. Le opere, installative, fotografiche, video o neon, fungono da stimolatori e mi permettono di osservare cosa accade dall’interazione tra l’individuo – con tutti i suoi sensi appunto – e l’opera. Si generano sempre e così tanti nuovi significati, talvolta anche in contraddizione con senso comune: io cerco di sondare come si apprendono, o li si modifichi e li si adatti ognuno a se stesso. Questa mia indagine si muove in un punto ben preciso: l’intersezione tra ontologia ed epistemologia, ovvero dove soggetto guardante e soggetto guardato entrano in relazione, si influenzano e, inevitabilmente, iniziano a dipendere l’uno dall’altro. Elsa ha scritto che “dove, con estrema precisione, seziono lo spazio e il tempo… il dubbio viene”. Ecco per me è importante creare degli schemi concettuali di valenza preparatoria e istruttoria al dubbio e alla genesi di percezioni, astrazioni, concetti e modelli mentali: questa è l’urgenza della mia poetica in un’epoca in cui in gioco c’è la ridefinizione consumistica dei rapporti, e a farne le spese è l’individuo».

Quali progetti espositivi hai per i prossimi mesi?

«Parallelamente a “It Begins with You and Me”, che resterà aperta al pubblico fino al 30 luglio, avrò un lavoro esposto nello spazio Concordia 11, dove continua la collaborazione tra Prometeo Gallery Ida Pisani e Viafarini, e insieme sarò a Vaasa nello spazio Black Box Genesis con “Back and Forth, Again“, la mia prima mostra in Finlandia insieme all’artista Erjola Zhuka (1986, Durrës, Albania)».

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