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Miroslaw Balka, “nehtyM”
“nehtyM” (fino al 12 novembre) è la quinta personale di Miroslaw Balka (1958, Varsavia) in galleria. «L’artista, già protagonista dell’importante retrospettiva CROSSOVER/S, tenutasi al Pirelli HangarBicocca nel 2017 a cura di Vicente Todolí, ritorna a Milano con un nuovo progetto di opere inedite nello spazio di via Stradella 7», ha anticipato la galleria..
«”nehtyM, titolo della mostra, – ha proseguito – è la versione speculare della parola tedesca “Mythen” che rivela il viaggio dell’artista nel concetto di mito attraverso tre simbolici momenti: Desiderio, Gravità e Unione. Il percorso espositivo è così scandito in tre macro-aree attraverso nuove sculture e disegni, opere che proseguono l’indagine, avviata da Miroslaw Balka negli anni ’80, sul delicato rapporto tra arte e vita, intrecciando le esperienze personali con l’immaginario della memoria collettiva.
Desiderio è il primo tempo della mostra, caratterizzato da tre disegni di grandi dimensioni che rappresentano due personaggi della mitologia greca: Afrodite, l’antica dea greca dell’amore e della bellezza, e Niobe, figlia di Tantalo, che fu punita per l’arroganza con cui si vantava dei propri numerosi figli. Le due divinità appartengono alla storia personale dell’artista che le ricorda come i primi soggetti del desiderio, scoperti mentre curiosava tra i libri di mitologia in bianco e nero all’età di 12 anni.
Segue Gravità che vede come protagonista 85 kg, una scultura in cemento composta da forme differenti di vasi da fiori. Dell’opera, che è stata sviluppato attraverso strutture, livelli e intensità diversi, l’unica informazione dataci è il peso: mentre la misura del titolo suggerisce la totalità dell’oggetto finale e ne demarca la presenza nello spazio, i dettagli sono taciuti. Nella compresenza di visibile, quantificabile, e invisibile, latente, l’opera evoca un immaginario senza tempo.
Unione è la terza area della mostra con 273 x 23 x 23 / NowHereWe, una scultura composta da campane provenienti da luoghi, culture e iconografie religiose diverse. Attraverso l’associazione di oggetti comuni trovati, raccolti e rimossi dal loro contesto originario, Miroslaw Balka avvicina storie e memorie lontane mettendole in relazione con uno spazio inedito, quello espositivo, e sviluppa un nuovo linguaggio formale il cui significato è libero da ogni esplicita interpretazione.
L’artista conclude il percorso con un frammento della sua sfera privata, rappresentato dall’opera Heaven – Jerzy, una carta da regalo dorata che rievoca un ricordo ormai distante: l’ultimo Natale trascorso con suo padre. Sospesa tra il tempo perduto e quello ritrovato, questa narrazione che Balka costruisce a partire da una memoria personale allude al mito collettivo della dimora famigliare, dell’infanzia e della condizione umana».
Helen Mirra “amaro in ebraico (hebrew for bitter)”
La personale di Helen Mirra (1970, Rochester, New York) “amaro in ebraico (hebrew for bitter)” sarà visitabile fino al 12 novembre negli spazi di via A. Stradella 1–4.
«Dal punto di vista formale – ha spiegato la galleria – la pratica di Mirra è stata coerentemente minima, impiegando materiali semplici mentre rimane impegnata con idee massimali sulla percezione e sulla partecipazione come persona su questo particolare pianeta. Con una pratica sintetizzata dall’attività del camminare e da un’etica del non-danno, l’artista ha prodotto opere in un ampio spettro di forme. L’atteggiamento aperto di Mirra si è evoluto insieme al suo apprezzamento per antenati e coetanei di diverse discipline che si sono impegnati per franchezza, gentilezza e indagine critica».
Le suggestioni della mostra a Milano sono stata anticipate unicamente con un testo poetico estratto da Liexian quanzhuan (Wang Yunpeng, 1600 D.C.):
«C’erano dei muri bianchi e vuoti nel palazzo, su uno
di essi l’imperatore Minghuang ordinò a Wu Daozi di dipingere
un paesaggio. Daozi preparò dell’inchiostro e spare l’intera ciotola
di inchiostro sul muro. In seguito rivestì il muro con un pezzo di stoffa, che poi rimosse, come se volesse fare una stampa. Montagna, acqua, foresta, animali: tutto ciò era compreso nell’oscuro dipinto.
Daozi gesticolò lentamente verso il dipinto e disse: ci sono delle piccole caverne rocciose nelle montagne… sono eremi molto belli.
Daozi camminò dentro? sopra? la montagna. Si volse
e chiese all’imperatore di seguirla con un gesto. Allora scomparse. L’imperatore rimase in piedi nel palazzo, e non rimase
alcuna traccia di inchiostro sulle candide pareti».
Helen Mirra, ha ricordato la galleria, ha avuto mostre personali e doppie personali quali: “Du vent au vent”, Rochechouart (2022); “Nueve años caminando en las laderas”, Museo de Arte Zapopan (2020); “No Horizon”, BAMPFA, Berkeley, California (2019); “Gehen, weben / Camminare, tessere”, Kunst Meran / Merano Arte, Merano (2017); “Hourly Directional”, con Ernst Karel, MIT List Visual Arts Center, Cambridge (2014); “Gehend (Field Recordings 1-3)”, KW Institute for Contemporary Art, Berlin e Bonner Kunstverein, Bonn (2011).
Il suoi lavori sono stati esposti in mostre collettive e istituzioni come: Museu de
Arte Contemporânea de São Paulo (2018); Isabella Stewart Gardner Museum, Boston (2018); MCA Museum of Contemporary Art Chicago, Chicago (2017);
Mudam Luxembourg, Lussemburgo (2013); Nasjonalmuseet Oslo (2012); Collezione Maramotti, Reggio Emilia (2011); Kunsthaus Graz, Austria (2011); KW Institute for Contemporary Art, Berlino (2008); Dallas Museum of Art, Dallas (2004); Berkeley Art Museum, Berkeley (2003); Whitney Museum of American Art, New York (2001). Mirra ha partecipato alla 50a Biennale di Venezia (2003) e alla 30a Biennale di San Paolo (2012). Nel 2020 è stata vincitrice di una Guggenheim fellowship.