Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Bruna Rotunno, italiana, vive tra l’Europa e Bali. Dall’isola indonesiana, la fotografa e videomaker, è stata incantata dalla prima volta sull’isola, che risale a vent’anni fa.
Ha iniziato a osservare, a scattare, a raccogliere un racconto per immagini che l’ha impegnata negli ultimi otto anni, e che ora è in scena al MAO, con la cura di Gigliola Foschi.
Che si vede? Dimenticate un poco i paesaggi incantanti e il mare cristallino (d’altronde siamo sempre in un’istituzione etno-antropologica, che nonostante la giovane età raccoglie qualcosa come 2mila e 200 opere d’arte orientale, e che ha avviato un programma di mostre temporanee per approfondire tematiche per presentare al pubblico altri aspetti della straordinaria ricchezza e originalità di queste culture) ed immergetevi tra la popolazione dell’isola.
“Ogni gesto e ogni personaggio traduce l’essenza di un luogo unico, caratterizzato da una costante armonia. Partendo dalla mitologia balinese, fondata sul culto dell’acqua – la Holy Water, la Grande Madre, simbolo di creazione e purificazione – nelle fotografie viene così mostrato il fluire del lato femminile dell’isola. A esso si lega il sacro, il rito, la creatività, l’arte, la musica e la danza, raccontati attraverso i gesti quotidiani delle donne balinesi”, scrive la curatrice.
Le donne, le madri appunto, come artefici del sacro, della capacità di creare risorse (il lavoro nelle risaie) e anche della capacità di integrarsi: non è un caso, infatti, che Rotunno abbia puntato l’obiettivo anche sulle “straniere” che abitano a Bali, e che hanno deciso di sviluppare progetti di natura etica, sociale, artistica ed educativa, spesso all’insegna dell’eco-femminismo e della sostenibilità sull’isola.
Ecco allora la fondatrice di una banca di microcredito per aiutare i poveri, l’irlandese che ha aperto una “scuola Montessori”, l’inglese che con un non-profit finanzia operazioni per correggere malformazioni congenite nei bambini.
«Bali è un’isola composta da una luce fluida e mutevole, da una ritualità fatta di gesti che rendono visibile l’invisibile e soprattutto da una bellezza diffusa che riflette un’armonia in continuo divenire. Attraverso i ritratti di queste donne ho cercato di coglierne l’essenza, raccontando la forza dell’energia femminile, sfiorando la quotidianità di un luogo in cui tutto è sacro e dove la potenza creatrice della natura risuona con l’energia creativa presente in ognuno di noi, rendendo più lucidi e realizzabili i nostri sogni», spiega Rotunno, per una mostra che oltre ad 80 scatti raccoglie anche un gruppo di piccole sculture in legno femminili degli anni Cinquanta e alcuni oggetti legati alla cultura di Bali, prestito della collezione Mariangela Fardella di Milano.
Ecco così un omaggio, forse davvero non troppo artistico, ma vivo e pulsante di una comunità. E di un sogno. (MB)