Tiburtino III, periferia est di Roma. È fine agosto quando i residenti, che si dichiarano esasperati dalla presenza dei rifugiati, affrontano gli ospiti del presidio umanitario per migranti “transitanti” di via del Frantoio. Un migrante rimane ferito. La situazione, ancora incandescente, si rinfiamma due giorni fa. Questa volta c’è CasaPound da una parte, gli antifascisti dall’altra. E sono scontri, con almeno un ferito lieve, in via del Badile. Dove è in programma il consiglio straordinario del IV Municipio, contestato dagli attivisti di sinistra e convocato su richiesta degli esponenti di estrema destra per decidere sul futuro del centro di accoglienza di via del Frantoio.
Un copione destinato a ripetersi. Dal nord al sud. Dove è in atto una guerra tra gli ultimi (gli immigrati stranieri) e i penultimi (la popolazione locale). E non è una questione di razzismo. No, è una questione di povertà ed esclusione, che si trascina, in particolare nelle aree più degradate, da decenni e che l’imponente ondata migratoria in corso ha fatto solo precipitare. Il rischio è di farsi dominare dalla paura. Collettiva. Che ha già colpito i ragazzini nati in Italia da genitori stranieri. Dal momento che sembra definitivamente tramontata in questa legislatura la possibilità di approvare lo ius soli, cioè la legge sulla cittadinanza. Tutto questo mentre, nella giornata di ieri, arriva la doccia fredda di Schengen: i paesi del nord Europa vincono sulla nuova stretta alle frontiere. E l’Italia resta al palo sulla riforma di Dublino che attualmente obbliga i paesi di primo approdo (cioè il nostro e la Grecia) a dare asilo ai rifugiati. Sembra che, invece, sia andata meglio ai cosiddetti “Dreamers”, i circa 800.000 giovani immigrati portati illegalmente negli Stati Uniti dai genitori quando erano bambini. Che, per il momento, grazie a un accordo tra Trump e i democratici, non rischiano più l’espulsione.
Questo presente instabile e in fibrillazione sta segnando in profondità lo scenario globale e la storia contemporanea. Così come i concetti stessi di nazione e paese che, riletti alla luce della più recente attualità in Europa, sono al centro della mostra proposta da Nicolò Degiorgis da Museion.
Si intitola “Hämatli & Patriæ” e parte da L’arca di Noè sul monte Ararat, un dipinto fiammingo del 1570 di Simon de Myle, che ritrae però lo sbarco dell’arca e non la sua partenza. Prendendo spunto da questa scena poco consueta nell’arte, a tratti grottesca, la mostra si presenta come una grande mise-en-scene del dipinto stesso e una sua traduzione in chiave contemporanea.
Lo spazio espositivo è dominato, infatti, nella parte centrale, dalla riproduzione in grande scala di una fotografia di Luca Turi di forte impatto visivo ed emozionale, entrata ormai nell’immaginario collettivo sulla migrazione: il primo sbarco di migranti dall’Albania sulla nave Vlora nel porto di Bari nel 1991. La foto forma il dialogo tra habitat e habitus con l’installazione Romeno è Giulietta, 2015 di Eugenio Tibaldi. Si tratta di un’opera lirica sul tragico destino di Dimitri, migrante rumeno, che proprio dalla Vlora era sbarcato: finito a lavorare per una ditta di pandori a Verona, muore tragicamente dopo un’operazione per cambiare sesso.
L’affollamento brulicante dei corpi sul molo di Bari, riportato nell’immagine della Vlora, si trasmette idealmente nel tappeto di tessere colorate, frammenti di un enorme puzzle che invade e “contamina” lo spazio espositivo, arrampicandosi fin sulla parete. Si tratta della scultura modulare Devi urlare in un bosco per sentirne l’eco, 2017 di Luca Trevisani.
Il video Volga del 2015 dell’artista ceceno Aslan Gaisumov narra invece di un viaggio, o meglio della fuga dell’artista, insieme ad altre venti persone stipate a bordo di un’unica automobile, per sfuggire da Groznyj durante la prima guerra cecena.
Una mostra, questa da Museion, che non offre obbligatoriamente una visione ottimista in tema di migrazione, accoglienza, inclusione. È una visione realista, a tratti forse anche predittiva, nel momento in cui, alcune opere esposte, sembrano lasciare intravedere questo complesso fenomeno dei nostri tempi come fonte di arricchimento culturale. (Cesare Biasini Selvaggi)
In alto: Hämatli & Patriæ, veduta della mostra. Foto Museion
In homepage: Simon de Myle, L’Arche de Noé sur le mont Ararat. Collezione privata
INFO
Hämatli & Patriæ
Opening: ore 19.00
Dal 16 settembre 2017 al 14 gennaio 2018
Museion-museo d’arte moderna e contemporanea
Piazza Piero Siena 1, Bolzano
t. 0471 22 34 13 – info@museion.it
Orari di apertura: da martedì a domenica ore 10.00-18.00. Giovedì 10.00-22.00, con ingresso gratuito dalle 18.00 e visita guidata gratuita alle ore 19. Ogni sabato e domenica ore 14.00-18.00 “dialoghi sull’arte” in mostra. Lunedì chiuso.