Il sociologo Guerino Nuccio Bovalino, rispetto agli attentati dell’11 settembre 2001, ha spiegato che «le Twin Towers erano il reale comunicato e rappresentato come un videogioco di guerra, le decapitazioni dell’Isis sono raccontate con strumenti sofisticati di trailer cinematografici e scenografie hollywoodiane per esaltarne il sangue reale che viene in superficie. Immagini che ci toccano realmente, sfuggendo, alla nostra capacità consolatoria, di sentire distanti quei corpi che cadono dalle torri gemelle». Immagini che girano tutto il giorno diventando strumento di perpetuazione del terrore, “spettacolarizzando il terrorismo”, trasformandolo in una campagna di marketing dagli esiti virali. Nella manipolazione della percezione della realtà. Una manipolazione sofisticata, meccanica, perpetuata in quel mondo digitale che non prevede la possibilità dell’oblio.
Tanto da poter parlare oggi, senza tema di smentita, dopo il tramonto delle ideologie, di “imagocrazia”, progressivamente monopolizzata dal terrore, in un contesto di riferimento mistificato alla percezione, come in un permanente fake virtuale. Questo ragionamento ci conduce oggi, insospettabilmente, nel capoluogo dell’Alto Adige. A Bolzano. Perché qui, nel pomeriggio, ar/ge kunst apre la nuova stagione espositiva, nella sua sede in via Museo 29, con “Topografia del Terrore (19.12.2016)” degli artisti Elisa Caldana e Diego Tonus. È un film ambientato nell’edificio mai realizzato della Topographie des Terror di Berlino, inizialmente progettato dall’architetto svizzero Peter Zumthor nel 1993. Il design di Zumthor vinse la gara per la costruzione di un Centro di Documentazione su quello che era stato il sito in cui la Gestapo, le SS e la sicurezza del Reich avevano avuto il loro quartier generale durante il regime nazista. Ma il suo progetto non fu mai realizzato a causa dei costi elevati e dell’attitudine radicale e senza compromessi dell’architetto. Partendo dai disegni e dai piani originali di Zumthor, Caldana e Tonus hanno prodotto una ricostruzione virtuale (CGI rendering) dell’edificio della Topografia del Terrore. Si tratta di un’immagine di un futuro contemporaneo mai attuato, che offre lo scenario ideale per ospitare una narrazione che s’interroga su come alcune forme del terrore operino oggi, e su come potrebbero operare in un prossimo futuro. Basato su una serie di conversazioni con psicoanalisti e giornalisti della Reuters, della BBC e del Freud Museum, il film racconta le vicende di un giornalista di un’agenzia di stampa che soffre da stress post-traumatico secondario, effetto della sovraesposizione a immagini violente nella newsroom. Attraverso la storia fittizia raccontata in voice-over dall’attore e attivista Khalid Abdalla, il lavoro esplora i modi in cui l’informazione viene costruita nel giornalismo contemporaneo. Articolando una riflessione sul ruolo e sui valori dell’immagine come strumento appunto di perpetuazione del terrore e manipolazione della percezione della realtà. L’edificio vuoto trova un nuovo significato nell’impossibilità di definire un’unica “topografia del terrore”, nella natura schizofrenica del terrorismo contemporaneo che risuona attraverso i non luoghi di Internet e dei media. In questi termini, ha evidenziato Gareth Evans (produttore cinematografico e curatore del programma di Film e Moving Image presso la Whitechapel Gallery di Londra) “Topografia del Terrore (19.12.2016)” «… è allo stesso tempo un’efficace ricostruzione di un edificio seminale che mai è stato, una profonda indagine della nostra danneggiata e danneggiante mediazione del conflitto, e una straordinaria esplorazione della complessa relazione tra etica personale e pubblica».
Non solo il film attende il pubblico, ma anche una serie di schizzi e mappe mentali realizzate da Elisa Caldana e Diego Tonus durante il making of del lavoro, disegnate su stampe in larga scala dei piani della Topografia del Terrore dell’architetto Peter Zumthor. Una serie che rivela come l’”architettura” dello script sia stata progettata e che, allo stesso tempo, entra in dialogo concettuale con la storia di ar/ge kunst dove, lo stesso Zumthor, tenne la sua prima mostra personale in Italia nel 1990. (Cesare Biasini Selvaggi)
In alto e in homepage: Elisa Caldana e Diego Tonus, Rendering – Still Frame dall’Animazione, 2017