Negli ultimi tempi, anche in Italia, sembra ormai prossimo il momento per una riflessione serena, scevra da pregiudizi di casacca, sul ruolo della pittura contemporanea, sulla sua dignità e attualità, a partire da quella di figurazione. Seppure ancora – e colpevolmente – emarginata nei recenti riallestimenti di alcune importanti collezioni d’arte di gallerie e musei nazionali. È innegabile, infatti, il ruolo centrale svolto dalla pittura nel traghettare la stagione dell’arte concettuale degli anni Settanta, per quanto estremamente significativa e prolifica, fuori dalle “secche” di una strada a senso unico e senza ritorno nella quale ormai ristagnava. Che era arrivata a indurre Giulio Carlo Argan a segnalare il rischio incombente di una prossima “morte dell’arte”.
La doppia personale che si inaugura oggi negli spazi romani di Anna Marra Contemporanea, dal titolo “La distanza delle ragioni”, contribuisce a chiarire come la pratica pittorico-figurativa odierna non solo abbia ritrovato un’inedita vitalità (di cui, invece, appaiono sempre più orfani altri linguaggi, per quanto ancora in voga in certe enclave), ma sia ormai in grado di proporre un neo-modello estetico. Nel quale è palpitante e lapalissiana una sensibilità moderna, attuale, uno straordinario equilibrio e un’originale capacità di interpretazione della natura e del mondo nella contemporaneità. Tenendo pure conto delle rivoluzionarie prerogative scientifiche e tecnologiche appannaggio della nostra epoca più che di qualsiasi altra nel passato. Balza tutto ciò agli occhi passando in rassegna la galleria di tele delle due pittrici invitate, Khen Shish (nata a Safed, Israele, nel 1970) e Veronica Botticelli (nata a Roma nel 1979). La curatrice del progetto espositivo, Giorgia Calò, nel suo testo di accompagnamento si cimenta in un’approfondita, a tratti chirurgica, analisi degli elementi che differenziano i due percorsi di ricerca, nonché i rispettivi esiti formali.
Shish guarda con attenzione ai “Nuovi Selvaggi” tedeschi con il loro ritorno alla pittura fatta di aggressività e furore espressi nella gestualità oltre che di un rabdomantico nomadismo stilistico. Botticelli si rifà, invece, a una tradizione tutta italiana, essenzialmente romana, quella delle Scuole Romane, dalle Scuole di via Cavour a quelle di Piazza del Popolo e, infine, di San Lorenzo, dal Pastificio Cerere all’ultima propaggine, per quanto di breve corso, nell’ex deposito di autoveicoli di Portonaccio, in via Giuseppe Arimondi. La gestualità poi di Khen è notevolmente impulsiva, quasi lambisce il raptus, mentre più riflessiva, ma non meno robusta, è quella di Veronica. La pittura di Khen è carnale, si fonda su ordine e disordine in cui si alternano colore e segni violenti, immagini iconiche e aniconiche, forma e astrazione. L’iconografia di Veronica, invece, è algida, si risolve in un unico tema dalle mille sfaccettature, dai mille significati. Che sottopone a una specie di autopsia. Con metodo. Dove il pennello lascia il posto al bisturi, dove alla pennellata è preferito il taglio e la sutura di materiali eterogenei, come alcune carte. Quasi delle garze dell’anima. Questa volta la sua ossessione, a tratti delirante, dopo la serie delle poltrone dei cinema, delle biciclette, delle giostre, dei gazometri, si riversa sulle famose Singer, quelle che usavano le nostre mamme e nonne per cucire. Simbolo per eccellenza di una certa femminilità, forse perduta, matriarcale e della manualità che suggerisce l’atto creativo.
Anche il colore è un elemento che caratterizza le nostre artiste in maniera diversa. Khen predilige il nero che definisce “il colore più bello del mondo”. Veronica antepone una tavolozza all’apparenza più pacata, di verdi e turchesi, che strutturano lo sfondo in tante campiture tonali diverse, in un abile gioco di velature, per far emergere, con nitore a tratti spiazzante, il suo prossimo bersaglio iconografico. Un’ultima distanza che separa le due artiste è la scelta dei titoli. Quelli di Khen Shish completano la vocazione narrativa dell’opera, anche se spesso si tratta di incubi nei quali il lieto fine sembra una chimera. A fare da contraltare, i voluti silenzi di Veronica Botticelli che decide di non titolare i suoi lavori, come se non ci fosse altro da aggiungere. O forse, al contrario, perché ci sarebbe fin troppo da aggiungere, in quanto le sue tele conducono a un crepuscolo liminare verso una dimensione oltre. Profonda, insondabile, da oltrepassare a rischio e pericolo dell’osservatore.
Tutte queste differenze non minano la centralità del punto di raccordo che informa la ricerca delle due pittrici, così come di tanti loro, altrettanto validi, coetanei. La memoria. Entrambe si affidano ai luoghi segreti del ricordo, dove si condensano metaforicamente la vita e l’essenza di un passato dimenticato, le nostalgie, i sogni collettivi di un presente contingente. Da salvaguardare, perché se la società è ormai “liquida”, rischia di esserlo anche la sua memoria. (Cesare Biasini Selvaggi)
In homepage: Khen Shish, Memories from Africa, 2013, acrilico su tela, 174×137 cm
In alto: Veronica Botticelli, Senza titolo, 2017, tecnica mista su tela, 190×150 cm
INFO
Opening: ore 18.30
Dal 18 settembre al 28 ottobre 2017
La distanza delle ragioni
Khen Shish e Veronica Botticelli
ANNA MARRA CONTEMPORANEA
via Sant’Angelo in Pescheria 32 – Roma
tel. +39 06 97612389 – www.annamarracontemporanea.it
orari: da martedì a sabato, dalle ore 15.30 alle 19.30