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Le Metamorforsi di Stefano Cescon in divenire a Roma
Opening
Quella di Stefano Cescon è un’arte in continua evoluzione, cresciuta e trasformata nel corso degli anni, con l’obiettivo di raggiungere l’assoluto e la perfezione. Questo processo ha attraversato molte fasi, prendendo forma nel tempo e trovando infine la sua ragion d’essere.Cescon nasce artisticamente come pittore, diplomandosi in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Verona nel biennio 2012/2013, e proseguendo gli studi in Decorazione a Venezia. Tuttavia, col passare degli anni, sente che la pittura, e in generale l’opera d’arte bidimensionale, non è sufficiente per esprimere pienamente la sua visione artistica, e non è in grado di raggiungere quello che è il suo obiettivo filosofico-artistico: l’impossibile e paradossale ricerca della perfezione. Decide dunque di cambiare registro, e di farlo esplorando mezzi completamente diversi in grado di dare forma a un’arte che rifletta la sua crescita artistica – interiore – e la complessità delle sue riflessioni.
Dopo un periodo di intensa introspezione, Cescon scopre la cera, un materiale che lo affascina per la sua malleabilità e capacità di trasformarsi. Questa scoperta gli apre un universo di contraddizioni e ambiguità che diventano strumenti preziosi per interrogarsi e cercare risposte sulla complessità della sua ricerca verso la perfezione. A tal proposito, la sua esplorazione artistica si orienta verso la creazione di opere che coniugano la dimensione pittorica con quella scultorea, portando alla nascita di “quadri-scultura”. La cera viene messa in discussione, e viene trasformata per passare da uno stato malleabile, morbido, e finito, a uno duro ed eterno come la pietra. Cescon agisce tramite stratificazione, unendo la cera e pigmenti puri per creare blocchi tridimensionali che riflettono il suo desiderio di dare forma a un istante fluido e infinito, co-generativo.
Il significato di questo gioco consiste nell’ambiguità tra il solido e liquido, in cui la cera diventa pietra. In questo modo si mette in atto un tipo di riflessione dal carattere esistenziale, in cui la materia viene modellata dall’artista-artefice in un contesto quasi alchemico. Questa indagine prende vita con l’inserimento nelle sue opere del marmo travertino, simbolo dell’architettura romana. L’idea di utilizzare questa tipologia nasce dopo un viaggio illuminante a Roma, dove Cescon rimane affascinato dal suo colore grigio e dalle sue imperfezioni, simbolo di un passato antico ma ancora vivo. Cescon frantuma e amalgama il marmo con la cera, creando superfici che evocano cieli e mari, dove l’azzurro del lapislazzuli si mescola al grigio della pietra, dando forma a blocchi di materia sospesi tra passato e presente. Il processo di stratificazione diventa per l’artista un rito quotidiano, un mantra che gli permette di sovrapporre pensieri e riflessioni. Ogni strato di cera rappresenta un pensiero, un frammento di tempo che, unito agli altri, compone una riflessione più ampia sulla temporalità e sull’esistenza.
C’è, anche, una meditazione di carattere letterario: il riferimento è alle Metamorfosi di Ovidio, ed esattamente al poema Amores in cui, attraverso la frase «Nitimur in vetitum semper cupimusque negata» (Amores, III, 4, 17) mette in evidenza l’attrazione verso l’interdetto e il fascino di ciò che è irraggiungibile: la perfezione.
Ma se nei miti ovidiani accade che i protagonisti subiscono trasformazioni che li rendono eterni nella loro nuova forma, nella pratica artistica di Cescon, il processo viene ribaltato e ulteriormente affinato: l’artista non trasforma l’effimero in roccia, ma fonde cera e materiale lapideo in un’unica entità, rendendola ambigua e indefinibile. Le sue opere non sono né pura cera né pura pietra, ma una sintesi dei due materiali, che trascende i confini dell’arte tradizionale e sfida la percezione dello spettatore. Nel suo percorso artistico, Cescon sperimenta incessantemente, creando e distruggendo opere nel suo continuo e insoddisfatto tentativo di raggiungere la perfezione. Le concrezioni minerarie che emergono nelle sue opere simboleggiano il dubbio dell’artista, il suo continuo avanzare e ritirarsi, in un moto perpetuo tra creazione e meditazione.
La mostra Metamorfosi rappresenta quindi una tappa fondamentale di questo percorso, una testimonianza della continua evoluzione di Cescon verso una forma di perfezione che resta sempre in divenire. Si tratta di un corpus di opere che segna una tappa cruciale nella carriera dell’artista, uno stadio fondamentale in cui ha acquisito una profonda consapevolezza della capacità della materia di mutare, trasformarsi e rivelarsi in modi del tutto inaspettati. Questa versatilità gli permette di mettere in discussione ogni certezza, aprendo la strada a una riflessione sulla possibilità, per quanto paradossale, di raggiungere la perfezione. Lo spazio Gaggenau a Roma, con il suo design raffinato, amplifica l’effetto complessivo della mostra, invitando l’osservatore a riflettere sulla materia e sui suoi significati. Le opere si integrano armoniosamente con l’ambiente elegante e minimalista, esaltando il dialogo tra cera e pietra e accentuando la loro connessione visiva e concettuale.
Il curatore Sabino Maria Frassà ha difatti concepito un percorso espositivo che invita il visitatore a riflettere sulla materia e sulla perfezione, immergendosi in un viaggio filosofico e introspettivo. Le opere, sospese tra la solidità della pietra e la fluidità della cera, diventano un invito a contemplare l’assoluto, spingendo l’osservatore a riflettere sul tempo, sulla materia e sull’infinito. La mostra, che si concluderà il 20 dicembre 2024, rappresenta una fase significativa del viaggio interiore e artistico di Cescon, un percorso tutt’altro che concluso. Attraverso il suo lavoro, l’artista rivela una parte di sé frutto di una profonda riflessione, ma che potrebbe ancora evolvere. Le sue opere, sempre in trasformazione, riflettono questa continua metamorfosi, restituendo un’immagine dinamica e in costante cambiamento.