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Le installazioni di Navid Azimi Sajadi a Monreale
Opening
di Silvia Conta
Nel Complesso Monumentale Santa Maria Nuova, da oggi, 23 ottobre, sarà aperta la personale di Navid Azimi Sajadi (1982, Teheran) «Oriente e Occidente. Allegorie e simboli della tradizione mediterranea. Installazioni di Navid Azimi Sajadi», a cura di Lina Bellanca e Alessandro Carlino, organizzata dalla Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Palermo in collaborazione con l’Arcidiocesi di Monreale e con MondoMostre, che collega due monumenti del percorso arabo normanno protetto dall’UNESCO: il complesso monumentale del Duomo di Monreale e il palazzo della Zisa.
Il percorso espositivo «narra storie e simboli figurati dei capitelli del chiostro benedettino e delle cappelle del Duomo: dalle fotografie dell’archivio Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut, alle installazioni site-specific dell’iraniano Navid Azimi Sajadi, fino alla realizzazione di una app dedicata alla mostra, sviluppata per MondoMostre dallo studio “ingegneria delle due Culture”, con musiche di Pinuccio Pirazzoli. I servizi di ticketing e didattica sono a cura di CoopCulture», ha spiegato l’organizzazione.
«Le opere di Navid Azimi Sajadi, ispirate all’iconografia del complesso monumentale, saranno esposte all’interno del Chiostro di Monreale, in una sala del Museo Diocesano e nella Cappella San Benedetto del Duomo normanno: riescono a creare un dialogo contemporaneo tra l’arte mediorientale e il mondo occidentale mediterraneo. Non solo un viaggio tra Oriente e Occidente, dunque, ma anche un percorso tra passato e presente grazie all’allestimento espositivo sviluppato dal concept designer Francesco Ferla, che esalta le molteplici raffigurazioni dei capitelli nella suggestiva cornice abbaziale, gli stessi ai quali si rifanno l’arte e la poetica di Navid Azimi Sajadi, nato a Teheran in una famiglia di galleristi, ma da quindici anni ormai di stanza a Roma, da dove continua a lavorare in sinergia con il suo Paese d’origine».
«Il percorso espositivo prosegue a Palermo e si inaugurerà il 24 novembre al Palazzo della Zisa con la cura, per parte iraniana, di Ashkan Zahraei e Giuseppe Moscatello. Navid Azimi Sajadi creerà opere in situ coinvolgendo i visitatori durante le fasi della loro realizzazione, attraverso workshop e performance organizzate con altri artisti e giovani studenti», ha proseguito l’organizzazione.
La collaborazione con il Kunsthistorisches Institut in Florenz
In mostra a Monreale «saranno esposte anche fotografie realizzate nell’ambito del Progetto Cenobium del Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max Planck Institut (fotografo F. Sigismondi) che insieme all’App renderanno ancor più sorprendente la scoperta di uno dei più famosi chiostri in ambito mediterraneo. Le riproduzioni digitali ad alta risoluzione permettono di esaminare alcuni dei capitelli, studiarli tramite particolari ingranditi e in assenza di interferenze luminose, in condizioni che riproducono, per così dire, quelle della bottega in cui furono realizzati, consentendo di riportare l’attenzione sull’alta qualità artistica di questo genere di scultura medioevale. L’obiettivo è la rappresentazione multimediale attraverso la fotografia digitale e l’impiego di modelli tridimensionali, consultabili in maniera interattiva tramite l’App. Il progetto si propone di sottolineare il collegamento fra le opere d’arte e i luoghi in cui esse sono effettivamente collocate, integrando quesiti storico-artistici con i più moderni strumenti tecnologici di ricerca», ha spiegato l’organizzazione.
L’App sarà rilasciata la settimana prossima: pronta per esser diffusa, la sua pubblicazione ha subito una leggera posticipazione perché in queste delicate settimane viene data la precedenza al rilascio di app direttamente connesse alla gestione della pandemia.
Navid Azimi Sajadi ci ha raccontato il progetto espositivo
Come è nata l’idea di questa mostra a Monreale?
«L’anno scorso ad Artissima ho avuto un incontro con Ilaria Natalucci, ci conosciamo da tempo, le era piaciuta molto la mia mostra al Macro nel 2018, e stavamo preparando la mia personale a Foundry_Dubai e le mie ceramiche per Art Dubai. Con noi c’era il curatore Ashkan Zahraei, insieme è nata l’idea di una collaborazione per una personale site specific al complesso monumentale del Duomo di Monreale e il palazzo della Zisa. A ciò è seguito il sopralluogo e da quel momento è nato il progetto “Oriente-Occidente”».
Con quale approccio ti sei avvicinato al patrimonio storico e artistico della Cattedrale di Monreale? Come hai unito eredità storico-artistica e arte contemporanea?
