-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
A Milano da oggi, 23 marzo, al 10 maggio, alla Prometeo Gallery di Ida Pisani, nella sede di via Ventura 6, sono allestite due nuove mostre: la personale di Iva Lulashi (1988, Tirana), accompagnata da testi di Cristina Masturzo e Antonio Grulli, e la project room con lavori di Pietro Catarinella (1983, Roma), accompagnata da un testo di Mauro Zanchi. Entrambe le mostre attendono il pubblico non appena la condizione generale permetterà la riapertura delle gallerie.
Iva Lulashi, “Passione Cola Passione Scorre”
“Passione cola passione scorre”, ha spiegato la galleria, «è il nuovo solo show di Iva Lulashi con opere recenti e inedite. Dopo “Eroticommunism” del 2018 e la bi-personale “Vicino Altrove” del 2020 (insieme a Regina José Galindo), torna nella sede milanese della galleria la pittura seducente dell’artista nata a Tirana nel 1988».
«Il titolo della rassegna ricalca un telegramma di Mario Schifano, in risposta alla domanda dell’amico Corrado Levi, su cosa fosse per lui la passione bruciante. La citazione completa di Schifano, nel continuum linguistico del telegramma, appare come un flusso di coscienza sulla tematica: “Passione cola passione scorre da sempre inutile resistere lasciarsi andare e godersela e poi torna presto ne troverai anche in Italia tuo Mario” (cit. da Corrado Levi, Diari di qua e di là, Giancarlo Politi Editore, 2011)».
«Dallo scorrere continuo di immagini, e prima ancora di azioni, vengono alla luce le tele di Iva Lulashi, che partono da tracce trovate, ad esempio fotogrammi televisivi o cinematografici, per riflettere sul linguaggio visivo di una storia albanese mai consapevolmente vissuta dall’artista».
«La frase di Schifano, che non conoscevo prima – ha dichiarato Iva Lulashi -, fa parte degli stralci letterari scambiati in una chat tra me, Cristina Masturzo e Antonio Grulli. Oltre a trovarla molto efficace, mi ha interessato il legame tra la materia pittorica e i verbi “colare” e “scorrere” usati in quella missiva da Mario Schifano, che descrive la passione come un fluido. La sensualità del gesto pittorico è un tutt’uno con il contenuto del mio lavoro, perciò ho trovato perfetto questo riferimento».
«Del resto la pittura, e in particolare quella di Iva Lulashi, “è forse oggi l’ultimo spazio di incontro erotico ancora possibile”, scrive Antonio Grulli nel suo testo, che confluirà successivamente nel catalogo della mostra. Non solo: in questo momento il gesto pittorico resta uno dei pochi spazi di resistenza, concordano Masturzo e Grulli. “Viviamo giorni e mesi in cui la prossimità fisica, la vicinanza delle pelli, anche quando non è vietata, viene vista nuovamente, forse per la prima volta dopo molti decenni, come qualcosa di egoistico e immorale, di dannoso per il corpo sociale”, riscontra il critico; la pittura diviene dunque un antidoto a questo vivere asettico, “una pelle in cui incontrarsi e toccarsi”», ha ricordato la galleria.
Pietro Catarinella, “IMAGOMORPHOSIS”
«Pietro Catarinella – ha spiegato Mauro Zanchi nel testo che accompagna la mostra – rimette in funzione qualcosa che proviene dall’arte dei detriti. Riprende questioni che sono state indagate da Kurt Schwitters fino a Robert Rauschenberg e oltre, riconsiderando assemblaggi attraverso materiali di recupero, presenze ricercate nello scarto della quotidianità. Il progetto prevede la riattivazione di “oggettimmagini”, apparentemente destinati a un’inevitabile fine, entro un attuale Merzbau in divenire continuo, dove il flusso imagomorfo si rapporta con lo sguardo dei fruitori e lo spazio, da riconsiderare ogni volta che un elemento viene aggiunto nell’allestimento e nel riallestimento.
All’inizio interessano più le dimensioni dell’opera, il rapporto con lo spazio, in quale situazione si troverà, dove si andrà a collocare. Tutto il resto è apertura al possibile nella forma caotica. Si tratta allora di mettere in moto possibilità dinamiche. In questa azione entrano altri fattori ineliminabili, a volte anche cercati prima di ogni altra cosa, quali il caso, l’indeterminato, il rinvio, e altro ancora che viene lasciato all’immaginazione o perspicacia degli spettatori. Il coacervo che si viene a formare nella sovrapposizione di numerose immagini e parole fa in modo che non sia data troppa importanza al singolo soggetto, o tema o significato.
Catarinella entra nel flusso delle immagini che quotidianamente scorrono, si lascia attraversare. Fruisce lo scorrimento e le innumerevoli derive che si possono innescare. Nel continuo scrolling trae qualcosa dalla velocità, soprattutto la sovrapposizione di elementi visivi che inevitabilmente si mescolano tra loro. Il gesto è parte del flusso: sceglie, accosta, scarta, ricollega, agisce, temporeggia, sposta. Vista la velocità con cui ci misuriamo ogni giorno, l’artista guarda il plasmarsi degli agglomerati, e soprattutto si misura con la presenza enigmatica che si cela nell’intreccio delle immagini.
La scelta di spostare il caos delle immagini della nostra contemporaneità e il flusso non più fantastico del mostruoso, su superfici ferme e trasparenti collegati in serie – come fossero strati di un oltre in sospensione tra spazi e tempi – crea un cortocircuito che sembra contraddire ogni assunto legato alla costruzione concettuale dell’opera. E in questo sta il senso dell’ambiguità, dell’ironia di fondo, della contraddizione in termini, dello scherzo».