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A Torino, negli spazi di Mazzoleni, inaugurano oggi, 12 aprile, dalle ore 17.00 alle ore 22.30, due mostre personali: “MASSIMO VITALI. Ti ho visto” e “SALVATORE ASTORE. Gli occhi della Scultura”, di cui abbiamo parlato con la galleria:
Come si collocano queste due mostre nella ricerca della galleria Mazzoleni?
«La mostra di Astore è la prima personale dell’artista in galleria, che corona anni di collaborazione insieme alla recente installazione Anatomia Umana, il monumentale gruppo scultoreo donato alla Città di Torino (ne avevamo parlato qui, ndr). “Gli occhi della Scultura” ripercorre l’attività artistica di Astore dagli anni ’80 ad oggi attraverso una pluralità di linguaggi: dalle sculture in acciaio inox degli anni ’80 ai disegni recenti, fino alle inedite sperimentazioni in bronzo realizzate appositamente per la mostra.
“Ti ho visto” rappresenta la seconda tappa di un proficuo rapporto tra Vitali e la galleria, che si inserisce nell’ottica di apertura della Mazzoleni verso la scena artistica contemporanea.
L’intento della galleria è quello di sostenere artisti che si distinguono per la peculiarità delle loro ricerche e pratica artistiche, fornendo loro supporto e presentando al pubblico il frutto di questi processi creativi. Nel caso di Vitali, le opere rappresentano un luogo privilegiato per compilare un manuale socio-antropologico della contemporaneità».
Quali sono i progetti futuri della galleria?
«Dopo questa doppia personale, la galleria presenterà presso la nuova sede di Londra la mostra “MARINELLA SENATORE. Afterglow” che si terrà dal 9 giugno al 26 agosto 2022. Le sculture luminose di Senatore occuperanno non solo gli spazi espositivi della galleria, ma animeranno anche punti chiave della città, con l’obiettivo di coinvolgere l’eterogenea comunità londinese. Sarà un’occasione unica per presentare un nuovo corpus di sculture e disegni e per attivare la città attraverso installazioni site-specific e performance all’aperto. Nell’autunno seguirà una serie di eventi che vedranno la Senatore protagonista, tra cui una collaborazione con il Palais de Tokyo di Parigi».
MASSIMO VITALI. Ti ho visto
Il percorso espositivo si snoda attraverso tre decenni di attività, spaziando dalle fotografie storiche a quelle più recenti del 2020, dai paesaggi urbani a quelli naturali, selvaggi e incontaminati. L’artista, mosso da un intento sociologico e da spirito voyeuristico, individua la spiaggia come luogo privilegiato per compilare un manuale socio-antropologico dell’identità italiana. […]».
«Il percorso espositivo che si apre con la prima fotografia del 1994 messa subito in relazione con gli scatti più recenti, si snoda attraverso tre decenni di attività, spaziando dalle fotografie storiche (Viareggio Red Fins, 1995) a quelle più iconiche (Carcavelos Pier Paddle, 2016), dai paesaggi urbani (Friche de la Belle de Mai on Air, 2017) a quelli naturali, selvaggi e incontaminati (Ponta dos Mosteiros Dark, 2018)».
Da un punto di vista tecnico «la visione frontale e la posizione sopraelevata, il cosiddetto “punto di vista del principe”, consentono al fotografo di cogliere ampi scorci paesaggistici e allo stesso tempo di addentrarsi nell’intimità delle interazioni umane. Dopo ore di paziente osservazione, Vitali sceglie il momento in cui apparentemente non succede nulla di decisivo, ma nel quale molte microstorie convergono. La luce fredda e biancastra ferma nel tempo e nello spazio persone, cose e luoghi. Ne risulta un ritratto impietoso della quotidianità in cui elemento naturale, sfera pubblica e dimensione privata si intrecciano in una sorta di cristallizzata sospensione temporale», ha proseguito la galleria.
SALVATORE ASTORE Gli occhi della Scultura
Le sculture di Salvatore Astore (1957, San Pancrazio Salentino), ha spiegato la galleria, «parlano dell’Uomo nel senso più ampio e profondo dell’espressione e della relazione fra uomo e mondo. Questa è la capacità di eloquenza formale che giunge a noi dopo quarant’anni di ricerca, ancora, come negli anni ’80, mantenendo un proprio linguaggio formale. Questa esposizione è l’occasione per scoprire nuove sculture prodotte appositamente per la mostra unitamente a un’accurata selezione di lavori realizzati dagli anni ’80 ad oggi.
Il nuovo progetto espositivo, appositamente pensato e realizzato per la galleria, segna il naturale e felice evolversi del lavoro di collaborazione fra Mazzoleni e l’artista iniziato anni fa e culminato di recente nell’installazione dell’opera pubblica Anatomia Umana, inaugurata lo scorso autunno in Corso Galileo Ferraris di fronte al Mastio della Cittadella di Torino. Il monumentale gruppo scultoreo alto più di cinque metri, realizzato in acciaio inox, è stato donato dalla galleria alla città di Torino».
Il titolo della mostra – “Gli occhi della Scultura” – «si inscrive in una dialettica di continuità con il percorso iniziato da Anatomia Umana e, riprendendo in citazione le parole del testo critico di Elena Pontiggia, compreso insieme agli scritti dello storico dell’arte Francesco Poli e dell’artista stesso nell’omonimo volume pubblicato in occasione dell’inaugurazione della grande opera pubblica, ne ristabilisce l’attualità semantica e la puntualità tematica».
In questa personale, ha proseguito la galleria, «si può fare esperienza di una specifica attitudine di Astore: quella della scala delle opere in rapporto agli spazi che le ospitano […]. Fin dagli anni ’80 la pratica artistica di Astore si potrebbe definire come un minimalismo organico. Al centro della sua ricerca vi è lo studio di problematiche quali: materia, peso, forma, vuoto e, di conseguenza, pieno. La sua è un’analisi sensibile e determinata di forme, per usare le parole di Francesco Poli, “non originali, ma originarie, essenziali e primarie in quanto inscritte nella logica delle strutture organiche.” L’atmosfera è ancestrale, le suggestioni che ne derivano vanno dai reperti fossili ai megaliti preistorici, da forme organiche legate all’uomo o al mondo animale, all’universo connesso alla Torino industriale e postindustriale dei metalli, nel caso specifico di Astore del ferro, dell’acciaio e, per la prima volta in questa mostra, del bronzo. “Tanto più è archetipica, pura la forma, tanto più gli altri potranno soggettivizzarla e farla propria in modi diversi” afferma l’artista».