«Nel momento in cui ho visto la struttura del convento e della cattedrale con la Capella di San Benedetto, ritenuti una delle massime espressioni del periodo arabo-normanno, ho sentito di dover comprendere più a fondo l’estetica del luogo studiando il più possibile per cercare di avvicinarmi al punto di vista di un artista dell’epoca. Attraverso questo tentato di leggere il luogo attraverso i suoi occhi, per poi “digerire” tutte le informazioni e le intuizioni e “dimenticare” tutto, non pensarci più per poter sviluppare un mio approccio personale. In questo modo ho potuto sviluppare un progetto personale in forte dialogo con il luogo, “parallelo” alle espressioni artistiche che lo contraddistinguono e allo stesso tempo autentico».
In questo tuo lavoro ha un ruolo determinante il sogno. In che termini?
«Sogno in questa produzione per me è la prima chiave: per la prima volta nella mia carriera ho creato un percorso di installazioni che ha le caratteristiche di una dimensione onirica. Monreale è stata costruita sulla base di un sogno fatto in una notte del 1171 dal re normanno Guglielmo II, in cui gli sarebbe apparsa la Madonna per indicargli il luogo in cui edificarle una chiesa. Quest’origine del luogo mi ha portato ad assumere un linguaggio lavorativo che potrei definire una specie di “realismo magico”, un racconto polifonico che partendo da segnali, forme e colori familiari per lo spettatore lo porta a leggere e vedere i disegni che stanno dentro i miei lavori e a coglierne il legame con tutto il luogo, la struttura e le decorazioni. Questo fa sì che il sogno antico di Guglielmo si collochi all’interno del mio “sogno lucido”, costituito dalle tre parti della mia installazioni».
Quali aspetti della tua ricerca emergono, in particolare, in questo progetto espositivo?
«In questa mostra si condensano in particolare due aspetti della mia ricerca: da un punto di vista tecnico emerge l’unione che ho creato tra la ceramica persiana e la maiolica, un intreccio di tecniche, che ho costantemente messo in relazione con le espressioni artistiche presenti a Monreale. Per quanto riguarda il concept, invece, si riscontra il tentativo di amalgamare simbologie, culti, storia e culture. Questo è molto legato anche alla mia esperienza personale: nato in una cultura persiana, quella mediterranea per me è acquisita successivamente, ma dentro di me con il passare degli anni si sono fuse, trovando una loro omogeneità».
In quali altri progetti troveremo il tuo lavoro nei prossimi mesi?
«Pandemia permettendo, a dicembre-gennaio dovrebbe aprire la mia mostra a Foundry_Dubai e a marzo dovrei partecipare a una doppia personale a Esfahan, in Iran».
La mostra e i capitelli del Duomo di Monreale
Alessandro Carlino, storico dell’architettura e tra i curatori della mostra, ci ha aiutato a capire il motivo dell’attenzione conferita ai capitelli di Monreale.
La mostra, ci ha spiegato, nasce come tentativo di indagine di un periodo particolare della storia della Sicilia, quello normanno, e dal tentativo di ulteriore spiegazione della valenza che avevano i capitelli romanici del chiostro del Duomo di Monreale, poiché nel corso degli ultimi decenni dell’undicesimo secolo questa nuova forma di scultura, con un nuovo tipo di capitello, sarà determinante per l’aspetto decorativo degli interni sacri – e dei chiostri in particolare -, che si imporrà quale elemento fondamentale della scultura romanica. La decorazione del capitello, sostanzialmente, assume nuove forme: da forme puramente ornamentali che si riferisco a elementi vegetali, zoomorfi o antropomorfi, diventa elemento di rappresentazione narrativa di scene bibliche, allegorie o avvenimenti storici per raccontare in forma di pietra i cardini del messaggio cristiano.
È importante ricordare, ha aggiunto Carlino, che la Sicilia del periodo normanno è, potremmo dire, multiculturale: vi convivono comunità islamiche, greche, e i “nuovi arrivati”, i latini, in un crogiuolo che influenza la percezione figurativa e la produzione artistica e, con quest’ultima, anche quella dei capitelli, in cui si possono leggere influenze che vengono dall’Oriente islamico, bizantino e greco.
In occasione di questa mostra, con la collaborazione del Kunsthistorisches Institut in Florenz, sono stati indagati gli elementi fondanti, anche da un punto di vista iconografico, da cui derivano le forme dei capitelli di Monreale, con particolare attenzione ai modelli classici a cui si sono riferiti i maestri scultori che lì hanno operato. In particolare sono stati indagati quelli che sono stati i loro precedenti iconografici, riferiti direttamente alla cultura classica, uno dei più famosi è quello che ritrae il dio persiano Mitra nell’atto di sacrificare un toro all’interno del chiostro, ha proseguito lo studioso.
Partendo da questi presupposti nel percorso della mostra sono stati scelti alcuni capitelli in cui confluiscono a un livello qualitativo eccelso, diverse correnti artistiche della seconda metà del XII secolo e si è cercato di mostrarli nella loro interezza narrativa, perché, benché visibili, i capitelli sono difficili da osservare. Attraverso una serie di immagini di ingrandimenti abbiamo cercato di renderli “accessibili” al pubblico a una distanza più ravvicinata e di rendere possibile l’osservazione dei particolari in assenza di interferenze visive, di distanza o luce, un po’ come quando erano nella bottega artigiana dello scalpellino, ha concluso Carlino.