Categorie: Opening

Lüthi, Ontani, Opalka per ArtVerona

di - 13 Ottobre 2017
Le scoperte nel campo della genetica, delle biotecnologie e della chirurgia plastica, insieme alle novità dell’informatica, della cibernetica e della realtà virtuale, ci sono state. Ma non hanno fatto altro che confermare l’obsolescenza del corpo umano, il processo inarrestabile di invecchiamento, che sono stati addirittura enfatizzati dal nuovo contesto ipertecnologico. E, pertanto, aggravati. Se questo è l’effetto, la causa ne è il tempo. Uno degli ultimi, veri tabù di oggi. Sì proprio un tabù. Se ne parla poco (tranne che delle previsioni meteo). Controvoglia. Si preferisce rivolgere il più delle volte il pensiero altrove. Perché non si riesce a prevederlo, piegarlo, governarlo, neutralizzarlo. E, tantomeno, si è nella possibilità di moltiplicarlo. Estenderlo. È una risorsa limitata. Non rinnovabile. Preziosa, pertanto. Non a caso si usa dire “il tempo è denaro”. Ma non è possibile comprarne neanche un secondo. Tra tutti i suoi difetti, sicuramente spicca un’innegabile qualità: la sua democraticità. Seppure con declinazioni e sfumature diverse, non fa sconti a nessuno. Ma come raccontarlo? Lo stesso sant’Agostino, al riguardo, balbettava fino ad ammettere «io so che cosa é il tempo, ma quando me lo chiedono non so spiegarlo». L’arte, con il suo bagaglio di metafore, può venirci incontro. E se si provasse a raccontare il tempo sul corpo, attraverso il corpo stesso degli artisti? È questo l’interrogativo che informa la mostra allestita alla Galleria d’Arte Moderna “A. Forti”/Palazzo della Ragione di Verona, in procinto di essere inaugurata oggi, nel tardo pomeriggio. Al termine della prima giornata di ArtVerona. Ad attendere il pubblico c’è un percorso – curato da Adriana Polveroni (che è anche l’ideatrice del progetto espositivo) e Patrizia Nuzzo – che, pertanto, elegge il corpo, e la sua implacabile autorappresentazione, a materia prima dell’arte, indagando il concetto del tempo e il suo disvelarsi nella progressiva metamorfosi dell’uomo, nel suo decadimento cellulare, nella sua corruzione di organi e tessuti. Attraverso le opere di Urs Lüthi (1947), Luigi Ontani (1943) e Roman Opalka (1931-2011) che, fin dai loro esordi, hanno messo in scena se stessi. Giocando tra camuffamenti e ambiguità. Proponendo il loro “qui e ora” in carne e ossa, attraverso la pratica del tableau vivant. Il più delle volte enfatizzata dalla scelta del bianco e nero che esalta la dimensione del ricordo. Del tempo che scorre. Che ne scandisce la “testimonianza biologica”. E lo hanno continuato a fare attraverso i decenni, proprio quando la bellezza è stravolta dai connotati della maturità, la tonicità scade in pinguedine, l’elasticità si sclerotizza in solchi rugosi. Ma non è solo l’uso del corpo e il suo “esibizionismo”, corroborato da una buona dose di narcisismo, che accomuna i tre artisti in questione. C’è molto di più. Ci sono anche lo stesso disincanto e spensieratezza nell’affrontare la caducità della vita e prendersi gioco della morte. Riscattata dall’arte, con l’arte, per l’arte. Che ne diviene passepartout per oltrepassare la soglia liminare della mortalità. Verso l’immortalità. Questa concezione “escatologica” si riverbera in tutti e tre, tra vertigini di cinismo, ma anche di entusiasmo. Uguale, poi, tra loro è la cura maniacale e la perfezione formale delle opere. Che, d’altronde, sono concepite per sempre. Senza scadenza. Dopodiché, tre mondi opposti si spalancano davanti ai nostri occhi. Articolata in quattro sale e con un allestimento che ridisegna lo spazio della Galleria d’Arte Moderna “A. Forti”, la mostra ci introduce, infatti, al tema tra il gelido Lüthi, il solare (Ontani) e il crepuscolare Opalka. Con lavori, nel caso di Lüthi, provocatori, borderline e con accenti ironici, che spaziano dalla fotografia all’installazione; mentre sono barocchi, saturi di colori e volutamente citazionisti quelli di Ontani e, rigorosamente formali, quasi minimalisti, quelli di Opalka. L’esposizione presenta 23 opere di Ontani, di cui quattro ceramiche e tre grandi foto lenticolari, testimonianza del suo lavoro più recente, e una versione raffinatissima quanto piccola e rara de “Le Ore”; 23 opere di Lüthi, tra sculture, fotografie e un nuovo, grande collage a colori; una serie di oltre 54 fotografie di Opalka dalla serie “Detail”, “dettagli” di un lungo progetto fotografico di autoscatti che lo ha impegnato dalla metà degli anni Sessanta fino alla sua scomparsa. (Cesare Biasini Selvaggi)

In alto: Luigi Ontani, Leda e il Cigno, 1975. Fotografia a colori su carta. (Courtesy Galleria Fabio Sargentini, Roma)

In home: Urs Lüthi, You are not the only who is lonely, 1974, printed 2013. Framed ultrachrome pigment print, 77 x 58 cm. (Courtesy l’artista)
INFO
Opening: 19.30
Il mio corpo nel tempo. Lüthi, Ontani, Opalka
dal 13 ottobre 2017 al 28 gennaio 2018
Galleria d’Arte Moderna A. Forti/Palazzo della Ragione
Cortile Mercato Vecchio, Verona
orari: da martedì a venerdì ore 10-18; sabato, domenica e festivi 11-19. La biglietteria chiude 45 minuti prima della chiusura. Chiuso il lunedì

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